Il mio canto libero – Legge spagnola: la cura delle insicurezze attraverso le rigidità è una illusione ottica

Bollettino ADAPT 16 maggio 2022, n. 19
 
La recente legge spagnola sul lavoro ha immediatamente suscitato in alcuni la aspettativa di una analoga regolazione in Italia. Come spesso accade, non viene impiegata la tecnica comparatista, tanto coltivata da Marco Biagi, ma si ipotizza semplicisticamente di inserire le stesse norme in un contesto diverso. Occorre invece confrontare nel loro complesso i due quadri regolatori a partire dal fatto che in Spagna esiste una disciplina sui licenziamenti più flessibile di quella italiana anche dopo le correzioni dell’art.18 introdotte dal job act. Come in Italia non vige la possibilità di derogare ai contratti nazionali attraverso gli accordi aziendali per quanto riguarda il salario. E la stessa normativa sui contratti a termine ha seguito in Spagna un percorso diverso da quello in Italia.
 
A parte tuttavia la impropria pretesa di omologazione, vi è legittimamente una corrente di pensiero, qui come altrove in Europa, che vorrebbe reagire alle molte insicurezze del nostro tempo introducendo rigidità legislative. Ne è esempio la volontà di costringere le imprese in appalto ad applicare lo stesso contratto impiegato nei rapporti di lavoro di quelle appaltanti, dimenticando che chi realizza gli infissi o la carpenteria utilizza il contratto dei metalmeccanici mentre chi costruisce la casa impiega lavoratori disciplinati dal contratto edile. O, ancora, l’ipotesi di introdurre una bozza di direttiva europea (quindi all’inizio del suo iter) per trasformare in pratica tutti i lavori intermediati da piattaforme digitali in subordinati a tempo indeterminato. Per non dire della proposta di ridurre drasticamente l’impiego dei contratti a termine dopo avere già fortemente irrigidito le altre tipologie flessibili come il lavoro intermittente o quello mediante voucher.
 
Latente rimane poi sempre il desiderio di cancellare l’art.8 sui contratti collettivi di prossimità nonostante il suo largo uso da parte di tutte le maggiori organizzazioni sindacali confederali proprio per adattare agli specifici contesti aziendali le norme restrittive del decreto “dignità”, poi sospese nella incerta fase pandemica. In realtà, la cura della insicurezza lavorativa attraverso ulteriori rigidità di legge è una illusione ottica. Ancor più nel Paese dei bassissimi tassi di occupazione. La instabilità di molti lavori non sembra infatti determinata da una smodata ricerca del profitto ma dalle molte oggettive incertezze che stanno rallentando la produzione e inducendo a temere la combinazione del fenomeno inflattivo con una fase di stagnazione. In questo contesto dobbiamo lasciare alla duttilità delle rappresentanze la capacità di individuare le regole più utili a incoraggiare investimenti e occupazione dignitosa mentre le politiche pubbliche hanno il compito di sostenere i lavoratori di tutte le età (e le imprese) attraverso il rafforzamento dei percorsi educativi e formativi, vero antidoto alla precarietà e ai bassi redditi.
 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

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