Politically (in)correct – La battaglia contro le morti bianche si vince in azienda

Bollettino ADAPT 4 ottobre 2021, n. 34

 

Un infortunio sul lavoro – seguito dal decesso di un essere umano, mutilato, schiacciato, soffocato, precipitato, fulminato da una causa violenta improvvisa che sovente ha la forza irresistibile di una macchina che non risponde ai comandi del lavoratore – colpisce e commuove l’opinione pubblica, alla quale l’evento – di per sé grave – viene presentato nei suoi tragici dettagli, nella sua assurdità perché risulta evidente che, nella generalità dei casi, poteva essere evitato. Che una persona, poi – un padre o una madre, un figlio o una figlia, degli amici – perda la vita sul posto di lavoro è una realtà inaccettabile che getta un’ombra su quell’attività che garantisce la stessa dignità della persona e svolge una funzione sociale essenziale.

 

Nessuno può sentirsi persuaso dalle statistiche che rendono testimonianza di un miglioramento della situazione in conseguenza di nuove leggi più organiche e rigorose.  Come fa notare la Confindustria in un documento predisposto in occasione dell’incontro tra il governo e le parti sociali se si considerano gli anni a partire dall’entrata in vigore del Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (D.lgs. 81/2008), emerge chiaramente una tendenza in diminuzione: le denunce di infortunio registrate nel 2019 sono, infatti, di oltre il 26% inferiori rispetto a quelle registrate nel 2009. Questo calo nell’andamento infortunistico è ancor più evidente – sostiene la Confindustria – se non si includono, nel totale, le denunce di infortuni in itinere.

 

Nel 2019 le denunce di infortuni in occasione di – lavoro, infatti, sono risultate 539 mila, in calo dello 0,5% rispetto al 2018 (quasi 542 mila denunce) e di oltre il 30% in meno rispetto al dato del 2009 (quasi 771 mila). Poi, dall’inizio della pandemia la differenza l’hanno fatta gli infortuni da covid-19, con 175mila denunce e 600 decessi. Ma il destino cinico e baro ha voluto che – negli stessi giorni in cui il governo e le parti sociali avevano iniziato ad esaminare ulteriori misure di salvaguardia e tutela sul lavoro – si verificasse una catena di incidenti mortali che hanno colpito l’opinione pubblica e indotto l’esecutivo a promuovere misure immediate. In conferenza stampa il premier Draghi è stato netto: “C’è un’esigenza di prendere provvedimenti immediatamente, entro la settimana prossima e poi ci sarà un piano più organico e strutturale. Intanto – ha aggiunto – bisogna però intervenire subito e alcune delle strade sono pene più severe e più immediate; collaborazione all’interno della fabbrica per l’individuazione precoce delle debolezze. È ovvio che i lavoratori che potranno partecipare a questa operazione non saranno responsabili di nulla. Ringrazio i sindacati per il loro sforzo”. Quanto alle pene più severe ed immediate siamo propensi a ritenere che abbia ragione Bruno Giordano, il magistrato di Cassazione messo a capo, pochi mesi or sono, dell’Ispettorato nazionale del Lavoro (INL) che in una intervista dopo la nomina ha dichiarato: “Dopo 30 anni di attività giudiziaria in materia di sicurezza sul lavoro mi sono convinto che punendo di più non si ottengano maggiori risultati. Occorre prevenire gli incidenti e per farlo servono controlli quantitativamente e qualitativamente incisivi e un rafforzamento del potere sospensivo dell’attività di impresa che già abbiamo”. Proprio su quest’ultimo aspetto sta lavorando il governo nella predisposizione del decreto.

 

Attualmente, la sospensione dell’attività dell’impresa inadempiente è prevista solo in caso di recidiva, mentre, con le modifiche dovrebbe scattare subito, dal momento che, in assenza di una banca dati centralizzata, non è facile accertare la recidiva. Tra le misure che dovrebbero far parte del decreto – ne ha accennato anche Draghi – sarebbe prevista l’istituzione di comitati paritetici operanti a livello delle imprese allo scopo di gestire attività di prevenzione e di formazione (anche con risorse provenienti dal PNRR). Saranno effettuate nuove assunzioni di ispettori che nel giorno di qualche anno dovrebbero arrivare a regime ad un organico di 4.800. Anche in questo caso sarebbe opportuno consolidare i passi in avanti già compiuti prima di azzardarne di nuovi. Infatti, come ha sostenuto Giordano, l’Ispettorato nazionale è tuttora poco più che un acronimo.

 

L’INL è stato costituito nel 2015 con uno dei decreti applicativi del jobs act, con il compito di coordinare ed unificare gli interventi ispettivi di Lavoro, Inps e Inail. “Alcune delle norme più importanti del decreto istitutivo, come il coordinamento dei servizi ispettivi di Inps e Inail, devono ancora essere attuate. Sarebbe un passo fondamentale – ha sottolineato Giordano – per poter fare in una volta sola controlli incrociati sulla regolarità complessiva dell’azienda e sulla posizione contributiva, assicurativa e di sicurezza dei lavoratori. Oggi ogni ispettore guarda alla materia di sua competenza e il coordinamento è affidato alla buona volontà. Dietro però ci sono anche questioni tecniche e informatiche: noi abbiamo un accesso molto parziale alle banche dati di Inps e Inail con le informazioni sulle aziende controllate. Ci stiamo lavorando in queste settimane”. Sarebbe opportuno stringere i tempi. Ma c’è un altro aspetto – che dovrebbe entrare a far parte del decreto in preparazione – che induce qualche perplessità. La misura – l’istituzioni di comitati paritetici nelle azienda – non è inutile, ma sollecita qualche domanda che essa venga proposta. Che fine hanno fatto i rappresentanti per la sicurezza eletti dai lavoratori? Non se ne parla mai e della loro attività non si chiede mai conto in primo luogo ai sindacati. Eppure, queste figure hanno fatto il loro ingresso nell’ordinamento antinfortunistico fin dal 1994 (dlgs n.626) e sono state meglio definite nel Testo Unico del 2008 (dlgs n.81) e successive modifiche.

 

In questo decreto legislativo vi è persino un’intera sezione (la VII) dedicata all’elezione, al funzionamento, al ruolo e ai poteri dei rappresentanti dei lavoratori (in simmetria con la catena di comando che inizia con il vertice dell’impresa). I rappresentanti dei lavoratori sono eleggibili in tutte le aziende anche se piccole o nel territorio. Questi delegati possono disporre, senza perdere la retribuzione, del tempo necessario per svolgere i loro compiti e soprattutto il rappresentante “può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro”. A leggere queste norme verrebbe da aspettarsi una rete di attivisti in collegamento tra di loro tramite le organizzazioni sindacali e in contatto con le ASL a cui spettano i compiti di verifica e controllo. Il fatto che si pensi alla istituzione di comitati paritetici instilla molti dubbi sulla presenza e sull’azione di coloro che, una volta eletti, dovrebbero vigilare sulla sicurezza del loro ambiente di lavoro. Non vi è modo migliore per vincere la battaglia contro le ‘’morti bianche’’ che diventare ‘’ispettori’’ di se stessi e dei propri compagni di lavoro. È una sfida questa che non si vince al di fuori delle mura dello stabilimento.

 

Giuliano Cazzola

Membro del Comitato scientifico ADAPT

 

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