Apprendistato e COVID-19: inquadramento generale e gestione dell’apprendistato professionalizzante

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Bollettino ADAPT 30 marzo 2020, n. 13

 

Se l’azienda in cui lavora l’apprendista sospende l’attività produttiva, deve essere di conseguenza prolungata la durata del contratto? Durante il periodo di sospensione, l’apprendistato può (o deve?) comunque ricevere formazione? Queste sono alcune delle domande che possono sorgere a proposito della gestione dei rapporti do fai apprendistato al tempo del COVID-19. Il presente articolo vuole provare a rispondere ad alcune di esse, anche limitandosi ad indicare criteri orientativi con i quali affrontare le principali criticità, in attesa di interventi chiarificatori da parte dei Ministeri competenti. Per approfondimenti dedicati all’apprendistato “duale” (di primo e terzo livello), si rimanda all’articolo dedicato.

 

Un primo elemento da tenere a mente è la valenza formativa di tale fattispecie contrattuale. Detto in altre parole, senza formazione, non c’è apprendistato. Quindi, risultano immediatamente impraticabili quelle soluzioni che immaginano una sospensione dello svolgimento del percorso formativo e una normale prosecuzione dell’attività lavorativa, o viceversa. Le due dimensioni, formativa e lavorativa, si presentano sempre – necessariamente – unite. A partire da questo primo criterio orientativo è possibile approfondire alcune specifiche problematiche, suddividendole per tipologia di apprendistato.

 

In caso di sospensione dell’attività produttiva, l’apprendista (di ogni livello) può svolgere formazione esterna o interna? 

 

L’apprendista professionalizzante gode della CIGO, della CIGS e della cassa in deroga. Nel periodo durante il quale riceve il trattamento il rapporto è sospeso e così ogni adempimento formativo (riferito sia alla formazione interna che esterna). Per quanto concerne gli apprendisti di primo e terzo tipo, pur sospendendosi anche nel loro caso il rapporto di lavoro, questi non ricevono il trattamento di cassa integrazione. La sospensione del rapporto di lavoro non esclude ovviamente la partecipazione dell’apprendista ai percorsi ordinamentali, che anzi può considerarsi doverosa in ottemperanza del dovere di istruzione sancito dalla Costituzione. Può ragionevolmente immaginarsi che, al termine del periodo di sospensione del contratto, le ore di scuola o università frequentate possano poi computarsi ex post ai fini del raggiungimento del monte ore di formazione esterna.

 

È possibile, durante le ferie, svolgere formazione esterna o interna?

 

No, durante le ferie l’apprendista non può svolgere le ore di formazione interna ed esterna. Il riposo è un diritto non disponibile. Può invece accadere il contrario: quando la scuola è ferma (anche se l’anno scolastico resta attivo) il ragazzo può svolgere le ore di lavoro, come effettivamente accade nelle più note esperienze di apprendistato di primo livello. Discorso analogo è ovviamente possibile farlo per quanto riguarda l’apprendistato di terzo livello.

 

È possibile licenziare l’apprendista in questo periodo?

 

Al contratto di apprendistato si applica la normativa vigente per il licenziamento illegittimo relativa agli ordinari rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 42, comma 3, primo periodo, d.lgs. 81/2015. A tal proposito si segnala che il Decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 (il c.d. Cura Italia) all’art. 46 prescrive che «a decorrere dalla entrata in vigore del presente decreto, l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4,5 e 24 della legge n. 223/1991 è precluso per sessanta giorni e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti successivamente alla data del 23 febbraio 2020. Sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro indipendentemente dal numero dei dipendenti non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/1966». In sintesi, dal 17 marzo al datore di lavoro è precluso la possibilità di procedere con licenziamenti collettivi o licenziamenti per giustificato motivo e ciò vale anche nei casi in cui il lavoratore sia un apprendista.

 

Si pone un problema in caso di licenziamento ex art. 42, comma 3, secondo periodo. Ai sensi di questa norma, nel contratto di apprendistato di primo livello, «costituisce giustificato motivo di licenziamento il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi come attestato dall’istituzione formativa». Il legislatore del 2015 non ha specificato se il giustificato motivo sia oggettivo o soggettivo, né quello del 2020 ha fatto qualche precisazione in una materia che si rivela dunque piuttosto ambigua, essendo legittimo – come anticipato – soltanto il licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Al di là del dato letterale, il licenziamento dell’apprendista che non raggiunge gli obiettivi formativi – l’apprendista “bocciato” per esempio – può ritenersi legittimo per due ragioni. In primis, alla luce della ratio dell’art. 46 del d.l. n. 18/2020, l’obiettivo della norma è quello di escludere il licenziamento dei lavoratori per motivi di carattere esclusivamente economico, in pendenza di un periodo di profonda e straordinaria crisi economica causato dalle misure restrittive contenute nello stesso decreto legge. In secundis, non può non ritenersi che il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi che dipenda dallo scarso impegno dell’apprendista non integri un giustificato motivo soggettivo per disporne il licenziamento. Rimane salva la possibilità che il datore di lavoro licenzi l’apprendista per giusta causa, per giustificato motivo soggettivo o nell’esercizio della facoltà di recesso ex art. 42, comma 4, d. lgs. 81/2015: qualora il termine del periodo di apprendistato sopraggiunga in pendenza delle misure restrittive le parti possono comunque «recedere dal contratto, ai sensi dell’articolo 2118 del codice civile, con preavviso decorrente dal medesimo termine».

 

Pare opportuna una precisazione in riferimento al recesso del contratto di apprendistato duale, in cui il termine del periodo di apprendistato coincide con il conseguimento del titolo di studio. Nell’ipotesi, in cui l’apprendista dovesse conseguire il titolo durante un periodo di sospensione del contratto di apprendistato, come potrebbero esservi in questa fase di frequenti sospensioni della produzione, il datore di lavoro che non vorrebbe confermare in servizio il giovane dovrebbe esercitare il suo diritto di recesso, nel rispetto del preavviso ex art. 2118, al momento del conseguimento del titolo. Altrimenti, una volta conclusi i periodi di sospensione della produzione e del contratto di apprendistato, il rapporto di lavoro proseguirebbe come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

 

L’azienda può erogare la formazione interna a distanza ad un apprendista di secondo livello? 

 

Le modalità di erogazione, i contenuti e il monte ore della formazione interna, cioè svolta sotto la responsabilità dell’azienda, sono indicate dalla contrattazione collettiva. Alla luce di ciò, può ragionevolmente ritenersi che, ove il contratto collettivo applicato in azienda non preveda alcun divieto ad hoc, la formazione interna possa essere erogata anche “a distanza”, e quindi essere svolta anche nel caso in cui l’apprendista sia in smart working.

 

Il datore di lavoro ha la facoltà di determinare, anche modificando il Piano Formativo Individuale, quante ore di formazione interna svolgere a “distanza” ed, eventualmente, quante posticiparne al termine delle misure restrittive. È infatti importante sottolineare come il PFI dell’apprendista sia sempre modificabile, se la ratio di un intervento di questo genere è il raggiungimento delle finalità formative. Inoltre, in assenza di ulteriori indicazioni della contrattazione collettiva, le ore di formazione interna svolte a distanza potranno “pesare”, ai fini del raggiungimento del monte ore stabilito dal PFI, come quelle effettivamente svolte in presenza.

Una criticità potrebbe emergere nel caso in cui la durata di tale periodo formativo svolta a distanza diventi preponderante, o comunque sia considerevole, rispetto alla durata totale prevista dal PFI. Questo perché, come ricordato nella nota n. 1118 del 17 gennaio 2019 del Ministero del Lavoro, dedicata alla possibilità di distaccare apprendisti, è necessario che il tutor aziendale sia “prossimo” all’apprendista al fine di accompagnarne e valutarne il percorso formativo. Nulla vieta, però, di affrontare tale criticità grazie al confronto, anche a distanza, tra tutor e apprendista: tale rapporto, seppur mediato, non perde la sua valenza formativa. La formazione interna correttamente svolta si realizza solamente in un “affiancamento”: anche pedagogicamente questa dimensione del “fare insieme” non deve essere persa, pena la riduzione dell’apprendistato a un mero contratto di inserimento del giovane in azienda.

 

Come fare se l’apprendista di secondo livello non può seguire i corsi di formazione esterna, o se questi non sono attivati dalle Regioni?

 

La formazione esterna, finalizzata alla trasmissione di competenze di base e trasversali, è svolta sotto la responsabilità delle Regioni ed è da considerarsi obbligatoria se finanziata, regolamentata, accessibile per il datore di lavoro e l’apprendista e se avviabile entro 6 mesi dalla data di assunzione dell’apprendista. La sua regolamentazione è in capo alle Regioni, che dettagliano ulteriormente le modalità con cui accedervi. In questo senso, se le disposizioni regionali permettono la realizzazione del percorso formativo a distanza, la formazione di base e trasversale deve essere svolta e se l’apprendista non vi accede, il datore di lavoro incappa nelle sanzioni previste dall’art. 47 comma 1 del d.lgs. n.81/2015. Inoltre, se la formazione è disponibile ed accessibile ma il datore di lavoro non permette all’apprendista di usufruirne, è possibile anche che, in sede giudiziaria, il rapporto possa essere convertito in normale rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, data la mancanza della dimensione formativa che, come visto in precedenza, sostanzia il contratto di apprendistato. Se invece è la Regione o Provincia Autonoma che, per diversi motivi, non rende accessibile l’offerta di formazione pubblica, il datore di lavoro può ritenersi esonerato dall’impartire all’apprendista la formazione di base e trasversale, fatto salvo quanto disposto dalle regolamentazioni regionali e dalla contrattazione collettiva e ferma restando la possibilità (non l’obbligo) di erogare anche la formazione di base internamente, ma con spese a proprio carico.

 

Paolo Bertuletti

Assegnista di ricerca

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@PaoloBertuletti

 

Matteo Colombo

ADAPT Junior Fellow

@colombo_mat

 

Giorgio Impellizieri

ADAPT Junior Fellow

@Gimpellizzieri

 

Emmanuele Massagli

Presidente ADAPT

@EMassagli

 

Apprendistato e COVID-19: inquadramento generale e gestione dell’apprendistato professionalizzante
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