Il mio canto libero – Industriali e confindustriali da ricongiungere in un forte sindacato d’impresa

Bollettino ADAPT 18 settembre 2023, n. 31
 

L’assemblea di Confindustria dei giorni scorsi ha aperto di fatto la competizione per il futuro Presidente. Come da tempo accade, nell’intero sistema di rappresentanza degli imprenditori tende ad allargarsi quella forbice tra confindustriali e industriali di cui parlò Silvio Berlusconi, alla vigilia di un voto che lo vide vincitore, di fronte a vertici associativi che non lo amavano. Fare impresa è mestiere sempre più complesso in un mondo carico di imprevisti e variabili, in una Europa prossima al voto dopo una stagione in cui l’ambiente è diventato variabile indipendente determinando politiche che hanno penalizzato le manifatture. In questo contesto gli industriali, coloro che davvero governano le imprese di cui sono proprietari, da soli o con altri, non hanno molto tempo da perdere per cui tendono a non candidarsi ai ruoli associativi. Oltretutto, li spaventa la cattiva abitudine che li vorrebbe presidenti a tempo pieno, chiamati ad occuparsi di ogni pur minuto profilo organizzativo.

 

Se vi è una speranza che la rappresentanza possa tornare ad attrarre i migliori, occorre evidentemente che nei corpi sociali si riproduca la sana separazione tra indirizzo politico e gestione così da rendere conciliabili la cura dell’impresa e la funzione di Presidente. Per altro verso, nel tempo del prossimo mandato l’impresa italiana avrà bisogno di una tutela confederale ancor più forte e autorevole. Nella dimensione europea sarà auspicabile la piena riscoperta della competitività quale obiettivo prevalente. L’Italia dovrà quindi sollecitare una profonda revisione delle politiche dell’Unione. Cosa che potrà fare se sollecitata e sostenuta da una Confindustria capace di spiegare le ragioni del nostro ricco e variegato tessuto manifatturiero come di stabilire alleanze con le consorelle di altri Paesi.

 

Ma il tema della competitività dovrà essere declinato anche nella dimensione interna ove permangono culture ostili all’impresa e alle regole di mercato. Dalle incursioni giudiziarie di stampo ideologico, alle ataviche inefficienze del contesto, all’improprio carico fiscale e burocratico. Senza dire del lavoro, la cui regolazione contrattuale è messa in discussione dalla tesi del salario minimo legale e che potrebbe essere rivitalizzata solo dalla diffusione degli accordi territoriali e aziendali.

 

Saranno insomma anni impegnativi nel corso dei quali servirà alla crescita dell’economia e della società il risveglio di un autentico sindacato d’impresa, orgoglioso delle ragioni di chi crea tanta parte della ricchezza nazionale e perciò determinato a rappresentarle senza timori e opportunismi.

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

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