Il “falso” lavoratore autonomo nel distacco UE

L’emanazione del D.Lgs. n. 136/2016 che provvede alla attuazione della Direttiva 2014/67/UE e alla riformulazione della disciplina di attuazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco di lavoratori dipendenti nell’ambito di una prestazione di servizi e la recente pubblicazione della circolare INL n. 1/2017 danno lo spunto per accennare ad una importante criticità applicativa.

Si possono avere conflitti di qualificazione nella applicazione della disciplina europea del distacco di lavoratori? La questione riveste una particolare importanza nel settore edile e nel cabotaggio stradale in relazione al distacco di “falso” lavoratore autonomo.

 

La qualificazione giuridica è in prima approssimazione quel procedimento logico secondo il quale una fattispecie concreta viene sussunta in una fattispecie astratta (e in tal modo qualificata), laddove presenti tutte le caratteristiche di quest’ultima. La qualificazione è funzionale alla applicazione alla fattispecie concreta degli effetti giuridici riconnessi alla fattispecie astratta. In altri termini, come si vedrà tra breve, la qualificazione è una operazione interpretativa diretta a determinare l’oggetto di una qualsiasi regola giuridica ovvero il suo ambito di applicazione. Questo procedimento logico-giuridico, pur rappresentando la modalità di applicazione di qualsiasi norma giuridica astratta, nel diritto internazionale privato sia esso nazionale e uniforme e in generale in tutti i sistemi normativi di coordinamento assume una importanza peculiare e può tradursi in conflitti di qualificazione.

 

Il diritto europeo, anche in base al principio di sussidiarietà che lo informa, ha spesso una funzione di coordinamento tra gli ordinamenti giuridici nazionali (ossia non mira a predisporre una disciplina sostanziale uniforme e armonizzata) e tale è il caso della disciplina europea della sicurezza sociale e del distacco transnazionale di lavoratori subordinati. In entrambi i casi infatti il legislatore europeo pone delle regole di coordinamento tra ordinamenti per individuare la legge applicabile.

 

In particolare l’art. 12 del Regolamento (CE) n. 883/2004, che costituisce la fonte della disciplina europea di base in materia di sicurezza sociale, dispone che in caso di esercizio temporaneo di attività lavorativa, sia autonoma che dipendente, in uno stato membro diverso da quello di stabilimento del lavoratore autonomo o del datore di lavoro del lavoratore subordinato, la legislazione sociale applicabile rimanga quella dello stato di stabilimento. Nel caso di distacco di lavoratore autonomo la applicazione della legislazione dello stato di stabilimento è comunque condizionata alla esistenza di una “affinità” tra l’attività lavorativa svolta nello stato di stabilimento e quella svolta nello stato ospite.  Inoltre l’art. 3, Direttiva 96/71/CE in materia di distacco transnazionale di lavoratori subordinati prevede che si applichi, congiuntamente alla legislazione sociale dello stato di stabilimento, la legislazione dello stato ospite in materia di condizioni di lavoro quali precisate dal paragrafo 1 del sopracitato articolo.

 

Evidentemente ai fini della applicazione del regime normativo pertinente è necessaria una preliminare qualificazione come autonomo o subordinato del rapporto di lavoro interessato da elementi di transnazionalità. Il diritto europeo prevede in tema di distacco trasnazionale di lavoratori delle specifiche norme di qualificazione. In particolare l’art. 2, paragrafo 2, Direttiva 96/71/CE dispone che “Ai fini della presente direttiva, la nozione di lavoratore è quella applicata in base al diritto dello Stato membro nel cui territorio è distaccato il lavoratore”. Con questa norma si precisa che la qualificazione del rapporto di lavoro distaccato come subordinato è effettuata in base alla legislazione dello stato ospite. Parallelamente l’art. 14, paragrafo 4, Regolamento (CE) n. 987/2009 (cosiddetto regolamento di attuazione in materia di sicurezza sociale) prevede che ai fini della applicazione della disciplina del distacco di lavoratore autonomo “il criterio per determinare se l’attività che un lavoratore autonomo si reca a svolgere in un altro Stato membro sia «affine» all’attività lavorativa autonoma abitualmente esercitata è quello della effettiva natura dell’attività e non della qualificazione di attività subordinata o autonoma attribuita eventualmente a tale attività dall’altro Stato membro”.

 

Occorre verificare se esiste un conflitto di qualificazione tra le due norme. Il significato della norma di qualificazione del distacco di lavoro subordinato è piuttosto chiaro. L’interpretazione dell’art. 14, paragrafo 4, Regolamento (CE) n. 987/2009 è più complessa. Secondo un approccio letterale l’affinità della attività (che costituisce condizione essenziale per il distacco di lavoratore autonomo) va determinata in base alla tipologia della attività e non in base alla qualificazione della attività da parte dello stato ospite. Ne deriva che nel distacco di lavoro autonomo la qualificazione dell’attività è riservata alla legislazione dello stato di stabilimento.

 

A questo punto emergono i contorni di un possibile conflitto di qualificazione in quanto la disciplina sul distacco di lavoratori dipendenti dispone l’applicazione della qualificazione dello stato ospite, mentre la disciplina sul distacco dei lavoratori autonomi dispone l’applicazione della qualificazione dello stato di stabilimento. Vale la pena, prima di affrontare la questione dei criteri di composizione del conflitto, verificare se tale conflitto sia solo apparente e quindi se sia ammissibile la compresenza di qualificazioni divergenti in relazione ad uno stesso rapporto di lavoro ma con riferimento a materie differenti. In altri termini il conflitto sarebbe apparente se fosse ammissibile una applicazione da parte dello stato ospite della propria legislazione di tutela del lavoro subordinato ad un rapporto di lavoro che è e rimane regolato come lavoro autonomo dalla legislazione dello stato di stabilimento. È da notare che in questo caso non si sarebbe di fronte ad un’ipotesi di distacco non genuino (in quanto la legislazione sociale rimarrebbe quella dello stato di stabilimento) ma ad una mera ipotesi di violazione della disciplina lavoristica dello stato ospite.

 

Se questo approccio, come pare probabile, non fosse ritenuto ammissibile occorrerebbe individuare un criterio di composizione del conflitto di qualificazione. In particolare si potrebbe ritenere prevalente la disciplina del distacco di lavoratori subordinati di cui alla Direttiva 96/71/CE in quanto legge speciale rispetto alla disciplina del distacco, sia di lavoro subordinato che autonomo, contenuta nei regolamenti di base e di attuazione in materia di sicurezza sociale. In questo caso è dubbio se ci si trovi di fronte ad una ipotesi di distacco non genuino, con la sottoposizione del rapporto di lavoro riqualificato come dipendente alla legislazione sociale dello stato ospite, ovvero ad un obbligo da parte dello stato di stabilimento di costituire una posizione di lavoro dipendente in relazione al lavoratore riqualificato in base alla norma di qualificazione europea.

Il rilievo pratico della questione sopra descritta può essere apprezzato con particolare riferimento al distacco di “falso” (per la legislazione italiana) lavoratore autonomo nell’ambito del settore edile e del cabotaggio stradale, nel caso in cui la qualificazione secondo la legge del paese di stabilimento consentisse l’elusione della applicazione della normativa lavoristica italiana.

 

Federico Gori

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@ FedericoGori10

 

(*) Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere impegnativo per l’Amministrazione alla quale appartiene.

 

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Il “falso” lavoratore autonomo nel distacco UE
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