Rischi psicosociali e stress lavoro-correlato: quali costi per le aziende e per la società?

La crisi finanziaria che ha colpito l’Italia e altri Paesi occidentali non costituisce solo una preoccupazione economica, ma pregiudica tutte le dimensioni sociali della popolazione e, tra queste, la salute è una delle più importanti.
 
Difatti, alcuni effetti diretti della crisi economica sulla salute sono rintracciabili in sintomi legati ai rischi psicosociali e ai fattori da stress lavoro-correlato, a causa delle eccessive pressioni e carichi di lavoro notevoli che le aziende sono costrette a richiedere ai propri dipendenti per rimanere competitive e mantenersi sul mercato.
 
Su questo argomento, un’analisi statistica pubblicata dal Ministère du Travail, de l’Emploi, de la formation professionnelle et du Dialogue social, “Risques psychosociaux et situation economique des entreprises”, 2015, rileva che la situazione economica delle imprese determina in parte i rischi psicosociali a cui i lavoratori sono esposti. In particolare, i dipendenti delle imprese “in crisi” devono sostenere una maggiore precarizzazione del lavoro, ma anche un lavoro più intenso e, di conseguenza, la loro salute mentale viene soffocata da fattori stressogeni. I dipendenti delle imprese “in “crescita”, invece, dichiarano meno insicurezza economica, ma anche meno tensione sul posto di lavoro e il loro stato di salute ne subisce una influenza benefica.
 
Inoltrandoci, ancor di più, su questo argomento, risulta, di particolare rilevanza, un recente Report pubblicato da EU_OSHA “Calculating the cost of work-related stress and psychosocial risks”. Esso rappresenta una revisione della letteratura scientifica che approfondisce gli effetti riguardanti l’onere finanziario dello stress lavoro-correlato e dei rischi psicosociali sul luogo di lavoro di studi europei, canadesi, australiani e statunitensi a livello di costi per la società, per le imprese e per l’individuo.
 
In questa sede, si esamineranno le analisi emerse sui costi aziendali e sull’onere economico delle malattie collegate a situazioni di stress e alla presenza di fattori di rischio psicosociali nell’ambiente di lavoro, quali: depressione, malattie cardiovascolari, disturbi muscolo scheletrici e diabete.
 
Con riferimento ai costi aziendali, il Report rileva che le imprese pagano notevoli costi diretti ed indiretti dovuti ai rischi psicosociali e allo stress lavoro-correlato. Tali costi sono dovuti principalmente all’assenteismo, alla diminuzione della produttività, all’abbassamento delle prestazioni dei lavoratori, all’incremento del turn-over e al presentismo dei dipendenti.
I settori che risentono di più dei costi dello stress sono: la sanità, la scuola, l’edilizia, il turismo e la pubblica amministrazione.
 
Spostando l’attenzione sulle malattie croniche, in primo luogo sulla depressione legata al lavoro, il costo europeo è stato stimato in 617 miliardi di euro l’anno (Matrix, Economic analysis of workplace mental health promotion and mental disorder prevention programmes and of their potential contribution to EU health, social and economic policy objectives, Executive Agency for Health and Consumers, 2013). Questa stima è la somma dei seguenti fattori: assenteismo e presentismo (272 miliardi di euro), perdita di produttività (242 miliardi di euro), costi sanitari (63 miliardi di euro) e costi di assistenza sociale (39 miliardi di euro).
 
Negli Stati Uniti, invece, la situazione è ben diversa: 83,1 miliardi dollari americani (P. E. Greenberg et al., The economic burden of depression in the United States: how did it change between 1990 and 2000?, Journal of Clinical Psychology, Vol. 64, No 12, pp. 1465– 1475, 2003), comprendenti: spese mediche (26,1 miliardi di dollari americani), costi correlati alle morti per suicidio (5,4 miliardi di dollari americani) e costi legati all’attività lavorativa (51,5 miliardi dollari americani).
 
Per le malattie cardiovascolari, i costi in Europa nel 2009 ammontavano a 196 miliardi di euro l’anno che potevano essere così suddivisi: 54% costi delle spese sanitarie, 24% costi per la perdita di produttività, 22% costi per l’assistenza delle persone con gravi cardiopatie (M. Nichols et al., European cardiovascular disease statistics 2012, European Society of Cardiology, 2012).
Dai dati europei sull’assistenza sanitaria, risulta che, in Italia, per le malattie cardiovascolari tali costi ammontano a 14.488.331 euro (10% della spesa sanitaria del Paese).
 
Per l’ampia gamma di malattie e disturbi muscolo scheletrici, risulta difficile stimarne il costo.
Tuttavia, alcuni autori hanno tentano di quantificare il costo delle malattie muscolo scheletriche (S. Parsons et al., Heavy burden: the occurrence and impact of musculoskeletal conditions in the United Kingdom, The University of Manchester for Arthritis Research UK, 2011), stimando che circa il 2% del PIL viene speso per i costi diretti delle malattie muscolo scheletriche.
 
Quanto al diabete, uno studio di P. Kanavos et al., Diabetes expenditure, burden of disease and management in 5 EU countries, London School of Economics Report, 2012) riporta che nel 2010 i costi in 5 nazioni europee prese a riferimento (Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito) ammontavano a 90 miliardi di euro (per l’Italia 7,9 miliardi di euro).
I dati provenienti dagli Stati Uniti, invece, indicano che il costo del diabete (W.H. Herman, The economic costs of diabetes: is it time for a new treatment paradigm, Diabetes Care, Vol. 36, pp. 775–776, 2013) è passato da 174 miliardi di dollari nel 2007 a 245 miliardi di dollari nel 2012, con un incremento del 41%. Tale costo complessivo del 2012 era costituito da 176 miliardi di dollari per le spese mediche dirette e da 69 miliardi di dollari correlati con la perdita di produttività. In Canada, i modelli economici hanno stimato un costo del diabete di 6,3 miliardi di dollari canadesi nel 2000, e prevedono che entro il 2020 il costo annuo aumenterà a 16,9 miliardi dollari canadesi (Canadian Diabetes Association, An economic tsunami: the cost of diabetes in Canada, 2009).
 
Da quanto descritto finora, si deduce la necessità di stimare con maggiore precisione l’onere finanziario associato al problema dello stress lavoro-correlato, poiché non tutti i costi sono stati presi in considerazione (es. i costi legati al prolungamento dei periodi di malattia).
Inoltre, sulla base del presente scenario, possiamo desumere come sia fondamentale la messa in atto di programmi di prevenzione dei rischi da stress lavoro-correlato, poiché queste azioni preventive possono creare una cultura aziendale protesa alla tutela della salute, diminuendo i costi aziendali e sociali e ponendo l’attenzione su una adeguata organizzazione del lavoro, capace di non incidere sulla salute mentale e fisica dei lavoratori.
 
Fabiola Silvaggi
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Bergamo
@FabiolaSilvaggi
 
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