Il difficile rapporto tra inflazione e aumento delle retribuzioni nella contrattazione collettiva

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Bollettino ADAPT 14 dicembre 2020, n. 46

 

Il 2020 si è dimostrato un anno difficile per i rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro a causa della crisi economica derivante dall’attuale pandemia che ha colpito le imprese alterando inevitabilmente i rapporti sindacali. Imprese e sindacati hanno dialogato a tutti i livelli – nazionale, territoriale e aziendale – su materie riguardanti la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Nonostante il prosieguo del dialogo sociale, tuttavia, nell’anno in corso si sono registrati numeri piuttosto contenuti sui rinnovi dei contratti nazionali: il sistema Confindustria, che in totale conta 57 contratti collettivi nazionali, ha registrato 6 accordi interamente conclusi nei primi undici mesi dell’anno. Per comprendere dove le parti hanno riscontrato maggiori difficoltà nel rinnovo dei contratti, ci si può basare sull’osservazione delle materie in essi negoziate. Gli accordi successivi all’inizio della pandemia non presentano complesse modifiche della parte normativa, né tantomeno modelli altamente innovativi riguardanti l’organizzazione del lavoro. Ciò potrebbe far presumere che le maggiori difficoltà siano da riferirsi, in particolar modo, nel rinnovo della parte economica dell’accordo.

 

Il calcolo dell’incremento dei minimi retributivi nel sistema Confindustria

 

Con il Patto della Fabbrica, ratificato il 9 marzo 2018, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno accordato, tra le tante, che l’incremento dei minimi retributivi – inteso quale trattamento economico minimo (TEM) – avvenga in funzione degli scostamenti registrati nel tempo dall’IPCA – Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato, che rappresenta uno dei tassi d’inflazione – al netto dei prezzi dei beni energetici importati come calcolato da ISTAT, per il periodo di vigenza del contratto, seppure in ragione dei processi di trasformazione e o di innovazione organizzativa, le parti possono modificare il valore del TEM.

 

Nella pratica, il calcolo dell’incremento economico avviene applicando l’incremento dell’IPCA calcolato sulla vigenza del contratto, come sopra descritto, alla base di calcolo che è l’elemento retributivo:

  • l’indice IPCA calcolato sulla vigenza si rileva dai dati comunicati annualmente dall’ISTAT “IPCA al netto degli energetici importati”, divulgati solitamente intorno a fine maggio/inizio giugno, attraverso la somma con un tasso composto degli indici realizzati o previsionali (a seconda che si tratti di anni passati o venturi) riferiti agli anni di vigenza del contratto;
  • la retribuzione come base di calcolo è composta dal minimo tabellare, dagli aumenti periodici di anzianità, considerata l’anzianità media di settore, e dalle altre eventuali indennità in cifra fissa stabilite dallo stesso contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria (v. punto 2.2 dell’Accordo Interconfederale 15 aprile 2009).

Ad esempio, prendendo di riferimento il periodo di vigenza triennale 2020-2022, gli indici previsionali comunicati dall’ISTAT – rispettivamente pari a 0.4, 0.7 e 1.0 – danno luogo ad un tasso composto pari a 2,11%, che andrebbe applicato alla retribuzione minima di riferimento per calcolare l’incremento per l’intera vigenza del contratto. Questo procedimento, seppur spesso utilizzato nelle trattative, non è l’unico. Negli anni scorsi è avvenuto in alcuni rinnovi che le parti non presero di riferimento gli indici previsionali di anni futuri per il triennio di vigenza, bensì che esse stabilirono di adeguare, incontrandosi annualmente, l’incremento della retribuzione direttamente all’IPCA realizzato comunicato dall’ISTAT (cfr. CCNL Metalmeccanici del 26 novembre 2016), ovvero utilizzando un elemento distintivo della retribuzione assegnandogli un innovativo ruolo di fondo per gli scostamenti inflattivi (cfr. CCNL Chimico-farmaceutico del 19 luglio 2018 e CCNL Energia e Petrolio del 19 settembre 2019).

 

Tavola dei rinnovi gennaio-novembre 2020 nel sistema Confindustria

 

CCNL Parti firmatarie Aumento TEM Retribuzione di riferimento Vigenza contrattuale IPCA composto calcolato sulla vigenza
Vetro-Lampade (19 giugno 2020) Assovetro, Filctem-Cgil, Meca-Cisl, Uiltec-Uil 63 euro 1.814, 92 (livello D1) 1° gennaio 2020 – 31 dicembre 2022 2,11%
Industria alimentare (31 luglio 2020, non firmatarie tutte le associazioni datoriali) Unionfood, Ancit, Assobirra, Mineracqua, Assica, Assolatte, Assobibe, Anicav, Flai-Cgil, Fai-Cisl, Uila-Uil 119 euro 1.924,14 (parametro 137) 1° dicembre 2019 – 30 novembre 2023 3,20%
Gomma-Plastica (16 settembre 2020) Federazione Gomma Plastica, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil 63 euro Le parti avevano stabilito una retribuzione di riferimento di 1.844 euro 1° luglio 2019 – 31 dicembre 2022 2,47%
Legno e Arredo (19 ottobre 2020) Federlegno Arredo, Fillea-Cgil, Fica-Cisl e Feneal-Uil 50 euro (25 recupero, 25 incremento di produttività) + adeguamento ad indice IPCA a gennaio 2021 e gennaio 2022 Paga base, contingenza, edr, tre aumenti periodici di anzianità 1° aprile 2019 – 31 dicembre 2022 2,65%
Penne, spazzole e pennelli (29 ottobre 2020) Assoscrittura, Assospazzole, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil 68 euro

 

1.694,91 euro (livello 3S) 1° gennaio 2019 – 31 dicembre 2022 2,83%
TLC (12 novembre 2020) Asstel TLC, Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil 70 euro 1.778,73 (5° livello) 12 novembre 2020 – 31 dicembre 2022 1,77%
Ceramica (26 novembre 2020) Confindustria Ceramica, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil 76 euro 1.858,75 (livello D1) 1° gennaio 2020 – 30 giugno 2023 2,68%

 

La relazione tra indici IPCA e aumento delle retribuzioni

 

Secondo l’accordo interconfederale del 9 marzo 2018, come già visto, l’aumento delle retribuzioni avviene in funzione degli scostamenti registrati nel tempo dall’IPCA. Questo meccanismo dovrebbe dar luogo a una relazione positiva tra la quota di aumento della retribuzione di riferimento e l’indice IPCA calcolato sul periodo di vigenza contrattuale. Seppur l’aumento del TEM avvenga in funzione dell’indice IPCA, quindi la variazione non necessita di essere perfettamente sensibile ad esso, tuttavia si presuppone che l’aumento retributivo sia significativamente influenzato dall’indice IPCA e dai suoi scostamenti in funzione del tempo.

 

 

Nel grafico qui riportato si può osservare la relazione tra l’indice IPCA calcolato per gli anni di vigenza di ogni contratto (asse orizzontale), sulla base dell’ultimo comunicato ISTAT dell’8 giugno 2020, e l’aumento dei minimi tabellari (TEM), in rapporto alla retribuzione di riferimento, che le parti hanno stabilito per il rinnovo contrattuale (asse verticale). I punti rappresentano i rinnovi dei contratti elencati nella tabella precedente. Nel grafico non è presente il contratto del legno in quanto in esso le parti hanno stabilito di adeguare gli incrementi retributivi successivamente, sulla base dell’indice IPCA comunicato annualmente dall’ISTAT. Va specificato che la base di calcolo retributiva considerata non comprende altre voci fisse della retribuzione, quali ad esempio gli aumenti periodici di anzianità, che sono un elemento della base di calcolo, seppur trascurabili nella rappresentazione di cui sopra.

 

Seppur i rinnovi non siano un numero sufficientemente tale da trarre delle conclusioni sistematiche, tuttavia già da questa prima rappresentazione si possono evincere due tendenze importanti: innanzitutto, la quota di aumento della retribuzione è sempre superiore dell’indice IPCA calcolato sulla vigenza contrattuale, ovvero l’aumento concordato dalle parti è significativamente maggiore rispetto a quello che risulterebbe applicando gli indici IPCA direttamente ai minimi tabellari. Inoltre, secondo aspetto che si evidenzia nel grafico, non esiste alcuna correlazione positiva (ovvero esiste ma in misura trascurabile) tra i due elementi considerati. I punti nel grafico disegnano una curva che sembra piuttosto appiattita, fatta eccezione per il rinnovo dell’industria alimentare. Una curva pressoché orizzontale sta a significare che l’aumento delle retribuzioni concordato nei rinnovi non è sensibile (o lo è in misura non significativa) al variare dell’indice IPCA, ovvero che davanti a un indice IPCA calcolato sulla vigenza contrattuale più alto, non corrisponde un adeguato aumento maggiore del TEM. A conferma di quanto osservabile dal grafico, l’indice di correlazione, che dimostra la dipendenza tra le due variabili, risulta essere pari a 0,15 (escludendo il valore dislocato dell’alimentare). In altre parole, nei rinnovi avvenuti nel 2020, solo il 15% dell’aumento del TEM è dipeso da un maggiore indice IPCA calcolato sulla vigenza contrattuale.

 

Gli aumenti sottoscritti nei rinnovi si attestano su un valore di riferimento standard, non dimostrando alcuna significativa dipendenza dalle variazioni dell’indice IPCA calcolato sulla vigenza contrattuale. In tal modo, l’aumento del TEM, quale elemento di tutela e “risarcimento” della perdita di potere di acquisto delle retribuzioni generata dall’inflazione, viene concordato con uno sguardo di insieme dell’intero panorama contrattuale, al fine di non generare precedenti che possano avere ripercussioni sui successivi rinnovi contrattuali di altri settori. È così che l’IPCA è divenuto un valore di partenza e che gli aumenti concordati, come avviene già da tempo, siano solitamente superiori ad esso (v. F. FAZIO, E. MASSAGLI, M. TIRABOSCHI (2013), Indice IPCA e contrattazione collettiva, ADAPT University Press, p. 45), sganciando in tal modo l’aumento delle retribuzioni da quei meccanismi che le parti hanno stabilito a livello interconfederale. Meccanismi, ad oggi, non strettamente legati all’indice di inflazione – come sostiene Stirpe (vicepresidente di Confindustria con delega al Lavoro e alle Relazioni Industriali) nell’ultima lettera inviata alle associazioni aderenti a Federalimentare – che renderanno impossibile la strada dell’agganciamento del salario minimo legale al valore del trattamento economico individuato dalla contrattazione collettiva.

 

Ruben Schiavo

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ruben_schiavo

 

Il difficile rapporto tra inflazione e aumento delle retribuzioni nella contrattazione collettiva