Il ruolo delle relazioni industriali nella progettazione del lavoro di qualità. Spunti dal nuovo libro di Federico Butera

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 30 ottobre 2023 n. 37
 
Che i processi di digitalizzazione del lavoro, così come quelli che vogliono rendere sostenibili (dal punto di vista ambientale) le imprese abbiano luci e ombre pare ormai chiaro a molti osservatori. Le conseguenze potenziali sulla quantità e sulla qualità del lavoro di questi processi sono enormi, e possono portare, a seconda delle strade che si scelgono, a scenari molto diversi tra di loro. Spesso ci si limita, ormai da un decennio, a dividersi in fazioni tra coloro che sembrano accettare ciecamente ogni trasformazione in quanto subito identificata come progresso positivo e gli altri nei quali prevale il timore e la chiusura.
 
Tra queste due posizioni occorrerebbe introdurre il principio di realtà secondo il quale le trasformazioni sono sì già in corso, ma non per questo non sono in alcun modo governabili. E di come provare a governarle parla il nuovo libro di Federico ButeraDisegnare l’Italia. Progetti e politiche per organizzazioni e lavori di qualità” (Egea, 2023, pp. 180), con proposte operative e organizzative concrete non solo per le imprese. Perché è chiaro che in una complessità come quella di cui parliamo vengono toccate non solo le imprese, e queste da sole sono limitate nel loro margine d’azione, e occorre coinvolgere sempre di più, in modo sinergico, territori, scuole e tutti gli attori che possono concorrere alla progettazione “sociotecnica” (per riprendere il linguaggio dell’autore) delle trasformazioni digitali e ambientali.
 
Gli esiti quindi di questi cambiamenti non sono tracciati all’interno di un progresso che parrebbe quasi governato da una mano invisibili, al contrario dipendono molto da se e come gli attori coinvolti agiscono con l’obiettivo condiviso di una transizione sostenibile. Qui si apre un primo nodo, ossia quale sia una idea di sostenibilità del lavoro condivisa, quale idea del lavoro del futuro vogliamo perseguire. Già su questo le opinioni sono discordanti e non è sempre immediato far convergere la razionalità economica delle imprese con quella sociale che dovrebbe stare a cuore agli amministratori locali e ai territori in generale. L’autore parla sia di cantieri da costruire con le imprese, gli attori del terzo settore ecc. sia di politiche pubbliche dedicate e straordinarie per governare questa transizione epocale.
 

Qui vorrei concentrarmi, brevemente, sul ruolo che le relazioni possono avere in questa azione di governo. Prendiamo, ad esempio, il tema dei processi di riconversione green delle imprese. Le buone relazioni industriali possono essere la vera e propria chiave di volta per la gestione di una transizione produttiva ed economica che porterà a numerose ristrutturazioni aziendali, talvolta anche a possibili chiusure e a conseguente necessità di riqualificazione e ricollocazione dei lavoratori. Sostenere una situazione del genere, che non potrà che comportare elevati e forse inediti livelli di conflitto sociale, non è nelle capacità e neanche nelle possibilità dei governi.
 
Il ruolo delle parti sociali, sia a livello nazionale, ma soprattutto a livello di quei territori che saranno più colpiti e modificati nella struttura del loro tessuto produttivo, dovrà essere centrale per evitare che questa epocale opportunità si tramuti in una epocale disfatta, che trascinerebbe con sé anche il sostegno stesso di molti cittadini alla prospettiva di un nuovo modello di produzione più sostenibile. Ma anche su tutto il filone tecnologico e di digitalizzazione dei processi, una co-progettazione mediata dalla rappresentanza può non solo ridurre le assimetrie informative che portano alla mancata implementazione dei processi, ma anche al maggior coinvolgimento di tutti gli attori, raccogliendo bisogni e necessità di tutte le parti coinvolte che difficilmente sarebbero individuabili all’interno di rapporti disintermediati. Il tutto nell’ottica di una costruzione comune e condivisa, nei singoli contesti aziendali e/o territoriali di quello che vogliamo sia il lavoro sostenibile, non solo dal punto di vista ambientale, ma come una attività che possa valorizzare la persona, non lederne la dignità, e individuare per essa un compito chiaro all’interno della trasformazione stessa.
 

Francesco Seghezzi
Presidente Fondazione ADAPT

Scuola di alta formazione in Transizioni occupazionali e relazioni di lavoro

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