Gabbie salariali: il caso è chiuso

Le moderne tecniche statistiche permettono di rispondere a quesiti a lungo dibattuti. Come le gabbie salariali, il sistema di differenziazione territoriale delle remunerazioni in vigore nel secondo dopoguerra. Uno studio suggerisce che l’effetto sull’occupazione di quegli anni sia stato modesto.

L’esperienza delle gabbie salariali – il sistema di differenziazione territoriale delle remunerazioni in vigore nel nostro paese nel secondo dopoguerra – viene chiamata in causa (ad esempio qui) ogni qual volta si discute dell’opportunità di assetti contrattuali che prevedano la possibilità di una diversificazione dei salari a livello locale. È un richiamo un po’ curioso, non solo perché le opzioni regolatorie in discussione oggi sono diverse da quelle adottate nel 1945, ma anche perché nulla si sa se quello schema salariale abbia contribuito o meno a sostenere l’occupazione di quegli anni.

 

L’effetto delle gabbie sull’occupazione

In un nostro lavoro recente (“The Impact of Local Wage Regulation on Employment: A Border Analysis from Italy in the 1950s”, in corso di pubblicazione sul Journal of Regional Science) abbiamo utilizzato alcune moderne tecniche statistiche per verificare gli effetti delle gabbie salariali. Si sono confrontate per gli anni Cinquanta le dinamiche occupazionali di comuni di province adiacenti, sottoposte però a diverse zone salariali in base alle regole allora vigenti. Studiare territori contigui permette di meglio isolare l’impatto delle regole salariali, rispetto a quelli relativi agli innumerevoli fattori che possono influenzare il funzionamento del mercato del lavoro. Allo stesso tempo, consente di focalizzarsi su quello che accade nelle vicinanze del confine tra due diverse zone, che in linea di principio rappresenta, per via dei più ridotti costi di mobilità rispetto a trasferimenti di più lunga gittata, l’area che maggiormente potrebbe riflettere le conseguenze dell’aver fissato retribuzioni diverse…

 

 

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