Storie di azione e contrattazione collettiva – La solidarietà come investimento di lungo periodo: il caso Enel

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Bollettino ADAPT 9 novembre 2020, n. 41

 

Nel pieno dell’emergenza Covid, i numerosi accordi stipulati dalle parti sociali nei diversi settori hanno permesso non solo un ritorno sul luogo di lavoro in sicurezza, sulla scia del protocollo condiviso nazionale del 14 marzo, integrato il 24 aprile, ma anche di mitigare gli impatti “sociali” della sospensione o della riduzione delle attività lavorative non remotizzabili, attraverso una gestione flessibile delle ferie e dei permessi, a copertura delle ore di lavoro non effettuate. Alcune aziende, in particolare, hanno saputo cogliere le opportunità fornite dalle banche ferie (o banche ore, a seconda della denominazione) solidali, istituti contrattuali già al centro di numerose disposizioni dei contratti collettivi a livello nazionale e aziendale e che hanno trovato un primo riferimento legislativo nel d.lgs. n. 151/2015, che all’art. 24 ha previsto la possibilità per i lavoratori di cedere a titolo gratuito riposi e ferie da loro maturati ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro con particolari necessità di assistenza dei figli minori che necessitino di cure costanti per le loro condizioni di salute. Durante l’emergenza epidemiologica, in numerose aziende, gli accordi aziendali hanno saputo ampliare gli obiettivi dell’istituto, per far fronte a una diversa organizzazione del lavoro e coprire, attraverso la cessione di giornate di ferie e permessi da parte dei lavoratori in servizio, le giornate di assenza dei lavoratori le cui mansioni non fossero compatibili con lo smart working, garantendo loro una retribuzione piena.

 

Il caso Enel, sotto questi aspetti, è uno dei primi e più importanti esempiL’accordo del 27 marzo, nel pieno dell’emergenza sanitaria, prevedeva la possibilità, per ciascun lavoratore, di alimentare volontariamente una banca delle giornate solidali, rideterminando in riduzione di uno o più giorni la propria spettanza annuale di ferie e ex-festività in ottica solidaristica. In questo modo, le giornate donate, venivano messe a disposizione dei lavoratori con mansioni non “remotizzabili” o la cui attività fosse soggetta a una temporanea sospensione, che potevano così compensare i “permessi retribuiti a recupero” che erano stati loro concessi con giornate aggiuntive di permesso retribuito. L’azienda, inoltre, per dare un proprio apporto all’iniziativa e per riconoscere l’impegno dei dipendenti, alimentava la banca solidale con un numero di giornate di permessi pari al numero dei dipendenti in Italia al 31 marzo 2020. Tale accordo mostra quindi elementi importanti, a supporto di una diversa organizzazione delle attività che limiti gli impatti sociali sui lavoratori non in servizio: la solidarietà tra dipendenti, una forte partecipazione aziendale che incentivi tale processo e la flessibilità nell’assegnazione delle giornate, sulla base dei processi in atto in azienda.

 

Una questione spesso lasciata aperta dagli accordi emergenziali era legata al futuro dell’eventuale saldo positivo di ferie donate, al termine dell’emergenza sanitaria. In caso di residuo di giornate donate, quale future necessità sarebbero infatti andate a coprire? Il tema, affrontato anche da altri accordi (Si veda ad esempio l’analisi sull’accordo Sogin di L. Citterio, S. Sansaro, Storie di azione e contrattazione collettiva – Quando la solidarietà diventa una scommessa per affrontare l’emergenza Covid-19: il caso Sogin, BA n. 17/2020) ritorna in maniera importante anche nel contesto di Enel, e trova un risvolto concreto e dinamico nell’accordo del 14 ottobre 2020. Grazie infatti alla risposta importante dei lavoratori in termini di giornate donate, accompagnata dal riconoscimento, da parte dell’azienda, di un numero di giornate di permesso pari al numero dei dipendenti in Italia al 31 marzo 2020, e a una più rapida ripresa delle attività operative, sono rimaste disponibili al termine della prima fase oltre 18 mila giornate di ferie solidali, accantonate per far fronte ad ulteriori necessità. Questo saldo positivo non fruito, con l’accordo del 14 ottobre 2020, ha permesso di far fronte alle “nuove” problematiche connesse a questa fase di difficoltosa ripresa delle attività, supportando determinate categorie di lavoratori.

 

Si attingerà infatti al saldo positivo, in primo luogo, per integrare al 100% della retribuzione l’indennità prevista dall’INPS in caso di congedo per quarantena scolastica dei figli conviventi minori di 14 anni, riconosciuto ai lavoratori ai sensi dell’art. 5 del D.L. n. 111/2020, a condizione che l’altro genitore non sia in smart working o comunque non svolga alcuna attività lavorativa.

 

Inoltre, nel caso in cui si trovino nella medesima situazione lavoratori con figli di età compresa tra i 14 e i 18 anni non compiuti – con l’importante differenza che in questo caso non è possibile richiedere il congedo Covid all’INPS – l’accordo stabilisce che essi potranno usufruire di permessi retribuiti per la durata necessaria a coprire il periodo di quarantena disposto dalla Asl competente, qualora non svolgano mansioni che si possano svolgere in modalità di smart working. Lo stesso sistema è stato applicato infine, sempre in caso di svolgimento da parte dei lavoratori di mansioni non remotizzabili, per il riconoscimento di permessi retribuiti in relazione a quarantene di figli minori conviventi disposte dalla ASL nell’ambito dello svolgimento di attività sportive e a periodi di allontanamento cautelativo dal servizio, disposti dall’azienda, in seguito al contatto con casi potenziali sospetti e in attesa degli esiti di tamponi e test sierologici. In quest’ultimo caso, in presenza di un certificato medico di malattia disposto dal medico curante per quarantena, il lavoratore non avrà però diritto ai permessi retribuiti ma al trattamento di malattia.

 

Gli accordi Enel e il loro sviluppo nelle diverse fasi dell’emergenza dimostrano ancora una volta l’estrema importanza delle soluzioni di flessibilità organizzativa negoziate da aziende e sindacati per mitigare gli impatti sociali delle modalità emergenziali di lavoro, in parallelo alle iniziative adottate per garantire in maniera condivisa continuità nella produzione e sicurezza dei lavoratori.  Si tratta anche di un segnale importante, per le parti sociali, per insistere, a livello nazionale e aziendale, nel regolare e incentivare soluzioni quali quelle delle banche ore/ferie solidali, che si prestano a rispondere a esigenze di conciliazione vita-lavoro e a supportare nuove modalità di organizzazione del lavoro. Le aziende che stanno introducendo l’istituto sono sempre di più, così come i CCNL che prevedono linee-guida che ampliano le casistiche elencate dal D.Lgs. n. 151/2015. Le soluzioni emergenziali potrebbero dare, in tal senso, una spinta decisiva per un ulteriore sviluppo, che possa aiutare imprese e lavoratori per le prossime difficili sfide.

 

Michele Dalla Sega

ADAPT Junior Fellow

@Michele_ds95

 

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