Il Primo maggio delle celebrazioni e del lavoro che non c’è

Oltre 3 milioni i disoccupati (12,7%) e 22,3 milioni gli occupati (55,2%), con tassi di disoccupazione giovanile al 42,7% (tra i più alti in Europa dopo Grecia e Spagna). È questa la situazione del mercato del lavoro in Italia oggi.
 
Di fronte a questi dati, la Festa del Primo maggio non deve essere occasione di una suadente retorica sull’importanza del lavoro e sui diritti dei lavoratori (v. i discorsi in occasione del Primo maggio dei Presidenti della Repubblica e dei Ministri del lavoro in Il mercato del lavoro in Italia di riforma in riforma – infografica). Ma deve essere vera occasione per riflettere sulle azioni necessarie per rilanciare l’economia.

 
Negli ultimi anni, per combattere la crescente disoccupazione, tutti i Governi che si sono succeduti hanno tentato di incidere sull’andamento del mercato del lavoro attraverso reiterati interventi legislativi (v. Il mercato del lavoro in Italia di riforma in riforma – infografica). Ma nessun Governo ha rinunciato ad intervenire in materia di lavoro attraverso l’introduzione di incentivi per l’assunzione di diverse categorie di lavoratori, deregolando alcune tipologie contrattuali, in particolare il lavoro a tempo determinato, e ri-regolando la normativa sui licenziamenti, ecc.
 
Nel passato le riforme hanno contribuito a dare dinamismo al mercato del lavoro. È ormai riconosciuto che il Pacchetto Treu (legge n. 196/1997), grazie soprattutto all’introduzione della fornitura di lavoro temporaneo, e la Riforma Biagi (legge n. 30/2003 e relativi decreti attuativi) hanno inciso positivamente sugli indicatori del mercato del lavoro, determinando soprattutto una crescita dei bassi tassi di occupazione che si registravano in Italia, oltre a un incremento del tasso di attività, anche grazie all’emersione del lavoro irregolare. Se infatti nel 1996 gli occupati erano circa 20,5 milioni con un tasso del 52,9%, sono cresciuti costantemente arrivando nel 2008 a 23 milioni con un aumento del relativo tasso di 6 punti percentuali. Parallelamente il tasso di attività è cresciuto in quegli stessi anni di 4 punti percentuali, mentre i disoccupati, che hanno avuto un loro apice nel 1998 con 2,7 milioni e un tasso del 11,4%, hanno raggiunto il minimo nel 2007 con 1,5 milioni e un tasso di 6,2%. Effetto particolarmente positivo è stato registrato sull’andamento occupazionale delle donne: il tasso di occupazione è cresciuta di 8,4 punti percentuali, arrivando al 47,2% nel 2008, mentre il tasso di disoccupazione è sceso di 7,5 punti percentuali, dimezzandosi (v. Il mercato del lavoro in Italia di riforma in riforma – Andamento dell’occupazione e disoccupazione femminile – infografica). Nel confronto generazionale, l’andamento occupazione è decisamente divergente. Mentre sono evidenti gli effetti positivi sull’occupazione dei senior (55-64 anni), con tassi di disoccupazione decrescente e tassi di occupazione crescente, legati anche alle riforme pensionistiche che hanno allungato la permanenza dei lavoratori nei loro posti di lavoro, i giovani (15-24 anni) hanno visto costantemente deteriorarsi le loro chance occupazionali, con tassi di disoccupazione in forte crescita e tassi di occupazione in calo, notevolmente aggravati dall’arrivo della crisi (v. Il mercato del lavoro in Italia di riforma in riforma – Occupazione e disoccupazione di giovani e over 55 – infografica)
 


 
Va poi ricordato che gli economisti ritengono che il miglioramento degli indicatori del mercato del lavoro non sia stato soltanto una conseguenza delle riforme della regolamentazione del lavoro. Gli effetti positivi sull’occupazione sarebbero legati anche al rallentamento della produttività del lavoro e alla riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto, a causa delle diminuzione del salario reale, condizione che rendeva più “conveniente” l’assunzione di nuova forza lavoro, piuttosto dell’investimento in capitale.
 
Al contrario, la situazione economica in cui sono state varate le più recenti riforme del lavoro non era certamente tale da garantire un loro successo in termini di impatto positivo sull’occupazione. I tassi di crescita del PIL costantemente negativi a partire dal 2008 (con la sola parentesi del 2011) non potevano che determinare un costante peggioramento del mercato del lavoro. Infatti, i disoccupati sono raddoppiati in 5 anni e gli occupati sono diminuiti di 1 milione.
 
Non le nuove riforme del lavoro, ma piuttosto lo strumento “datato” della cassa integrazione guadagni ha contribuito a contenere la crescita della disoccupazione, mantenendo i lavoratori occupati e tutelando, per quanto era possibile, il loro reddito.
 
È tra il 2011 e il 2012 che si osserva un netto peggioramento della situazione occupazionale, notevole l’incremento del tasso di disoccupazione che ha segnato un +2,3 punti percentuali. Interessante però notare che tale incremento non è tanto dovuto a un passaggio dallo stato di occupato a disoccupato, ma piuttosto dalla stato di inattivo ad attivo. Infatti, il tasso di attività è cresciuto di 1,5 punti percentuali, passando da 62,2% a 63,7%, mentre negli anni dal 2008 al 2011 era diminuito soltanto di 0,8 punti percentuali. Il perdurare della crisi ha modificato il comportamento della popolazione e delle famiglie. Ha portato in particolare le donne inattive a cercare una occupazione per garantire un reddito supplementare. Infatti, è il tasso di attività femminile che cresce di 2 punti percentuali tra il 2011 e il 2012.
 
Le ultime riforme messe in atto per cercare di contrastare gli effetti negativi della crisi sull’occupazione non hanno portato i frutti sperati, oltre a incontrare nuovi ostacoli nell’implementazione. Prova ne è da ultimo quello che sta accadendo con la Garanzia Giovani, che sarà lanciata ufficialmente domani ma che sta mettendo in difficoltà il governo vista la scarsa preparazione delle regioni italiane. Inoltre, sarà attivato un nuovo sito www.garanziagiovani.gov.it, in parte duplicazione di ciò che già esiste, quando la borsa del lavoro prevista dalla Riforma Biagi non è mai stata veramente attuata nella funzione di incontro tra domanda e offerta di lavoro, ma tanti soldi sono stati spesi.
 
Invece di continue riforme del lavoro sarebbe stato più opportuno dare completa attuazione ed effettività alle tante norme esistenti, in particolare, le Riforme Treu e Biagi, che avevo innescato un trend positivo, interrotto da nuove riforme e invertito completamente dalla crisi.
 
Infine, i frequenti interventi in materia di lavoro non solo non sono efficaci nel migliorare la situazione occupazione, ma producono un effetto esattamente opposto a quello desiderato. Infatti, riforme annuali del lavoro non possono che creare grande incertezza negli imprenditori e negli operatori del mercato del lavoro, disincentivandoli ad avventurarsi nell’applicazioni di nuove normative, spesso non prontamente completate dai necessari interventi regolamentari e dalle indispensabili indicazioni applicative per la prassi. Anche ammessa la volontà o l’eventuale propensione all’assunzione degli imprenditori, la mancanza di certezza del diritto e della sua effettività porta all’immobilismo piuttosto che al dinamismo del mercato del lavoro.
 
Emmanuele Massagli
Presidente di ADAPT
@EMassagli
 
Francesco Seghezzi
ADAPT Research fellow
@francescoseghez
 
Silvia Spattini
Direttore e Senior Research fellow di ADAPT
@SilviaSpattini
 
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Il Primo maggio delle celebrazioni e del lavoro che non c’è
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