Avvocati ridotti a… consumatori

Ognuno di noi, nella vita di tutti i giorni, è consumatore, quando acquista beni o servizi che esulino dall’eventuale attività imprenditoriale, commerciale o, appunto, professionale; detta definizione si rinviene all’art. 3 del Codice del Consumo.

Tra le cautele che il legislatore del 2005 ha assunto in favore del consumatore, oltre al raddoppio del termine per la garanzia (2 anni, anziché 1) ed alla facoltà di esercizio del diritto di recesso (per i contratti conclusi a distanza o al di fuori dei locali commerciali), da far valere nei 14 giorni dalla conclusione del contratto, c’è anche quella della «nullità di protezione», prevista e regolata dall’art. 36 del D.lgs 206/2005.

E’ a questa disposizione, dunque, che i firmatari della proposta di legge n. 4574 del 7 luglio 2017, titolata “disposizioni in materia di equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati”, hanno inteso fare riferimento, per regolare i rapporti tra gli avvocati ed i “clienti forti”.

Così, dunque, come per i consumatori, anche per gli avvocati, ferma restando la validità del contratto, verrebbero private di efficacia quelle clausole (anche) vessatorie – per le quali è richiesta la doppia sottoscrizione – che contengano una sproporzione, ancorché oggetto di specifica negoziazione. Detta nullità, rilevabile d’ufficio anche dal Giudice, potrebbe essere fatta valere solo a favore del consumatore (o dell’avvocato)…

 

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