Gestione strategica delle risorse umane: opportunità per il consulente del lavoro

Introduzione. Molte delle iniziative organizzate da ANCL Vicenza hanno un tratto distintivo: considerare quella del Consulente del lavoro come una professione in transizione, che sta evolvendo progressivamente dall’essere l’esperto in amministrazione del personale al diventare uno specialista tout court di gestione risorse umane, in grado di offrire al cliente una gamma trasversale di soluzioni gestionali.
 
La contaminazione tra Direttori Risorse Umane, Amministratori Delegati, Imprenditori e Consulenti rappresenta una fertile opportunità di confronto per tutti gli attori coinvolti, ed è in quest’ottica che, nel recente convegno del 17 marzo, Luca Bauckneht, HR Director Europa di CDK Global (multinazionale americana leader mondiale nell’Information Technology per il settore Automotive), ha parlato di politiche retributive, focalizzando l’attenzione sulla retribuzione incentivante.
 
Opportunità. L’area della cosiddetta “compensation”, ovvero tutto quello che afferisce alle politiche retributive aziendali, rappresenta – o perlomeno dovrebbe rappresentare – un interessante ambito di approfondimento per il Consulente del Lavoro che voglia rivestire un ruolo strategico nella relazione con il cliente. Quest’ultimo, infatti, è alla ricerca di soluzioni tanto di ottimizzazione del costo del lavoro, quanto di aumento della produttività e orientamento della performance. Il Consulente del Lavoro, attraverso una ponderata assistenza in area compensation, può offrire all’impresa entrambe le cose.
 
Sistemi retributivi e performance aziendali. La recente crisi finanziaria ha dimostrato, tra le altre cose, come una retribuzione slegata dai risultati aziendali e personali non è sostenibile nel lungo periodo, portando molte aziende a rivedere i propri sistemi retribuitivi, con l’obiettivo di controllare i costi e indirizzare la prestazione dei dipendenti. Ma se da un lato esiste la consapevolezza diffusa che la gestione e lo sviluppo delle Risorse umane non può prescindere dall’impostazione di sistemi di compensation legati alle performance (bonus individuali, di team e di gruppo, premi di produzione, profit sharing, ecc.), dall’altro si osservano sistemi di retribuzione incentivante malamente disegnati e implementati, che si trasformano nel tempo in “retribuzione addizionale ricorrente”.
 
Equivoci. Una dimostrazione della superficialità con cui la retribuzione incentivante è spesso impostata, è una curiosità semantica relativa all’utilizzo del termine MBO, che non è (o non è solo) la componente individuale del “bonus” o il “bonus” tout court, come molti pensano. In realtà, MBO indica semplicemente una metodologia di determinazione e convalida degli obiettivi di prestazione tra capo e collaboratore, attraverso la definizione dei tempi, dei mezzi e dei parametri di valutazione funzionali al conseguimento degli obiettivi stessi. È il significato dell’acronimo a fare chiarezza (Management by Objectives): gestione attraverso obiettivi, con periodici punti di controllo e taratura. Si potrebbe avere quindi, anzi, si dovrebbe avere, un approccio Management By Objectives in qualsiasi situazione di gestione del personale, al di là della presenza o meno di un bonus o di un variabile. In realtà, si è osservato come in molte realtà, a partire in particolare dagli anni ’90, l’implementazione di bonus policy si è sostituita al normale processo di impostazione, verifica e controllo della prestazione del dipendente, rappresentando la discussione dell’MBO individuale legata al variabile l’unico reale momento di confronto rispetto agli obiettivi. A partire da questa “fallacia gestionale”, il termine MBO ha iniziato a indicare la parte individuale della retribuzione variabile, se non addirittura l’intera componente variabile della retribuzione.
 
Paradossi. A dimostrazione di quanto detto, l’analisi qualitativa degli obiettivi che vengono assegnati in alcune realtà aziendali ci porterà ad osservare come nei target di retribuzione variabile troviamo spesso obiettivi davvero “basic”, che sono parte integrante del “mansionario” del lavoratore, per il quale lo stesso riceve già una retribuzione. Con il risultato che il rapporto contrattuale tra le parti, basato sullo scambio “salario vs prestazione”, ha una duplicazione pedissequa nel bonus.
 
Evoluzione. In questo contesto, il ruolo di Direttori HR e Consulenti diventa davvero strategico per quelle imprese che vogliano approcciare seriamente temi di compensation e, in particolare, di “pay for performance”. Queste le coordinate:

  1. design: la strutturazione di sistemi retributivi variabili e incentivanti non è standard e definita a priori. Ogni contesto è differente e richiede soluzioni ad hoc, segmentate per popolazione aziendale e focalizzazione su risultati di breve, medio e lungo periodo. In questo senso, l’offerta di strumenti (sia per implementazioni ex novo che per rimodulazioni dell’esistente), è ricca di opportunità: bonus system (inclusivi di parte individuale, di dipartimento e di gruppo), commissioning, profit sharing, medium-long term incentive, stock options, etc.
  2. cultura: una bonus policy non può sostituirsi a una cultura della gestione della prestazione, ma deve rappresentarne il complemento. In entrambi i casi (gestione “ordinaria” e gestione legata alla retribuzione variabile), sarà cruciale l’aspetto motivazionale, al fine di trovare un punto d’incontro tra gli obiettivi individuali e quelli dell’azienda: la parola chiave è pertanto condivisione degli obiettivi, in una seria logica di Management By Objectives. Gli obiettivi individuati dovranno essere specifici, misurabili, adeguati, rilevanti e tempificati (SMART, per utilizzare l’acronimo inglese, che gioca sul significato del termine: “intelligente”, “acuto”, “furbo”).
  3. compliance: l’introduzione di sistemi di retribuzione incentivante presenta profili legali interessanti, che il Consulente potrà prevedere e integrare nelle “bonus policy”, con l’obiettivo di minimizzare il rischio di contenzione ex post. A titolo esemplificativo: inclusione/esclusione dagli emolumenti garantiti, inclusione/esclusione dal contratto di assunzione, ricorrenza, impatto TFR, condizioni di eligibilità (per esempio come gestire l’assenteismo durante l’anno), definizione puntuale e inequivocabile delle metriche di riferimento.
  4. controllo: qualunque sistema di incentivazione variabile non può prescindere dalla presenza di un collaudato sistema di controllo interno, per determinare previsionalmente l’impatto sul costo del lavoro e, in particolare, per validare i risultati individuali e/o di dipartimento/gruppo, evitando quindi possibili vertenze. Fuor di metafora, deve esistere un ente terzo (tipicamente il controllo di gestione), in grado di validare i consuntivi definiti dai manager. O in altri termini: chi controlla il controllore?
  5. sostenibilità: un’accorta definizione dell’architettura del sistema, attraverso l’utilizzo di un’adeguata proporzionalità tra obiettivi individuali/di gruppo, di moltiplicatori premianti o penalizzanti, di clausole di salvaguardia, permetterà da un lato di salvaguardare la sostenibilità del sistema, dall’altro di orientare la performance. Non solo, l’esperienza del Consulente permetterà di massimizzare tutte le opportunità di ottimizzazione costi offerte dalla legislazione in materia (decontribuzione, etc.).

 
In questo scenario, il ruolo del Consulente del lavoro può essere quindi quello di un partner che, con una consulenza sia strategica che operativa, contribuirà a definire la struttura dei sistemi di incentivazione e retribuzione variabile, garantendone l’efficacia, la compliance e la sostenibilità.
 
Luca Bauckneht
Senior HR Director Europe & Latin America, CDK Global
@LucaBauckneht
 
Monica Zanotto
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Bergamo
 @MonicaZan8
 
 
 
 
 
 
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