Incentivi alle assunzioni: verso un cambio di paradigma?

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Bollettino ADAPT 15 gennaio 2024 n. 2
 
Il Legislatore italiano suole incentrare le politiche per favorire l’occupazione attorno all’introduzione di forme di incentivazione all’assunzione per il tramite di più o meno articolati sistemi di decontribuzione (cfr. M. Menegotto, Una panoramica delle principali assunzioni agevolate previste dall’ordinamento, in Quaderni di giurisprudenza del lavoro, Confindustria Bergamo, n. 1/2022, 51-58).
 
Come noto agli addetti ai lavori, ogni legge di stabilità contiene riproposizioni e/o proroghe di sgravi contributivi per l’assunzione di determinate categorie di dipendenti, con interventi non sempre coordinati e di semplice/immediata applicazione, che ne determinano almeno nel breve periodo una ridotta efficacia. La legge di bilancio per l’anno 2024 ha introdotto un nuovo sgravio (art. 1, co. 190, legge n. 213/2023) a favore dei datori di lavoro privati che, nel triennio 2024-2026, assumono donne disoccupate vittime di violenza e beneficiarie del Reddito di libertà, che consiste in un esonero dal versamento dei contributi previdenziali nella misura del 100%, nel limite massimo di importo di 8.000 euro annui riparametrato e applicato su base mensile. Non è stato, invece, prorogato l’esonero triennale per le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori under 36 effettuate nel periodo 2021-2023 (art. 1 co. 10-15 legge n. 178/2020 e s.m.i.), legato a disponibilità di fondi europei nell’ambito del c.d. Temporary Framework. Risulta invece tutt’ora in vigore lo sgravio contributivo di cui all’art. 1 co. 100-107, 113, 114, legge n. 205/2017, per l’assunzione o trasformazione con contratto a tutele crescenti di giovani under 30 al primo impiego a tempo indeterminato.
 
La legge di bilancio per il 2024 – oltre a prorogare il taglio del cuneo contributivo (art. 1 co. 15) e la c.d. “decontribuzione sud” seppur con riduzioni progressive fino al 2029 – ha, invece, concentrato i nuovi interventi su strumenti di decontribuzione a favore di determinate categorie di lavoratori. Si pensi alle lavoratrici madri di tre o più figli (art. 1, co. 180-182): per le assunzioni di tali lavoratrici a tempo indeterminato (ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico) che intervengano dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 (per l’anno 2024 anche per le madri con almeno due figli), è previsto un esonero del 100% della quota dei contributi a loro carico, fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile.
 
La vera novità consiste, invece, nell’introduzione di un diverso meccanismo di favore sul piano tributario. In questo caso non si è intervenuti tramite la legge di bilancio bensì nell’ambito di uno dei primi decreti legislativi di attuazione della c.d. “delega fiscale” (legge n. 111/2023). L’art. 4 decreto legislativo n. 216/2023 ha introdotto una maggiorazione del 20% del costo ammesso in deduzione riferito all’incremento occupazionale determinato ai sensi del medesimo articolo. In particolare, “Gli incrementi occupazionali rilevano a condizione che il numero dei dipendenti a tempo indeterminato al termine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 è superiore al numero dei dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato del periodo d’imposta precedente” (co. 2), da considerare al netto di diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ex art. 2359 c.c. o facenti capo allo stesso soggetto. Per la determinazione del beneficio viene definito che “Il costo riferibile all’incremento occupazionale è pari al minor importo tra il costo effettivo relativo ai nuovi assunti e l’incremento complessivo del costo del personale risultante dal conto economico ai sensi dell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numero 9), del codice civile rispetto a quello relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2023. (…) I costi riferibili al personale dipendente sono imputati temporalmente in base alle regole applicabili ai fini della determinazione del reddito del contribuente.” (co. 3). Al contrario, nessun costo è riferibile all’incremento occupazionale laddove alla fine del corrente periodo d’imposta il numero di lavoratori dipendenti, anche a tempo determinato, sia pari o inferiore al numero di dipendenti mediamente occupati nel periodo d’imposta precedente (co. 4). Si tratta, a ben vedere, di un criterio che differisce dal calcolo dell’incremento occupazionale netto della forza lavoro mediamente occupata (art. 31, co.1, lett. f) decreto legislativo n. 150/2015) utilizzato per altre tipologie d’incentivo.
 
La norma, in attesa della completa attuazione della delega fiscale, limita l’incentivo alle sole assunzioni effettuate nel periodo d’imposta successivo a quello conclusosi il 31 dicembre 2023 e risulta altresì subordinata all’adozione di un apposito decreto ministeriale (co. 6). In quella sede saranno inoltre introdotti particolari coefficienti di miglior favore per determinare un’ulteriore maggiorazione del costo deducibile (entro massimo il + 10%) per le ipotesi di assunzioni di particolari soggetti svantaggiati, definiti nell’Allegato 1 del decreto legislativo.
 
La maggior deduzione pare, ad una prima lettura, cumulabile (ricorrendone i requisiti) con gli altri sgravi contributivi vigenti, stante la diversa natura delle misure di sostegno ed in assenza di una norma di senso contrario. Si pensi ad esempio all’assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore under 30, o di un soggetto percettore di Naspi, con la quale si realizza anche il requisito di cui al citato art. 14.
 
Ci si chiede inoltre se può ritenersi estesa anche all’ipotesi in esame l’applicabilità dei vincoli previsti dall’art. 31 decreto legislativo n. 150/2015[1], già diffusamente noti nella prassi degli sgravi contributivi, poiché a mente del medesimo decreto “Ai fini del presente decreto costituiscono incentivi all’occupazione i benefici normativi o economici riconosciuti ai datori di lavoro in relazione all’assunzione di specifiche categorie di lavoratori” (art. 30 co. 2). Sul punto è auspicabile l’adozione di chiarimenti ministeriali e/o dell’Agenzia delle Entrate. Così come sarà da chiarire l’applicabilità o meno dei requisiti previsti all’art. 1, co. 1175-1176 legge n. 296/2006[2], ove si ravvisi il rischio che l’amministrazione finanziaria qualifichi la misura in commento come
“beneficio normativo”, posto che tali requisiti si applicano allorché l’azienda debba fruire “[d]i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale”.
 
La novità, che è tale sia per il veicolo normativo che per le modalità applicative scelte, suscita qualche primissima riflessione.
 
Pur essendo nel suo complesso uno strumento finalizzato ad una più o meno incisiva riduzione dei costi aziendali, la misura appare in ogni caso di portata contenuta per una serie di considerazioni. In particolare – come si è potuto notare in occasioni simili (cfr. S. Malandrini, Una breve riflessione su NEET e agevolazioni all’assunzione) –, si tratta di un intervento temporalmente limitato che non consente ad esempio la necessaria programmazione aziendale circa piani occupazionali pluriennali e la gestione del turn over; allo stato pare di non immediata programmazione se si pensa all’incertezza ad esempio sulla compatibilità con altri incentivi legati all’assunzione di medesimi soggetti oppure all’applicabilità degli stringenti vincoli sopra richiamati. Pare, infine, essere di non immediata tangibilità. Infatti, la maggior deduzione ed il relativo risparmio in termini tributari potranno correttamente calcolarsi solo al termine del periodo d’imposta d’interesse, a differenza degli sgravi sulla contribuzione IVS che comportano il conguaglio mensile su quanto dovuto dall’azienda all’Istituto.
 
In chiusura, merita un cenno la recente legge n. 160/2023, di delega al Governo per l’adozione, entro 24 mesi, di uno o più decreti legislativi per la creazione di un sistema organico di incentivi, con interventi di razionalizzazione e riorganizzazione, anche mediante l’adozione di un “Codice degli incentivi”. Nell’oggetto di delega sono ricompresi anche gli incentivi “(…) al lavoro, all’occupazione, alla riqualificazione professionale dei lavoratori, alla formazione e all’innovazione e alla sostenibilità ambientale (…)” (art. 4, co. 1, lett. a)). Senza addentrarci in impegnative riflessioni de jure condendo, sia sufficiente segnalare come sarà necessario a quell’epoca verificare il grado di effettivo coordinamento tra le molteplici discipline disseminate nell’ordinamento e il previsto ridisegno organico della materia.
 
Marco Menegotto

ADAPT Professional Fellow

@MarcoMenegotto
 
[1] Gli incentivi non spettano: se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva, anche mediante somministrazione; se vi è violazione del diritto di precedenza di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine; se il datore di lavoro o l’utilizzatore hanno in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, con riferimento ai livelli d’inquadramento del personale coinvolto nella stessa sospensione; se il lavoratore è stato destinatario di un licenziamento da parte di un datore di lavoro soggetto a collegamento/controllo col datore di lavoro di nuova assunzione o comunque diverso ma con assetti proprietari sostanzialmente coincidenti.

[2] (1) regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale, ai sensi della normativa in materia di documento unico di regolarità contributiva (DURC); (2) assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e rispetto degli altri obblighi di legge; (3) rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Incentivi alle assunzioni: verso un cambio di paradigma?