«European Care Strategy for caregivers and care receivers»: dalla Commissione Europea una strategia per la gestione della non autosufficienza e dell’assistenza in Europa

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Bollettino ADAPT 19 settembre 2022, n. 31
 
Lo scorso 7 settembre la Commissione Europea ha presentato la «European Care Strategy for caregivers and care receivers», con lo scopo di accrescere, all’interno degli Stati membri, la diffusione di cure di maggiore qualità, incoraggiando contestualmente la valorizzazione di coloro che, formalmente o informalmente, assistono soggetti in condizioni di necessità.

Alla base di tale intervento pare esservi, in particolare, la volontà di promuovere la diffusione di servizi di cura e assistenza accessibili e al tempo stesso di alta qualità, che siano in grado di offrire vantaggi nei confronti di tutte le età. Una strategia, pertanto, che si muove non solo a tutela di coloro che ricevono assistenza, ma anche dei soggetti che questa assistenza la pongono in essere, in modo formale o informale. L’intervento della Commissione Europea sulla tematica non sorprende, del resto, volgendo lo sguardo ai dati Eurostat relativi agli indicatori demografici dell’Unione Europea. I tassi di natalità si mantengono ormai da anni «costantemente bassi» e, al tempo stesso, la percentuale di anziani è in esponenziale aumento: basti pensare che al 1° gennaio 2019, la percentuale di soggetti di età pari o superiore a 65 anni nell’Unione si attestava al 20,3 %, con un aumento di 0,3 punti percentuali rispetto all’anno precedente e di ben 2,9 rispetto al decennio precedente.
 
Accanto alle previsioni connesse all’istruzione e alla cura dell’infanzia, con specifico riferimento alla strategia per la non autosufficienza, la European Care Strategy raccomanda agli Stati membri di provvedere ad elaborare dei piani di azione nazionali che, all’interno dell’Unione Europea, contribuiscano a rendere l’assistenza innanzitutto di maggiore qualità e, in secondo luogo, più economicamente accessibile. A tal fine, sono state contestualmente fornite delle linee di indirizzo, in grado di orientare i Paesi nella definizione di politiche efficaci e capaci di gettare basi solide per la gestione della non autosufficienza in un contesto demografico e sociale che, come del resto anche i dati stanno evidenziando, presenta sempre maggiori criticità. In questi termini, la Commissione sembra ritenere imprescindibile non solo la creazione di servizi di long-term care tempestivi e che garantiscano standard di vita dignitosi per gli assistiti, ma anche l’incremento di sistemi di assistenza professionali capaci di colmare le evidenti lacune territoriali nell’accesso alle cure di base, ad oggi rinvenibili nei diversi Paesi dell’Unione. Ciò, non da ultimo, anche attraverso una progressiva digitalizzazione del settore. Per perseguire tale obiettivo, accanto ai processi di sostegno ai caregiver familiari, spesso donne, dovranno allora essere incentivate la promozione e la diffusione di cure prestate formalmente da soggetti qualificati, a condizioni economiche che siano accessibili anche ai meno abbienti.

 

La strategia europea in materia di cura e assistenza alla persona sembra, pertanto, essere volta alla promozione della formazione e professionalizzazione degli operatori del settore, così da sollevare innanzitutto almeno in parte i familiari assistenti da oneri di cura sempre più gravosi e sotto un’altra prospettiva, al fine di incoraggiare l’ingresso e la permanenza nel mercato del lavoro di soggetti che, altrimenti, rischierebbero di rimanere esclusi a causa della loro scarsa professionalizzazione e della carenza di competenze specifiche. Perché ciò possa essere possibile, tuttavia, gli Stati membri dovranno inevitabilmente programmare lo stanziamento di adeguati finanziamenti per l’assistenza a lungo termine, anche avvalendosi, ove necessario, dei fondi messi a disposizione dall’Unione Europea stessa.
 
Attraverso la promozione e la diffusione della European Care Strategy for caregivers and care receivers, la Commissione Europea sembra aver chiesto un netto cambio di rotta nella gestione della non autosufficienza ai propri Stati membri e, in particolar modo, a quelli che hanno storicamente promosso una gestione familista della cura. Tra questi figura indubbiamente anche l’Italia, che l’Eurostat ha recentemente confermato essere la nazione più anziana d’Europa (con un’età media di 47,6 anni contro i 44 anni medi della popolazione europea) e che, inevitabilmente, dovrà interrogarsi circa l’adeguatezza delle politiche e degli interventi in materia, adottati nel corso degli ultimi decenni. Non è infatti un mistero che, nel nostro Paese, gli interventi legislativi in materia di assistenza abbiano quasi sempre esclusivamente virato sull’implemento di strumenti per il sostegno dei cosiddetti caregivers familiari. Si pensi, a tal proposito, non solo alle diverse statuizioni delle recenti Leggi di Bilancio 2018 e 2019, ma anche -a titolo meramente esemplificativo- a disposizioni più risalenti, quali quelle rinvenibili nella l. n. 104/1992. Pur nell’intento, di indubbio valore, di provare ad alleggerire il ruolo e i compiti dei caregiver familiari, rendendo più sostenibili oneri di cura sempre più pressanti, le richiamate normative hanno infatti finito con il trasformare le famiglie in veri e propri «ammortizzatori sociali» (M. Magnani, La famiglia nel diritto del lavoro, WP CSDLE Massimo D’Antona n. 146/2012, p. 2) riversando sulle stesse – e in particolar modo sulle donne – quegli oneri che lo Stato non riesce più a gestire. Ciò che sembra infatti ancora oggi mancare è una progettualità che, prendendo definitivamente coscienza della crisi del nostro sistema di welfare, sappia adottare politiche non solo idonee al sostegno all’irrinunciabile ruolo dei familiari, ma anche in grado di gettare basi solide per la costruzione di un mercato del lavoro di cura capace di intercettare i bisogni della popolazione.
 
Sfidante, in questa prospettiva, appare allora essere, per il nostro Paese, la prospettiva promossa a livello comunitario. Si tratterà in particolar modo di comprendere se ed eventualmente con quali strumenti giuridici, nel solco di una strategia almeno in parte tracciata anche dalla Legge di Bilancio 2022 (per un approfondimento sul punto si veda L. Casano, Legge di bilancio e non autosufficienza: spunti per una riflessione sulla costruzione di un mercato del lavoro di cura, in Bollettino Adapt 10 gennaio 2022, n. 1), l’Italia, passando attraverso il definitivo riconoscimento del valore di mercato della professionalità nel settore della cura, sappia costruire una infrastruttura in grado di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Il tutto in un settore che, appare ormai chiaro, non può più essere lasciato all’esclusiva gestione informale dei caregiver familiari o, ancora, al lavoro irregolare, nella quasi totale assenza di tutele per assistenti e assistiti.
 
Irene Tagliabue

Assegnista presso il Dipartimento di Economia Marco Biagi

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@TagliabueIrene

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