Controlli e responsabilità solidale in vista su codatorialità e distacchi nei contratti di rete

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Con la Circolare n. 7/2018 l’Ispettorato affronta nuovamente la tematica relativa ai contratti di rete.

 

L’elemento centrale della Circolare è certamente costituito dalla parte relativa alla estensione della responsabilità solidale di cui all’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003 anche alle ipotesi di distacco e codatorialità all’interno del contratto di rete (con un intervento che potrebbe definirsi gemello rispetto a quello operato in pari data con la Circolare n 6/2018 ed avente ad oggetto i contratti di subfornitura, i consorzi ed i distacchi, anche transazionali).

 

In particolare, l’Ispettorato precisa che «le eventuali omissioni afferenti il trattamento retributivo o contributivo espongono a responsabilità tutti i co-datori, a far data dalla messa “a fattor comune” dei lavoratori interessati».

 

Sul punto, deve quindi registrarsi una evidente inversione di rotta dell’Ispettorato rispetto a quanto riportato nella Circolare del Ministero del Lavoro n. 35/2013. In tale Circolare, infatti, il Ministero rilevava che «Sul piano di eventuali responsabilità penali, civili e amministrative – e quindi sul piano della sanzionabilità di eventuali illeciti – occorrerà quindi rifarsi ai contenuti del contratto di rete, senza pertanto configurare “automaticamente” una solidarietà tra tutti i partecipanti al contratto». Ciò anche sulla scorta del differente dettato normativo dell’art. 30, comma 4-ter, d.lgs. n. 276/2003 rispetto a quanto invece previsto, invece, al successivo art. 31, comma 3-quinquies, che, in tema di assunzione congiunta nelle imprese agricole, stabilisce espressamente la responsabilità solidale di tutti i soggetti datoriali in tema di obbligazioni contrattuali, previdenziali e di legge.

 

Tale diversa interpretazione è espressamente ricollegata agli effetti della sentenza n. 254 del 6 dicembre 2017 della Corte Costituzionale la quale, rilevata la necessità di una lettura costituzionalmente adeguata del suddetto art. 29, comma 2, ha affermato il principio per cui «la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento».

 

Si può quindi ritenere che l’Ispettorato, al fine di fornire indicazioni operative chiare ed anche al fine indiretto di una responsabilizzazione delle imprese, abbia ritenuto di affermare il principio per cui ogni volta che si è in presenza di un valido e registrato contratto di rete, qualsiasi ipotesi di distacco o codatorialità realizza una ipotesi di decetramento. Le imprese sono quindi avvisate in quanto in tali casi, ed in particolare nei casi di omessi o non corretti versamenti contributivi, l’ispettore provvederà “automaticamente” a rilevare la solidarietà dei soggetti facenti parte della rete, fatta salva, evidentemente, la possibilità per le imprese coinvolte di testare in giudizio la tenuta dell’interpretazione dell’Ispettorato, soprattutto se generalizzata, ossia se applicata anche nei confronti di imprese che non hanno materialmente usufruito (in senso assoluto o nel caso specifico) di tali distacchi o codatorialità.

 

Sempre in tema di responsabilità solidale, l’Ispettorato ne approfitta poi per ribadire che ciò che rileva è il trattamento economico e normativo cui ha diritto il lavoratore, ossia quello previsto dal contratto collettivo applicato dal datore di lavoro che procede all’assunzione. Sul punto, opportunamente, l’Ispettorato richiama la regola di carattere generale che prevede che, ferma restando la scelta del CCNL da applicare al rapporto in corso, in materia contributiva vige comunque il principio del c.d. contratto leader, ossia quello stipulato dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione d’importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo concretamente applicato dall’azienda. In questo senso quanto previsto dall’art. 1, comma 1, d.l. n. 338/1989, convertito in l. n. 389/1989 per come interpretato dall’art 2, comma 25, legge n. 549/1995 (nonché, ulteriormente, dalla Circolare Inps n. 19/2017).

 

Ne consegue che, laddove tale previsione normativa non dovesse risultare rispettata, gli enti ispettivi potrebbero dunque procedere a contestare al datore di lavoro il mancato versamento di quanto dovuto, procedendo conseguentemente al relativo recupero e facendo pertanto scattare, in tale caso, il vincolo di solidarietà in capo a tutte le aziende in rete.

 

La Circolare poi offre ulteriori punti interessanti.

 

Anzitutto, il documento viene emesso prendendo spunto da alcuni annunci di società che offrirebbero manodopera, ricollegate a distacco e codatorialità, a condizioni economiche particolarmente vantaggiose. Sul punto, il Ministero chiarisce immediatamente che «la diffusione di meccanismi finalizzati a trarre vantaggi economici (passa n.d.r.) attraverso una evidente violazione di diritti fondamentali dei lavoratori dando luogo ad ipotesi di somministrazione e distacco illegittimi».

 

Pare opportuno ricordare che la finalità complessiva del distacco, che avvenga in rete o meno, è quella anzitutto di soddisfare un interesse proprio del soggetto distaccante che non deve essere ricollegato al mero lucro direttamente ricollegato al distacco medesimo. In altri termini, dovrebbe trattarsi di una operazione neutra da un punto di vista economico del distaccante. Per esprimere il concetto utilizzando le parole del Ministero, «poiché il lavoratore distaccato esegue la prestazione non solo nell’interesse del distaccante ma anche nell’interesse del distaccatario, la possibilità di ammettere il rimborso rende più lineare e trasparente anche l’imputazione reale dei costi sostenuti da ogni singola società. In questo senso l’importo del rimborso non può superare quanto effettivamente corrisposto al lavoratore dal datore di lavoro distaccante. Ciò che differenzia il distacco dalla somministrazione, infatti, è solo l’interesse del distaccante. Mentre il somministratore realizza il solo interesse produttivo della somministrazione a fini di lucro, il distaccante soddisfa un interesse produttivo diversamente qualificato, come l’interesse al buon andamento della società controllata o partecipata» (Circolare Ministero del Lavoro n. 3/2004).

 

Potrebbe quindi trarre in inganno quanto previsto dalla ormai datata Risoluzione 05.0.2002, n. 346/E dall’Agenzia delle Entrate in tema di rilevanza o meno ai fini IVA del distacco posto che ivi si stabilisce la irrilevanza ai fini IVA del mero rimborso e, viceversa, la totale rilevanza non solo per il rimborso inferiore ma anche per quello superiore al costo.

 

Ciò significa che le aziende devono porre particolare attenzione anche al caso in cui l’operazione di distacco o codatorialità di dipendenti ad un costo superiore rispetto a quello dei dipendenti medesimi venga correttamente riportata in fattura (ossia con rilevanza a fini IVA) in quanto la legittimità dell’operazione medesima ai fini fiscali non aggiunge nulla in tema di legittimità o meno del distacco. Laddove, poi, la fattura preveda effettivamente il rimborso esclusivo del costo dei lavoratori ma poi le parti provvedano ad ulteriori regolazioni economiche basate su fittizi servizi svolti dal distaccante, allora si scollina sul versante della piena consapevolezza del soggetto distaccatario al raggiro delle norme.

 

Oltre a ciò, la Circolare ne approfitta anche per chiarire la applicabilità ai distacchi e codatorialità infrarete della disciplina del distacco contenuto prevista in materia di sicurezza (art. 3, comma 6, d.lgs. n. 81/2008). Mentre sull’applicazione ai distacchi nei contratti di rete non parevano esservi dubbi, appare certamente opportuna l’estensione interpretativa per analogia della medesima disciplina anche ai lavoratori in regime di codatorialità.

 

Infine, l’Ispettorato chiarisce che la codatorialità è disciplinata dalle medesime disposizioni in materia di distacco ed in particolare dai commi 2 e 3 dell’art. 30. Ipotizzando, dunque, la applicazione, in particolare, di quanto previsto dal comma 3 dell’art. 30 si deve ritenere che il distaccante debba ottenere il consenso del lavoratore nel caso di mutamento di mansioni. Inoltre, l’applicazione di tale norma comporterebbe anche la sussistenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive nel caso di trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km. Tale riferimento potrebbe sovrapporsi a quello previsto dall’art. 4-ter dell’art. 30 d.lgs. n. 276/2003 che prevede, invece, sempre in tema di mobilità dei lavoratori, il riferimento alla disciplina prevista dall’art. 2103 cod. civ.

 

In definitiva, l’intervento dell’INL è da valutarsi complessivamente in termini positivi, soprattutto in quanto fornisce una chiave di lettura ispettiva alle imprese le quali, pertanto, sono in grado di poter prendere gli opportuni accorgimenti. Nel merito, qualche dubbio potrebbe destare l’estensione tout court della responsabilità solidale a tutti i soggetti della rete, indipendentemente dalla valutazione specifica circa la sussistenza di un decentramento produttivo e di un coinvolgimento effettivo della impresa chiamata in solidarietà.

 

Trattandosi di materia assai complicata, le imprese potrebbero avvalersi dei servizi di assistenza e consulenza delle Commissioni di certificazione e della relativa certificazione dei contratti di rete contententi la disciplina delle regole di ingaggio dei lavoratori.

 

Gabriele Bubola

Assegnista di ricerca Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@gbubola

 

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