Il concetto di unità operativa in materia di tirocini nella Regione Lombardia: problemi attuali e spunti per la futura revisione della normativa

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Bollettino ADAPT 7 marzo 2022, n. 9
 
Il concetto di unità operativa nella disciplina dei tirocini della Regione Lombardia
 
Nelle more della realizzazione del riordino dei tirocini di cui alla Legge di Bilancio 2022, ma, soprattutto, nell’attesa di una completa comprensione della reale portata del predetto intervento normativo (sul punto, si veda M. Tiraboschi, Come mettere il carro davanti ai buoi. Brevi note sui tirocini dopo la legge di bilancio per il 2022 in Bollettino Adapt 31 gennaio 2022, n. 4), è opportuno tornare sui dubbi che ancora aleggiano attorno all’attuale normativa di riferimento.
 
In particolare, nel prosieguo si analizzerà il concetto di “unità operativa” con riferimento al DGR 7763 del 17.01.2018 “Indirizzi regionali in materia di tirocini” della Regione Lombardia, sul quale permangono dubbi ancora oggi da chiarire.
 
La suddetta normativa poggia, per espressa previsione, sulle “Linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento” del 2017.  Queste ultime individuano, al paragrafo 6, i limiti numerici per l’attivazione del tirocinio, da calcolarsi in base al numero di lavoratori in forza presso l’unità operativa di riferimento.
 
Nel dettaglio, è stabilito che “il numero di tirocini attivabile contemporaneamente in proporzione alle dimensioni dell’unità operativa del soggetto ospitante è definito attraverso le discipline regionali e delle Province autonome […]”.
 
Sulla questione, preme tuttavia chiarire che la disciplina non consegna una definizione univoca di unità operativa, come peraltro già ravvisato e chiarito da taluni in precedenza: “non esiste una nozione generale di “unità operativa” valevole su tutto il territorio nazionale, né risulta automatica l’equivalenza tra tale nozione e quella di “unità produttiva” utilizzata dalla legislazione statale, così come ricostruita dalla giurisprudenza” (cfr. A. Alcaro, Il concetto di unità operativa in materia di tirocini nella Regione Veneto, in Bollettino Adapt 5 dicembre 2016, n. 41).
 
La suindicata normativa della Regione Lombardia, al paragrafo 3.2, detta la propria disciplina territoriale in materia, stabilendo che “Il soggetto ospitante, deve rispettare i seguenti limiti numerici arrotondati all’unità maggiore, applicati all’unità operativa di svolgimento del tirocinio:

– strutture composte dal solo titolare o con risorse umane in numero non superiore a 5: presenza contemporanea di un solo tirocinante;

– strutture con risorse umane in numero compreso tra 6 e 20: presenza contemporanea di non più di due tirocinanti;

– strutture con risorse umane in numero superiore a 20: presenza contemporanea di un numero di tirocinanti in misura non superiore al 10% delle risorse umane presenti, con arrotondamento all’unità superiore […]
 
Per i soggetti ospitanti che hanno unità operative con più di venti dipendenti a tempo indeterminato l’attivazione di nuovi tirocini, oltre la quota di contingentamento del dieci per cento di cui al punto g), è subordinata alla stipula di un contratto di lavoro subordinato della durata di almeno 6 mesi (nel caso di part time, esso deve essere almeno pari al 50% delle ore settimanali previste dal Contratto Collettivo applicato dal soggetto ospitante) […]”.
 
Anche in questo caso, preme evidenziare come la normativa regionale non consegni la precipua definizione di unità operativa, con evidenti consequenziali incertezze per gli attori coinvolti nell’attuazione del tirocinio. In particolare, pare difficoltoso stabilire se la normativa faccia riferimento ad una sede operativa de facto della prestazione, ossia il luogo materiale in cui è effettuata l’esperienza di tirocinio, o se invece, sia fatto riferimento, seppur con termini differenti, a specifici concetti individuati dalla legge.
 
Tale nozione, come evidente, risulta fondamentale al fine della corretta attuazione del tirocinio. Peraltro, pare opportuno sottolineare come un’errata interpretazione della disposizione possa avere importanti ripercussioni per tutti i soggetti coinvolti nell’attuazione del periodo:

– Il soggetto promotore è infatti responsabile dell’intera esperienza, posto che, come chiarito al paragrafo 9 delle Linee guida 2017, “spetta al soggetto promotore il presidio della qualità dell’esperienza e dell’apprendimento nel tirocinio” fornendo peraltro “un’informativa preventiva, chiara e trasparente, circa la disciplina applicabile al tirocinio”;

– Sia il soggetto ospitante che il soggetto promotore, in caso di errore, potrebbero incorrere nelle sanzioni di cui al paragrafo 6 del DGR 7763 del 17.01.2018: “Per le violazioni non sanabili, in particolare nel caso in cui il tirocinio sia attivato senza il rispetto delle condizioni e dei limiti previsti, con riferimento, rispettivamente, ai soggetti titolati alla promozione e alle caratteristiche soggettive e oggettive richieste al soggetto ospitante del tirocinio, alla proporzione tra organico del soggetto ospitante e numero di tirocini, alla durata massima del tirocinio, al numero di tirocini attivabili contemporaneamente e al numero o alle percentuali di assunzioni dei tirocinanti ospitati in precedenza, alla convenzione richiesta e al relativo piano formativo, sarà prevista l’intimazione della cessazione del tirocinio e l’interdizione fino a 12 mesi, rivolta al soggetto promotore e/o a quello ospitante, dall’attivazione di nuovi tirocini”;

– Il tirocinante è presumibilmente messo nell’impossibilità di effettuare correttamente l’esperienza di tirocinio, se si considera che il presupposto delle suddette limitazioni è proprio la corretta attuazione del periodo formativo-esperienziale;

– L’eventuale intermediario/operatore (ove presente) corre il rischio di agire, o consigliare, nel modo errato, scontrandosi tanto con evidenti responsabilità legali, quanto con responsabilità di tipo deontologico (la prestazione resa dal professionista del settore non può mai essere contra legem).
 
Per una possibile risoluzione della problematica, si provi quindi ad analizzare le Faq in materia fornite dalla Regione Lombardia (Cfr. “Faq gestione dei tirocini di cui alla DGR n °7763 del 17.01.18 Aggiornamento 04.11.2020”).

Queste ultime non menzionano il concetto di unità operativa ai fini del corretto inquadramento delle predette limitazioni, ma, con riferimento alla L. 68/99, indicano:
 
“Il requisito “essere in regola con la normativa di cui alla legge n. 68 del 1999 e successive modifiche e integrazioni” deve essere soddisfatto su ciascuna sede operativa (sulla base del numero di dipendenti assunti)? L’ottemperanza deve essere sulle singole sedi operative, salvo compensazioni se l’azienda ha più sedi ma che devono essere comunicate agli uffici del Collocamento Mirato de proprio territorio e comunicate tramite prospetto informativo”.
 
Ad una attenta analisi, apparirebbero quindi sinonimi sia i termini di “unità operativa” e “sede operativa” utilizzati dalla normativa regionale lombarda, che quello di “unità produttiva” di cui all’articolo 5, l. n. 68/99.
 
In merito al concetto di “unità produttiva” ex l. n. 68/99, si tenga in considerazione quanto deciso con accordo del 21 dicembre 2017, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lettera c) del d.Lgs n. 281/1997, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome, e gli Enti locali, concernente “Problematiche interpretative in materia della legge 12 marzo 1999, n. 68 recante “Norme per il diritto al lavoro dei disabili” , che si richiama al d.lgs n. 81/08, il quale all’articolo 2 definisce l’ ”unità produttiva”  come “lo stabilimento o la struttura finalizzata alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico -funzionale”, ma anche alla “sentenza della Corte di Cassazione, sez. IV, n. 45068 del 22/11/2004 la quale afferma che l’unità produttiva è una emanazione della stessa impresa, ma che deve avere una fisionomia distinta, presenti un proprio bilancio ed abbia, in condizioni di indipendenza, un proprio riparto di risorse disponibili, così da permettere in piena autonomia le scelte organizzative più confacenti alle caratteristiche funzionali e produttive dell’unità”.
 
In aggiunta, sulla questione, si considerino ulteriori indirizzi giurisprudenziali, tra cui a titolo esemplificativo, Cassazione del 10 novembre 1997, n. 11092, sulle unità prive di autonomia.
 
Per tutto quanto sopra, pare evidente, pur con permanente e giustificata incertezza, che la normativa sui tirocini nella Regione Lombardia non possa che fare riferimento al concetto di “unità produttiva” di cui al d.lgs n. 81/08 nel trattare di “unità operativa”, e non, quindi, ad un concetto di sede lavorativa de facto.
 
Alcune considerazioni finali in un’ottica di riordino della disciplina generale
 
L’analisi qui effettuata vuole essere, oltreché un approfondimento per gli operatori del settore e per gli studiosi della materia, un’esortazione per il futuro. Alla luce delle recenti previsioni legislative, che mirano alla revisione dello strumento, appare infatti opportuno, se non imprescindibile, che nella disciplina a venire siano meglio delineati e chiariti gli elementi essenziali per la corretta attuazione del periodo, quale che sia la normativa territoriale di riferimento.
 
Se riordino del tirocinio sarà, come mirato, lo stesso dovrà basarsi pertanto anche su una valutazione degli errori pregressi, con il fine di rimuoverli e non ripeterli. A questi ultimi, innegabilmente, sono da ascrivere le disposizioni sibilline da parte della normativa, che richiedono talvolta una perigliosa interpretazione, talvolta una macchinosa ricostruzione, della volontà del Legislatore.
 
Se l’obiettivo ultimo è quindi quello di “contrastare gli abusi nei tirocini extracurriculari” (Cfr. Cliclavoro, newsletter, n°2 – febbraio 2022), non si dimentichi che, di certo, l’incertezza sulle disposizioni normative penalizza sempre la parte debole nei rapporti.
 
Marco Tuscano

Consulente del lavoro

@MarcoTuscano

Il concetto di unità operativa in materia di tirocini nella Regione Lombardia: problemi attuali e spunti per la futura revisione della normativa
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