I tempi delle città (e dei negozi aperti nei festivi)

Riaffiora periodicamente come un fiume carsico la problematica della aperture festive dei centri commerciali, resa in Italia possibile dalla liberalizzazione degli orari decisa dal governo Monti. Il vice premier Di Maio ha annunciato una legge entro fine anno per porre fine a questa pratica o per ridurre drasticamente il numero delle aperture.

 

Senza entrare nella polemica politica, vorrei portare qualche elemento di riflessione sul più generale problema della sincronizzazione e desincronizzazione della vita sociale ed economica. Entrambe le due soluzioni hanno punti di forza e di debolezza.

 

La sincronizzazione consiste nell’addensamento spazio-temporale di attività umane quali pratiche religiose, commerciali, sportive, lavorative, ricreative, scolastiche e così via. Ne consegue che una grande quantità di persone fanno le stesse cose negli stessi luoghi, negli stessi orari, usando le stesse infrastrutture logistiche o produttive. Le spinte verso la sincronizzazione sono di tipo rituale (identità, senso di appartenenza, effetto comunità), economico (economie di scala e di prossimità), politico (controllo, visibilità, potere), organizzativo (standardizzazione, specializzazione degli addetti e delle strutture), culturale (valori), climatico (le stagioni), urbanistico (spazi e flussi) e così via

 

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