Il Condominio non è obbligato in solido per le obbligazioni contributive dell’appaltatore

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Bollettino ADAPT 23 ottobre 2023, n. 36
 
Le alterne vicende dell’obbligazione solidale negli appalti si arricchiscono di un ulteriore capitolo riguardante il perimetro di estensione del vincolo giuridico nel caso di inadempimento datoriale del pagamento dei contributi riferiti ai propri dipendenti occupati in esecuzione di un appalto.
 
Nel caso di specie, risolto dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19514 del 10 luglio 2023, a seguito di un accertamento ispettivo condotto dall’INPS di Milano, un condominio – ritenuto obbligato in solido e pertanto destinatario della richiesta di pagamento dei contributi riferiti a due lavoratrici, addette alle pulizie degli ambienti comuni, dipendenti dell’inadempiente datore di lavoro – aveva vittoriosamente avversato, in primo grado, il verbale dell’Ente previdenziale, salvo poi soccombere nel successivo gravame, posto che la Corte d’Appello di Milano aveva riformato la decisione del Tribunale.
 
In particolare, il Collegio fondava il vincolo solidale del condominio su una duplice circostanza fattuale, non contestata: da un lato, l’interesse condominiale soddisfatto dalle prestazioni rese dalle lavoratrici, dipendenti dell’appaltatore; dall’altro, l’accettazione, da parte dell’ente di gestione, della qualifica di datore di lavoro.
 
Ne è conseguita, a giudizio del Collegio del gravame, l’invocabilità del vincolo solidale, in capo al condominio, ai sensi dell’articolo 29, comma 2 del D.lgs. n. 276 del 2003, la cui formulazione, riferendosi espressamente al «committente imprenditore» ovvero al «datore di lavoro», permette di ritenere escluso dall’obbligo giuridico in parola soltanto la persona fisica.
 
Sorvolando sul primo motivo di ricorso in Cassazione, di più marcata vocazione processuale, è la seconda ragione di doglianza a rilevare, riguardando l’errata interpretazione del predetto articolo 29, posto che nell’escludere la solidarietà per la persona fisica non esercitante attività di impresa o professionale, la Corte d’Appello di Milano non le avrebbe parificato, ai fini dell’eccezione alla solidarietà, il condominio.

Nell’accogliere il secondo motivo di ricorso e cassare la decisione in appello, la Suprema Corte ne ha rilevato l’erronea applicazione dell’articolo 29, comma 2 del D.lgs. n. 276 del 2003, disattendendo l’interpretazione per la quale il condominio, pur difettando della qualifica di imprenditore, va nondimeno considerato datore di lavoro, ai sensi della citata norma, perché le lavoratrici interessate dall’omissione contributiva ivi lavorano.
 
Ciò in quanto – ha osservato l’ordinanza in commento – «il “datore di lavoro” che, in alternativa all’imprenditore, è responsabile solidale ai sensi dell’art. 29, comma 2 del D.lgs. n. 276 del 2003, non può identificarsi puramente e semplicemente con lo stesso committente presso cui l’attività oggetto di appalto viene eseguita; infatti, se così fosse sarebbe stato sufficiente prevedere l’obbligo di solidarietà riferendosi semplicemente al “committente” dell’appalto».
 
Viceversa, il diritto positivo ha operato una selezione dei soggetti chiamati a rispondere delle eventuali inadempienze datoriali, fissando un limite soggettivo positivo ed uno negativo: alla stregua del primo, la solidarietà riguarda sia l’imprenditore ai sensi dell’articolo 2082 c.c., ovverosia quel soggetto che svolge un’attività economica organizzata per il conseguimento di un profitto, sia il datore di lavoro, inteso quale committente che, per mezzo del lavoro dei dipendenti altrui, realizza l’oggetto della propria attività istituzionale, partecipando del decentramento produttivo che la norma ha voluto regolare.
 
In altri termini, ha argomentato la Cassazione, il limite soggettivo positivo del perimetro applicativo della solidarietà – la cui ratio consiste nel fornire tutela omogenea a tutti i lavoratori interessati dei fenomeni economici dissociativi fra chi è titolare del rapporto di lavoro e chi benefica della prestazione, qualunque sia il livello di decentramento realizzato – concerne tanto chi fa impresa quanto chi fruisce della prestazione lavorativa, considerabile un datore di lavoro indiretto.
 
L’ulteriore limite soggettivo negativo al cui cospetto applicare l’obbligazione solidale negli appalti va rinvenuto, ad avviso dell’ordinanza in commento, nell’esplicita esclusione così delle persone fisiche che non esercitano attività di impresa o professionale come degli enti, quali il condominio, appunto, che non partecipano per scopi istituzionali al decentramento produttivo, non assumendo un rilievo giuridico differente rispetto a quello proprio dei condomini, trattandosi di un mero ente di gestione dei beni comuni.
 
Non andando oltre la gestione dei beni comuni e pur non essendo una persona fisica, il condominio va parificato alla medesima e pertanto non va considerato obbligato in solido di eventuali inadempienze contributive datoriali in difetto di esercizio di attività imprenditoriale e/o di partecipazione al processo di decentramento produttivo.
 
Quanto deciso dall’ordinanza in commento si inserisce appieno nel solco già tracciato da diverse pronunce di legittimità e di merito che, nell’escludere la solidarietà del condominio per le inadempienze contributive dell’imprenditore cui ha affidato un appalto di servizi, valorizzano ora l’assenza di personalità giuridica in capo all’ente di gestione (Cass., 22 maggio 2015, n. 10679; Cass., 12 gennaio 2005, n. 452; Cass., 24 luglio 2001, n. 10086; conforme anche Trib. Torino, n. 98/2018), ora la qualifica non imprenditoriale e/o professionale del condominio (Trib. Milano, n. 2370/2011; Trib. Milano, n. 4506/2011; nello stesso senso, Trib. Roma, n. 9213/2018).
 
Tuttavia, la questione non può esser considerata pacifica, avendo proprio il Supremo Collegio invocato la solidarietà del condominio, committente /datore di lavoro dell’impresa di pulizie, alla luce della funzione dell’obbligazione solidale di responsabilizzare i committenti nella selezione di partner affidabili cui richiedere l’esecuzione di prestazioni di servizi (cfr. Cass., 9 febbraio 2022, n. 4079).
 
Proprio quest’ultima pronuncia, che ad avviso dell’ordinanza in commento si è espressa sulla questione soltanto in via incidentale vertendo la vicenda su differenti profili giuridici, permette di svolgere qualche riflessione.
 
Innanzitutto, pur non essendo in discussione come il condominio non possa esser considerato imprenditore, qualche perplessità potrebbe sorgere in relazione all’impossibilità di qualificarlo come «datore di lavoro», come inteso dall’ordinanza in commento. Infatti, se la locuzione normativa di cui all’articolo 29, comma 2 del D.lgs. n. 276 del 2003, fa riferimento al committente che – per restare alle parole della Corte – si avvale dei dipendenti altrui per porre in essere la propria attività istituzionale, intervenendo nella triangolazione tipica del decentramento produttivo, arduo sarebbe non riscontrare nell’appalto di servizi concluso tra il condominio e l’impresa di pulizie l’applicazione della distinzione, di derivazione anglosassone, per la quale rispetto ad un bene e/o un servizio l’opzione possibile è make or buy.
 
Infatti, la scelta tra ottenere/produrre direttamente l’utilità cercata ovvero acquisirla da terzi dietro corrispettivo costituisce il sistema binario su cui collocare il fenomeno delle terziarizzazioni, con le dovute conseguenze: nell’un caso, essendo direttamente responsabile dell’osservanza e salvaguardia dei diritti dei propri dipendenti; nell’altro, essendo chiamato a rispondere, quale obbligato in solido, dell’eventuale altrui inadempimento. Ciò in quanto chi beneficia delle prestazioni lavorative non può dirsi estraneo alla sorte dei lavoratori occupati per soddisfare tale interesse, che è senz’altro di natura patrimoniale pur potendo non essere sempre imprenditoriale.
 
Peraltro, se, come opportunamente evidenziato dall’Organo nomofilattico, lo scopo della responsabilità solidale consiste proprio nel tutelare i lavoratori a prescindere dal livello di decentramento produttivo realizzato, un’interpretazione del predetto articolo 29, comma 2, che coinvolga soltanto il datore di lavoro che terziarizza prestazioni lavorative per realizzare proprie attività istituzionali apparirebbe insufficiente sotto un doppio profilo: da un lato, obliterando l’ipotesi che il condominio, ove decidesse di provvedervi senza intermediari, ben potrebbe esser datore di lavoro di quegli stessi lavoratori assunti dall’impresa di pulizie ed occupati in esecuzione dell’appalto; dall’altro, ignorando che l’assunzione di addetti alle pulizie, come peraltro per la guardiania, costituirebbe, appunto, l’esplicazione concreta della propria «attività istituzionale», quale cura e gestione degli interessi e delle parti comuni di un edificio, che è l’attività principale, quando non addirittura intrinseca, del condominio.
 
Né può esser sottaciuto il cortocircuito giuridico che deriverebbe alla luce della rivisitazione dell’articolo 12 del D.lgs. n. 124/2004, ad opera dell’articolo 12-bis del D.l. n. 76/2020, convertito in legge n. 120/2020, per il quale l’ispettore del lavoro notifica la diffida accertativa per i crediti patrimoniali in favore dei lavoratori anche ai soggetti che ne utilizzano le prestazioni, ritenuti solidalmente responsabili dei crediti accertati. Infatti, nell’ipotesi di un accertamento ispettivo riguardante l’impresa di pulizia, laddove il personale di vigilanza riscontrasse l’esistenza di crediti patrimoniali maturati dai dipendenti dell’appaltatore in esecuzione del servizio prestato in favore del condominio, alcun dubbio potrebbe sussistere in ordine alla diffidabilità di quest’ultimo a saldare i crediti dei lavoratori, in ragione dell’esplicito richiamo normativo recentemente introdotto.
 
Ne emergerebbe, oltretutto, una situazione paradossale – non infrequente nell’ordinamento giuridico italiano – di un condominio obbligato in solido per metà, per così dire, ovverosia richiesto dal personale ispettivo di pagare solo i trattamenti retributivi dei lavoratori occupati in esecuzione di un appalto, non già anche quelli contributivi, in una rinnovata, e questa volta invertita, comparazione tra l’obbligazione retributiva e l’omologa contributiva, sulla cui reciproca autonomia s’è ormai perso il numero di pronunce emesse.
 
Pur non potendosi sostituire al legislatore, talvolta all’interprete tocca il delicato compito di offrire un’applicazione del testo di legge che, oltre ad essere coerente con il sistema, soddisfi anche elementari criteri di ragionevolezza e sostenibilità.
 
Giovanna Carosielli 

Funzionario ispettivo ITL Bologna*
@GiovCarosielli
 
*Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegna l’Amministrazione di appartenenza.

Il Condominio non è obbligato in solido per le obbligazioni contributive dell’appaltatore
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