Alcune riflessioni sul Decreto Flussi 2023

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Bollettino ADAPT 20 marzo 2023, n. 11
 
Sono 82.705 le unità che compongono per l’anno 2023 i c.d. “flussi di ingresso” di lavoratori stranieri, regolamentati dall’art.3 comma 4 del D.Lgs. n.286 del 25 luglio 1998 (TU sull’immigrazione) e che rappresentano la modalità ordinaria di accesso dei cittadini stranieri extra UE al mercato del lavoro italiano. È quanto ha stabilito il DPCM del 29 dicembre 2022, pubblicato sulla GU n. 21 del 26 gennaio 2023. In particolare 24.105 unità sono state riservate dall’art.3 del DPCM a 32 nazionalità pre-concordate, per ingressi per lavoro subordinato non stagionale nei settori dell’autotrasporto, dell’edilizia, turistico-alberghiero, della meccanica, delle telecomunicazioni, dell’alimentare e della cantieristica navale. Potranno così essere soddisfatti alcuni fabbisogni riscontrabili nei singoli territori, in proporzione alla ripartizione provinciale delle quote definita con ulteriore provvedimento ministeriale. Nell’ambito del quantitativo complessivo consentito dal DPCM rientra anche la possibilità di conversione, in permessi di soggiorno per lavoro subordinato, di 4.400 permessi per lavoro stagionale e 2.000 permessi per studio, tirocinio e formazione professionale, per soddisfare qualche specifica esigenza. Il maggiore contingente, pari a 44.000 unità, è tuttavia riservato ai lavoratori stagionali del settore agricolo e turistico, quindi sostanzialmente supplisce a necessità temporanee, non strutturali del mercato del lavoro nazionale. Tre gli aspetti più evidenti dei contenuti del nuovo DPCM:
 
– il numero complessivo degli ingressi consentiti sembra molto contenuto rispetto alle esigenze di vari territori, in quanto la ripartizione sostanzialmente comporta, anche nelle province con mercato del lavoro dinamico, la possibilità di poche centinaia di assunzioni complessive;

– la selezione del personale straniero è difficoltosa, dovendosi riscontrare una convergenza non agevole tra nazionalità autorizzabile, settore ammesso, tipologia contrattuale consentita, reperibilità presso i centri per l’impiego territorialmente competenti di profili rispondenti alle caratteristiche richieste dal datore di lavoro, idonei e disponibili;

– l’attivazione dell’iter autorizzativo è rimessa ad un c.d. click day, atteso che le richieste – molto superiori alle quote– sono consentite dalle ore 9.00 del sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione del DPCM ed esaurite in ordine cronologico, venendo così privilegiata la tempestività dell’inoltro dell’istanza piuttosto che l’effettiva esigenza di inserimento.
 
La procedura quindi è riferita a quantitativi limitati, rigida, complessa e dall’esito inevitabilmente incerto, sembra pertanto poco utile per supportare piani strutturati di inserimento al lavoro.

È peraltro evidente una distonia tra la gestione degli accessi migratori perseguita attraverso i flussi ordinari e le numerose modalità di inserimento in deroga ai flussi che, negli anni successivi alla decretazione introduttiva dell’attuale TU sull’immigrazione, sono state definite con vari provvedimenti integrativi o modificativi. Attualmente sono infatti consentite, a titolo esemplificativo, le seguenti modalità di accesso extra quote:
 
– ai sensi dell’art.27 lettera a) del D.Lgs. n.286 del 25 luglio 1998 è sempre possibile l’ingresso di “dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sedi o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che abbiano la sede principale di attività nel territorio di uno stato membro dell’Organizzazione mondiale del commercio, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro stato membro dell’Unione europea”. Tali lavoratori possono essere ospitati in distacco per una durata complessiva fino a 5 anni comprensivi di eventuali proroghe;

– ai sensi dell’art.27 lettera f) del D.Lgs. n.286 del 25 luglio 1998 è sempre possibile l’ingresso di “persone che, autorizzate a soggiornare per motivi di formazione professionale, svolgano periodi temporanei di addestramento presso datori di lavoro italiani effettuando anche prestazioni che rientrano nell’ambito del lavoro subordinato”. L’art. 40 comma 9 del D.P.R. n. 394 del 31 agosto 1999, di regolamentazione attuativa del T.U. sull’immigrazione, ha precisato che gli ingressi di cui alla lettera f) si riferiscono a stranieri che, per finalità formativa, svolgono in unità produttive italiane attività nell’ambito di un rapporto di tirocinio funzionale al completamento di un percorso di formazione professionale;

– ai sensi dell’art.27 lettera i) è sempre possibile l’ingresso di “lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all’estero e da questi direttamente retribuiti, i quali siano temporaneamente trasferiti dall’estero presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto stipulato tra le predette persone fisiche o giuridiche residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede all’estero”, nel rispetto delle disposizioni sugli appalti rinvenibili nel codice civile e nel D.Lgs. n. 276 del 10 settembre 2003 nonché delle procedure di cui al D.Lgs. n.136 del 17 luglio 2016, concernente il distacco di lavoratori nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi;

– ai sensi dell’art.27 quinquies del D.Lgs. n.286 del 25 luglio 1998 è sempre possibile l’ingresso per lavoro subordinato a seguito di un c.d. trasferimento intra-societario ossia per distacco temporaneo in Italia di un lavoratore straniero impiegato, da almeno tre mesi, alle dipendenze di un’impresa stabilita al di fuori dell’Unione Europea. Il destinatario deve essere una sede/filiale/rappresentanza, situata in Italia, dell’impresa da cui dipende il lavoratore trasferito oppure un’impresa appartenente al medesimo gruppo di imprese, ai sensi dell’art.2359 c.c. configurandosi in tal caso un c.d. distacco infra-gruppo. Gli stranieri interessati possono essere dirigenti, lavoratori specializzati, lavoratori in formazione e la durata del trasferimento intra-societario è consentita fino a 3 anni per i dirigenti e i lavoratori specializzati, fino ad un anno per i lavoratori in formazione;

– è sempre possibile l’ingresso con “carta blu UE”, ai sensi del D.Lgs. n.108 del 28 giugno 2012. Questa procedura riguarda i lavoratori extraUE, altamente qualificati, che intendono svolgere in Italia prestazioni lavorative retribuite per conto o sotto la direzione o il coordinamento di un’altra persona fisica o giuridica. Le qualifiche professionali devono essere certificate da idonei titoli di studio e attestati di qualifica, rilasciati dallo Stato di provenienza, validamente riconosciuti in Italia.
 
L’impostazione del vigente modello di gestione degli ingressi di lavoratori stranieri per motivi di lavoro quindi distingue sostanzialmente tra professionalità basse assoggettate al “decreto flussi” e professionalità elevate, destinatarie di specifiche procedure autorizzative non condizionate dal sistema delle quote. Ne consegue una evidente distonia e l’impressione generale di un sistema complessivo di governo dei flussi migratori forse non corrispondente alle effettive dinamiche del mercato del lavoro. Il matching tra lavoratori stranieri disponibili ed esigenze aziendali di inserimento al lavoro, nel contesto attuale, può infatti incorrere in criticità che prescindono dall’esecuzione di appalti, dalla presenza/assenza di rapporti societari tra le imprese interessate ad operazioni di distacco, dall’elevata professionalità e/o dal titolo di studio, dalla sussistenza di esigenze formative. Inoltre il modello attuale risulta fortemente accentrato, in quanto sia la definizione dei flussi e la relativa ripartizione, sia il riconoscimento di ingressi in deroga, sono rimesse sostanzialmente a provvedimenti del Ministero del Lavoro ed a valutazioni della direzione centrale o delle relative articolazioni territoriali.
 
Non è riconosciuta alle amministrazioni regionali e provinciali, seppure direttamente interessate alle problematiche occupazionali territoriali, gestite attraverso la rete dei centri per l’impiego, alcuna effettiva facoltà decisionale concorrente. Un parziale coinvolgimento effettivo di Regioni, Province autonome ed enti locali è previsto solo dall’art.23 del TU sull’immigrazione per l’eventuale programmazione di interventi formativi approvati dal Ministero del Lavoro e dal Ministero dell’Istruzione, da svolgersi all’estero in funzione del successivo ingresso in Italia degli stranieri per motivi di lavoro.  Nella determinazione degli ordinari flussi di ingresso l’art.21 del TU sull’immigrazione attribuisce invece alle sole Regioni la sola facoltà di proporre rapporti annuali sulla presenza e condizione degli immigrati, nonché indicazioni previsionali riferite ai flussi ritenuti sostenibili nel successivo triennio, in relazione alla capacità di assorbimento del territorio.  Si tratta quindi di un ruolo meramente consultivo, nell’ambito di un processo fortemente accentrato.
 
Forse una formula efficace, per ridefinire il sistema autorizzativo dei flussi di ingresso, rendendolo più adeguato alle esigenze del mercato del lavoro nazionale nelle molteplici differenziazioni territoriali che lo contraddistinguono, potrebbe consistere proprio nel conferimento di una maggiore delega decisionale alle amministrazioni regionali, provinciali e locali nella definizione dei flussi di ingresso. Il decentramento territoriale peraltro negli ultimi anni ha caratterizzato molti ambiti di governo del mercato del lavoro. Si consideri il percorso avviato con il D.Lgs. n.469 del 23 dicembre 1997 ed approfondito da ultimo dal D.Lgs. n.150 del 14 settembre 2015 e successive modifiche/integrazioni, concernente molte funzioni amministrative correlate all’inserimento al lavoro, all’accesso agli ammortizzatori sociali etc. Con approccio coordinato, un analogo percorso di decentramento potrebbe forse essere opportunamente applicato anche al governo delle dinamiche migratorie in ingresso per ragioni di lavoro. Il superamento della problematica data dall’inadeguatezza dei flussi permetterebbe anche di superare di fatto la distonia tra professionalità elevate e professionalità non elevate proprie dell’attuale modello. Non sembra tuttavia che le parziali modifiche ed adattamenti del TU sull’immigrazione, recentemente introdotti dal D.L. n.20 del 10 marzo 2023, segua questo possibile orientamento.
 
Stefano Malandrini

Confindustria Bergamo

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