Amazon, la crescita infelice

 assume. E’ un colosso multinazionale che rappresenta l’uscita dalla crisi. E che uscita. Cresce a livello esponenziale. Moltiplica, giorno dopo giorno, vendite in tutto il mondo. Sbaraglia negozi, centri commerciali, persino outlet. In pochi mesi sta rivoluzionando la geografia del commercio, spazzando vecchi mestieri e inventandone di nuovi. Dimostra che il cambiamento può demolire vecchi mestieri, ma anche crearne di nuovi.

Eppure gli operai di Amazon,  nei giorni scorsi, hanno scioperato. Nel black friday, il nuovo giorno immolato ai super sconti, quello che – altra novità – ha surclassato il primo giorno dei saldi. Roba vecchia. Hanno scioperato nel giorno più importante dell’e-commerce. Come se i negozi che vendono alberi di Natale scioperassero alla vigilia di Natale.

Hanno scioperato perché molti di loro lavorano in condizioni disumane. Pause ridicole per mangiare, tempo razionato per il bagno, macinare 20 chilometri lungo lo stabilimento per sistemare i pacchi. Capi che fanno pressioni indebite, piccole violenze psicologiche, malattie da lavoro, uso abnorme di psicofarmaci. Questo raccontano le inchieste. Magari esagerano? Non lo so. Forse. Ma anche al netto di possibili esagerazioni, qualche problema deve esserci se una azienda apparentemente in grande salute, che assume anziché licenziare, viene fermata da migliaia di operai che, altrimenti, dovrebbero solo festeggiare…

 

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Amazon, la crescita infelice
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