Il mio canto libero – Ancora sullo smartworking

Bollettino ADAPT 22 giugno 2020, n. 25

 

Pietro Ichino e Giuseppe Sala hanno riaperto la discussione sul lavoro agile dal domicilio coatto nella crisi pandemica. L’uno ha avanzato legittimi dubbi sulla qualità (e quantità) delle “prestazioni” da remoto nel pubblico impiego, l’altro ha, più in generale, parlato di “effetto grotta” a proposito di tutti quei lavoratori repentinamente costretti a continuare il rapporto di lavoro da casa. Non si tratta, ovviamente, di colpevolizzare i lavoratori ma di constatare come la gran parte dei datori di lavoro non abbia avuto il tempo e il modo di procedere a quei processi di riorganizzazione che costituiscono il necessario presupposto di una adeguata produttività dell’attività lavorativa realizzata con modalità agile.

 

All’atto della approvazione della legge si sottolineò infatti come il lavoro di domani sarebbe dovuto transitare progressivamente dal vincolo spazio-temporale al perseguimento di obiettivi e risultati assegnati e verificati dal buon datore di lavoro. Ora, nella fase di ripresa, non sarebbe utile confondere lo smartworking con un diritto funzionale alla conciliazione dei tempi di vita o prorogare automaticamente l’esperienza sin qui svolta per le sole (ancorché ridotte) ragioni di salute pubblica. Tocca in primo luogo alle imprese e alle pubbliche amministrazioni accelerare progetti di digitalizzazione e reingegnerizzazione per conseguire livelli di maggiore efficienza e, in essa, con adeguata formazione, un migliore impiego dei collaboratori anche in termini di lavoro per risultati.

 

Nel settore pubblico la precondizione è l’adozione della contabilità economica patrimoniale analitica per centri di costo in quanto strumento obbligato per assegnare obiettivi quantificati e misurarne gli esiti. Si è invocata una nuova legge ma non per la ragione per cui sarebbe necessaria. Nuove norme servirebbero infatti non a irrigidire ciò che chiamiamo agile (con una patente contraddizione) ma a rendere coerente con le modalità flessibili della prestazione la disciplina sulla salute e sicurezza, costruita sulla vecchia fabbrica pesante. Poi, il dialogo e la collaborazione tra le parti dovrebbero accompagnare le trasformazioni del lavoro in termini adattivi alle diverse circostanze. Quindi in azienda, nelle funzioni pubbliche, nei territori. È giusto riproporre l’obiettivo della partecipazione dei lavoratori ma questo diventa effettivo se si parte da quel primario coinvolgimento che si realizza nei nuovi modelli organizzativi orizzontali ove ciascuno collabora a raggiungere ben definiti obiettivi.

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

 

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