Il mio canto libero – A dieci anni dal testo unico sulla sicurezza troppo formalismo

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Si “celebra” in questi giorni il decimo anniversario dall’entrata in vigore del testo unico in materia di salute e sicurezza nel lavoro. Si devono a Marco Biagi le prime bozze di una raccolta ordinata della pesante legislazione via via sedimentatasi nel tempo e costruita nel presupposto di una economia prevalentemente costruita sui paradigmi della seconda rivoluzione industriale. Consapevole, tuttavia, del fatto che il mondo stesse radicalmente cambiando, Biagi sollecitava contestualmente un approccio alla tutela della salute dei lavoratori “by objectives, not by regulation”, ovvero sostanzialista e non formalista. Di questa necessità abbiamo percezione ancor più oggi nel momento in cui cresce geometricamente la dimensione terziaria e la rigida separazione tra subordinazione e autonomia nei lavori viene superata da modalità ibride della prestazione con allentamento del vincolo spazio-temporale. Ne è testimonianza l’evidente “buco” normativo nella recente disciplina del lavoro agile per il quale il datore di lavoro risponderebbe ancora della sicurezza di luoghi della prestazione liberamente scelti dal lavoratore.

 

Paradossalmente, proprio lo strumento più funzionale ad una gestione per obiettivi delle azioni per la sicurezza, il Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione, non sembra ancora compiutamente operativo a dieci anni dal decreto legislativo che lo ha introdotto e a due anni dal provvedimento che ne ha definito le modalità operative. A questi ritardi ha significativamente concorso la nostra autorità per la privacy con il suo esasperato formalismo che lima le unghie alle zanzare ma non intercetta gli elefanti. Il Sinpi è invero fondamentale per individuare le azioni specifiche che dovrebbero recuperare carenze e inefficienze nei settori merceologici, nelle dimensioni d’impresa, nei territori ove risultano maggiori gli infortuni e le malattie professionali monitorandone poi gli esiti. Analogamente, rimane arretrata la qualità della sorveglianza sanitaria che ogni anno investe circa dieci milioni di lavoratori e che potrebbe rappresentare un contributo straordinario alla più generale politica prevenzionistica nazionale.

 

In base a bandi di gara, alcune amministrazioni pubbliche avrebbero assegnato le visite mediche nei luoghi di lavoro ad una remunerazione di tre euro lasciando presupporre un loro contenuto vile. Eppure, sarebbe auspicabile un approccio olistico alla periodica sorveglianza in modo da implementare il fascicolo elettronico di ciascuno secondo chiavi di accesso differenziate tra datore di lavoro e lavoratore nel rispetto delle norme di riservatezza. Vi è da rilevare che alcune imprese, davvero “socialmente responsabili”, già lo fanno. Si segnala infine la modesta implementazione delle norme tecniche che dovrebbero indurre a perseguire l’applicazione delle tecnologie più evolute, ancor più ora garanzia di maggiore sicurezza degli ambienti di lavoro. Celebriamo insomma il decennale evidenziando i limiti della politica fondata sugli adempimenti formali, gioia di consulenti e dolore di imprenditori, per riproporre la priorità di tutto ciò che concorre in termini concreti a prevenire il danno alla salute dei lavoratori.

 

Maurizio Sacconi
Presidente Associazione Amici di Marco Biagi
@MaurizioSacconi

 

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Il mio canto libero – A dieci anni dal testo unico sulla sicurezza troppo formalismo