Biagi, l’uomo e le idee: la sua eredità

BOLOGNA Solo quaranta passi separano il portone marrone di via Valdonica dalla piazzetta che porta il suo nome. Quaranta passi tra il portico dove il professor Marco Biagi fu trucidato dalle Brigate Rosse e lo slargo dove ogni anno il 19 marzo una piccola folla si raduna per ricordare il giuslavorista. Qui, tra le viuzze del ghetto ebraico, nel viavai distratto di studenti, turisti e passanti, in pochi conservano la memoria di quella pagina buia e del sacrificio di un uomo, un padre e un marito, prima ancora che di uno studioso: un servitore dello Stato lasciato solo dallo Stato, bersaglio inerme della follia terrorista. Inutile chiedere agli studenti, troppo giovani, distratti e poco informati per sapere cosa accadde proprio sotto i loro piedi: «Non so chi fosse, davvero è successo qui, a Bologna?», risponde sorpresa Francesca che passa veloce davanti a quel portone, divenuto simbolo, insieme alla bicicletta del professore, di quell’enormità. Daniela, informatica dell’Alma Mater, si ferma nella piazzetta e indica a Sergio il portico: «È successo proprio qui»…

 

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