La mobilità temporanea tra università, enti di ricerca e imprese: una riforma nel solco del PNRR

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Bollettino ADAPT  14 novembre 2022, n. 39

 
Il 30 marzo 2022, nei tempi prefissati dal PNRR, l’ex Ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa ha emanato il d.m. n. 330/2022 in materia di mobilità temporanea tra università, enti di ricerca e imprese. Il decreto rientra nella missione M4C2 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nell’ambito della riforma 1.1 correlata agli investimenti previsti sulle infrastrutture di ricerca; in particolare, l’obiettivo strategico di “sostenere l’intera filiera della creazione della conoscenza” trova nella mobilità un aspetto fondamentale in quanto strumento imprescindibile per favorire l’intersettorialità della ricerca e lo sviluppo di professionalità necessarie alla diffusione e all’utilizzo delle conoscenze.
 
La nuova disciplina riordina la normativa precedente che si è susseguita nel corso degli ultimi 25 anni a partire dal “Pacchetto Treu” che, all’articolo 14, aveva consentito – anche mediante l’accesso a contributi pubblici – di assegnare in distacco temporaneo ricercatori, tecnologi e tecnici presso le imprese, con un focus specifico sulle PMI e per un periodo di massimo 4 anni (rinnovabile soltanto una volta), previo assenso dell’interessato e a fronte di un’intesa tra le parti e di un compenso aggiuntivo da corrispondere al ricercatore distaccato.
 
Con gli interventi successivi, avvenuti con il D.lgs. n. 297/1999 e il relativo decreto attuativo (d.m. n. 593/2000), si è previsto che il servizio prestato durante il periodo di distacco potesse costituire un titolo valutabile per la copertura di posti vacanti di professore universitario o per l’accesso alle fasce superiori del personale di ricerca degli enti, arrivando così ad una disciplina che ha incentrato la disciplina del distacco sui seguenti punti: richiesta da parte dell’impresa al legale rappresentante dell’ente di ricerca o dell’università, assenso del ricercatore interessato, durata del distacco fino a 4 anni rinnovabili una sola volta, tempistiche di 30 giorni per l’approvazione della domanda di distacco da parte dell’ente pubblico, relazione annuale sull’attività svolta, diritto per il ricercatore di richiedere l’interruzione del distacco e il reintegro in ogni momento, spendibilità del servizio prestato durante il distacco per le progressioni di carriera o i concorsi per professore universitario e facoltà del distaccante di richiedere contributi pubblici presentando domanda al ministero competente. Rilevanti, ai fini del presente contributo, risultano anche le previsioni degli artt. 60 e seguenti del DL n. 83/2012, peraltro citate nelle premesse del d.m. n, 330/2022, che hanno definito gli interventi di competenza ministeriale diretti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale e di ricerca industriale, affidando a successivi decreti di natura non regolamentare (cfr. art. 62, comma 2 DL n. 83/2012) le spese ammissibili, nonché le caratteristiche specifiche delle attività e degli strumenti introdotti a tal fine.
 
Da un punto di vista giuridico, l’istituto del distacco disciplinato dalla normativa previgente e confermato in larga parte dal decreto ministeriale in esame risponde alle logiche dell’articolo 23-bis comma 7 del D.lgs. n. 165/2001 che consente, sulla base di appositi protocolli di intesa tra le parti e con il consenso dell’interessato, l’assegnazione temporanea di personale presso altre pubbliche amministrazioni o imprese private. Il d.m. n. 330/2022 interviene come attuativo di parte della Riforma 1.1. della M4C2 del PNRR e, al tempo stesso, come decreto richiesto dall’articolo 62, comma 2 del DL n. 83/2012, per realizzare, ai sensi dell’articolo 60, comma 4, lett. e) del medesimo decreto-legge, interventi “finalizzati in particolare allo sviluppo di grandi aggregazioni (cluster) tecnologiche pubblico-private di scala nazionale” rientranti nell’ambito di possibili finanziamenti pubblici.
 
Entrando nello specifico del decreto, l’articolo 1, comma 1 dispone che “Al fine di realizzare specifici progetti di ricerca ovvero attività di terza missione, nonché di promuovere il trasferimento tecnologico e le collaborazioni nell’ambito delle infrastrutture di ricerca, le università e gli EPR possono stipulare con le imprese convenzioni dirette a disciplinare, tra l’altro, la mobilità temporanea di ricercatori e dipendenti di alta qualificazione che siano impiegati nel settore della ricerca e sviluppo”. I primi elementi di novità che si evincono dal primo articolo del decreto riguardano lo strumento della convenzione quale cardine per la disciplina della mobilità temporanea e l’indicazione esplicita delle finalità di un simile istituto: questi due aspetti evidenziano la volontà del Governo in due rispettive direzioni, e cioè orientarsi verso gli obiettivi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e rafforzare i rapporti tra università, enti pubblici e imprese mediante lo strumento della convenzione, che si differenzia rispetto alle singole domande di assegnazione temporanea previste dalla disciplina previgente. La convenzione dovrà definire il progetto e i relativi obiettivi cui è collegata la mobilità temporanea dei ricercatori o dei dipendenti, le attività inerenti al progetto che il soggetto interessato dovrà svolgere, l’indicazione dell’eventuale impegno didattico o per altre attività istituzionali, la durata complessiva della convenzione (non superiore a quella del progetto) e la disciplina specifica della proprietà intellettuale delle invenzioni. Anche quest’ultimo punto rappresenta una novità, poiché apre ad una regolazione differente del diritto industriale che potrà essere misurata sulla base del singolo progetto indicato dalla convenzione, nonché sulla ripartizione dei costi. È proprio nell’ambito della convenzione che si inserisce la disciplina del distacco, inteso come istituto volto a formalizzare la mobilità tra università, enti di ricerca e imprese, la cui disciplina ricalca le norme previgenti, pur fissando una durata minima di 6 mesi e una durata massima di 5 anni e comunque non superiore alla durata della convenzione, nonché l’eventualità di un compenso aggiuntivo a favore del ricercatore distaccato o di un rimborso. Restano di fatto invariate le disposizioni relative alla relazione annuale sull’attività svolta, al diritto del ricercatore di richiedere la cessazione del distacco e il reintegro in ogni momento (pur entro un termine di due mesi). la possibilità di prevedere, in luogo del distacco, l’aspettativa ai sensi dell’articolo 7 della Legge 30 dicembre 2010, n. 240, nonché la validità dell’attività di ricerca durante il suddetto periodo per la copertura di posti vacanti di professore universitario o per l’accesso a fasce superiori negli enti pubblici di ricerca.
 
Al tempo stesso, un’altra novità prevista dal d.m. n. 330/2022 riguarda la possibilità per i dipendenti delle imprese di essere distaccati presso le università o gli enti pubblici di ricerca: si introduce così un concetto di mobilità reciproca che non trovava spazio nella disciplina previgente. Infine, gli ultimi articoli prevedono la possibilità per università ed EPR di accedere al finanziamento pubblico dei progetti anche per far fronte alla sostituzione del personale distaccato e affidano al Ministero il compito di monitorare l’attuazione delle convenzioni stipulate, che dovranno essere registrate su una piattaforma informatica.
 
Nel complesso, il decreto offre ora una disciplina della mobilità tra università, enti di ricerca ed imprese che si inserisce in una più ampia riforma del sistema della ricerca sulla base della Missione 4 componente 2 del PNRR. Tuttavia, considerata la definizione di ricercatore di cui all’art. 1, comma 2 del decreto ministeriale, emergono almeno due aspetti da approfondire. Anzitutto, il MUR considererebbe ricercatori soltanto coloro che svolgono ricerca nelle università o negli enti pubblici di ricerca, dimenticando i ricercatori industriali e coloro che sono impegnati in enti di ricerca privati, i quali ricadrebbero nell’articolo 7 del d.m. n. 330/2022 come “dipendenti delle imprese”; sotto questo punto di vista, considerati anche gli obiettivi del PNRR, sarebbe stato importante a livello terminologico dotarsi di una definizione di ricercatore più completa, pur nella consapevolezza di una distinzione tra il settore pubblico e il settore privato. Inoltre, un altro punto su cui occorre soffermarsi riguarda la recente riforma dei contratti di ricerca avvenuta con il DL n. 36/2022 in data successiva all’emanazione del decreto ministeriale oggetto del presente contributo: la disciplina del distacco è applicabile anche ai nuovi contratti di ricerca disciplinati dall’articolo 22 della Legge n. 240/2010? Il dato letterale sull’ambito di applicazione del decreto li escluderebbe. E come coniugare le previsioni dell’articolo 5, comma 4 del d.m. con il superamento della distinzione tra ricercatori di tipo A e di tipo B?
 
Infine, posto che il concetto di “mobilità temporanea” del decreto risulti nei fatti assorbito dalla disciplina dell’istituto del distacco, e quindi limitato al personale dipendente, occorre anche chiedersi – e su questo non potrà che essere la prassi a fornire una risposta – se e in che modalità il d.m. n. 330/2022 andrà ad influire con le altre modalità di collaborazione e di mobilità previste dalle università e da enti di ricerca pubblici e privati che coinvolgono anche personale non dipendente quali borsisti e dottorandi di ricerca. Potrebbe essere opportuno, accanto alle agevolazioni, prevedere degli incentivi per valorizzare lo strumento della convenzione quale cardine per la mobilità intersettoriale dei ricercatori in un sistema che sia davvero aperto a percorsi di carriera non accademici e che contribuisca a costruire un mercato del lavoro di ricerca privato per favorire investimenti in ricerca, coinvolgendo personale dipendente e non dipendente e arrivando così a collaborazioni in grado di fornire una risposta più completa al tema della mobilità dei ricercatori, che ancora oggi in Italia rappresenta un ostacolo per lo sviluppo delle carriere. Senz’altro, il monitoraggio dell’attuazione delle convenzioni rappresenta un elemento di novità che dovrà consentire una valutazione sulla portata della riforma.
 
Lorenzo Citterio

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@CitterioLorenzo

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