Lavoro, questione numero uno. E la priorità è l’educazione

In sostanza, il lavoro è probabilmente la questione numero uno per gli italiani. Lo ipotizzano i sociologi, ma lo intuiscono anche tutti coloro che ascoltano le preoccupazioni più diffuse dei concittadini. E lo è per molti motivi:
1. Perché è difficile trovare lavoro: una quota enorme, inaccettabile, di una generazione – sotto i 35 anni – fatica a trovarlo e i numeri sono assurdamente vicini al 40%; mentre una parte importante di un’altra generazione – sopra i 55 anni – ha paura di cambiarlo perché se lo perde non lo ritrova; tutto questo blocca il paese, perché impedisce afflusso delle energie innovative dei giovani nel sistema e perché incentiva i meno giovani a conservare le posizioni, viste come le sole condizioni che consentono di aiutare i figli.
2. Perché l’economia e la tecnologia stanno cambiando tanto velocemente che si teme che una quota importante – c’è chi dice vicina alla metà – dei mestieri rischi di essere sostituita dalle funzioni delle nuove macchine (robot, intelligenza artificiale, e così via). Se già oggi è difficile trovare lavoro per importanti fasce della popolazione, rischiamo di avviarci in una fase storica in cui sarà ancora più difficile per moltissimi cittadini. E tutto questo, essendo frutto di una proiezione nel futuro di complicate informazioni sul presente, appare particolarmente complicato da trattare, per la classica confusione tra ciò che è urgente e ciò che è importante.
3. Il sistema economico che prevarrà nel futuro, probabilmente, si concentrerà sul valore generato dalla conoscenza. I robot e l’intelligenza artificiale saranno in grado di sostituire prioritariamente le funzioni ripetitive e quindi i mestieri umani saranno meno ripetitivi, dunque più legati alla capacità di creare, che deriva invariabilmente dalla preparazione e dall’apertura culturale. Ciò equivale a dire che la strada maestra per affrontare il cambiamento nel lavoro è l’istruzione, l’educazione, la dinamica culturale, la ricerca…

 

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