Il mio canto libero – Confindustria: il futuro vertice dovrà scegliere tra la base associativa e il politicamente corretto

Bollettino ADAPT 19 febbraio 2024, n. 7
 
Sono trascorsi quarant’anni da quel 14 febbraio 1984 in cui tutte le maggiori organizzazioni di tutela e rappresentanza (tranne la Cgil) sottoscrissero con il governo un patto per contrastare l’inflazione a due cifre superando gli automatismi che l’avevano generata in Italia più che altrove. A partire dalla “scala mobile”. Quell’accordo tripartito rivelò la sua straordinaria utilità negli effetti indotti che molti sottovalutarono proprio perché non capirono l’importanza dell’impegno a diffonderli dei corpi sociali.
 
Significativa fu la parabola di Confindustria. Guidata da Gianni Agnelli nel 1975 concordò, soprattutto con la Cgil, il meccanismo di “scala mobile” che avrebbe determinato (oltre all’appiattimento retributivo) quella rincorsa prezzi-salari che ridusse il potere d’acquisto dei lavoratori e generò la stagflazione. Per quieto vivere il presidente della Fiat si prestò cinicamente ad una vera e propria illusione ottica. Anni dopo, un altro leader di Confindustria Vittorio Merloni, espressione delle emergenti manifatture adriatiche, ebbe il coraggio di condividere con governo, cisl e uil una decisione controintuitiva dalla quale derivò poi una lunga stagione di crescita. Così come Antonio D’Amato concorse poi ad accelerare il cambiamento del mercato del lavoro ispirato da Marco Biagi agli inizi della quarta rivoluzione industriale e della terziarizzazione dell’economia. Secondo alcuni Merloni e D’Amato sarebbero stati divisivi perché furono disponibili a confliggere con gli ambienti conservatori pur di determinare elementi di discontinuità a favore delle imprese.
 
Anche oggi il rinnovo della presidenza di Confindustria si confronta con il bivio tra conferma e correzione del green deal nella nuova legislatura dell’Unione. Cercando alleanze con le consorelle europee, la maggiore organizzazione degli imprenditori italiani potrebbe concorrere a mettere in discussione l’impianto ideologico che ha indebolito la competitività delle manifatture o, al contrario, difenderlo e così cedere alla retorica e agli opportunismi del politicamente corretto che ha generato molte economie assistite.
 
Un presidente orientato alla prima scelta sarebbe divisivo? Non con la sua base associativa ma solo con le culture ostili all’impresa.
 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

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