Smart working e costi energetici: quali soluzioni percorribili?

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Bollettino ADAPT 24 ottobre 2022, n. 36
 
È forse destino per lo smart working trovarsi, suo malgrado, al centro del dibattito ogni qualvolta elementi destrutturanti esterni al rapporto di lavoro vi entrano con considerevole grado di invasività. Lo è stato per la gestione pandemica, lo è oggigiorno (anche) per la gestione di sovraccosti energetici non solo per la produzione strettamente intesa (impianti), ma anche per strutture d’ufficio. Si discute quindi circa la possibilità di adibire a lavoro agile in maniera collettiva/massiccia personale le cui mansioni sono “remotizzabili”, così da ridurre i consumi energetici di uffici e sedi aziendali. E d’altro canto l’art. 18 legge n. 81/2017 – tra le finalità dell’istituto – non cita solo la conciliazione vita/lavoro a cui classicamente ci riferiamo quando inquadriamo la materia, ma anche la competitività dell’impresa, da intendersi pure come efficientamento mediante riduzione di costi fissi.
 
Non mancano le prime esperienze anche informali, con chiusure di sede alcuni giorni della settimana per tutte le funzioni impiegatizie, con conseguente adibizione a lavoro agile o, in subordine/alternativa, smaltimento di ferie arretrate. E neppure le prime indagini (vedi S. Uccello, Smart working, test sui costi in bolletta, Il Sole 24 ore, 17 ottobre 2022) che stimano da un lato i consumi in termini di MW/h risparmiati dal datore di lavoro e dall’altro i possibili aggravi economici per i lavoratori che si ritrovano a lavorare dalle proprie abitazioni (o altri luoghi comunque non nella disponibilità dell’impresa e quindi potenzialmente onerosi). Già da una prima lettura delle stesse si comprendono facilmente i termini degli interessi, almeno in parte contrapposti, che entrano in qualche misura in ogni scambio negoziale, anche su questa materia. In termini di bilanciamento, potrebbe soccorrere l’art. 12 decreto-legge n. 115/22, che consente (per l’anno 2022) di utilizzare parte o l’intero plafond di cui all’art. 51 co. 3 TUIR, maggiorato dalla stessa novella a 600 euro, anche per il rimborso di spese domestiche sostenute dai lavoratori dipendenti per il servizio idrico integrato, per l’energia elettrica e il gas naturale. Invero, la norma appare oggi sul piano pratico fortemente depotenziata, per l’assenza di indicazioni da parte dell’amministrazione finanziaria circa le modalità concrete di applicazione del rimborso.
 
Onde evitare soluzioni semplicistiche e portatrici di non banali implicazioni tecnico-gestionali finora poco affrontate nel dibattito pubblico, nelle considerazioni che seguono si svilupperà un primo tentativo di sistematizzazione. Possono, in concreto, verificarsi molteplici condizioni, che richiedono differenti approcci. 
 
Possiamo identificare quattro ipotesi di fondo: a) azienda che fosse priva di regolamentazione collettiva e individuale: stante il perdurare delle deroghe di cui all’art. 90 co. 3-4 decreto-legge n. 18/20, l’adibizione del personale individuato in base alle esigenze organizzative a lavoro agile potrà avvenire in via unilaterale, anche per il tramite di comunicazioni da rendere tramite e-mail o intranet aziendale; b) azienda che abbia sottoscritto accordi individuali: laddove siano pattuite particolari clausole di programmazione delle giornate di lavoro agile da parte del dipendente, eventualmente sottoposta ad autorizzazione del vertice aziendale (prassi largamente diffusa), nonché numeri massimi di giornate nella settimana o nel mese, appare difficoltoso procedere in via unilaterale, cioè superando quanto originariamente pattuito, salvo modifiche all’accordo per comportamenti concludenti, comunque di scarsa tenuta in caso di contenzioso; c) aziende che abbiano predisposto un regolamento aziendale: essendo la fonte di natura unilaterale, è possibile procedere, nel rispetto di eventuali condizioni/procedure ivi previste, alla revisione della stessa, nel senso ad esempio di una diversa distribuzione delle giornate oppure di una estensione in termini numerici delle stesse; d) presenza di accordi aziendali: si tratta dell’ipotesi oggettivamente più complessa, dovendosi tenere in considerazione quanto definito negli stessi accordi, ivi comprese eventuali procedure in caso di esigenze di modifica/integrazione di quanto pattuito.
 
L’ipotesi sub a) pare senza dubbio quella che attualmente garantisce maggiore flessibilità, almeno fino al 31 dicembre 2022. Invero, l’ipotesi non sembra totalmente esente da rischi, se si volesse ad esempio recuperare la ratio sottesa all’originaria disciplina derogatoria (finalità prevenzionistica e di contrasto al fenomeno pandemico), o più semplicemente valutare l’impatto dell’esercizio impositivo sulla popolazione aziendale coinvolta. Nelle altre ipotesi, non infrequenti, occorrerà verificare in particolar modo le clausole originariamente pattuite e quanto eventualmente definito in materia di sospensione/recesso (dall’accordo individuale, rispettando i termini di legge, oppure dalla regolamentazione e/o contrattazione collettiva). È pur vero che procedere ad esempio al recesso “a tappeto” da accordi individuali, magari anche di recentissima firma, con l’intenzione di fargli seguire nell’immediatezza l’adibizione unilaterale, appare problematico sotto il duplice profilo di gestione delle risorse umane e di maggiori oneri amministrativi. Sarebbe dunque preferibile, se le condizioni lo consentono, procedere mediante lettera di modifica/integrazione degli accordi vigenti, recuperando il necessario consenso di controparte. Infine, per il caso sub d) – oltre alle pattuizioni vigenti – occorrerà tenere in considerazione le logiche generalmente sottese a scambi di natura contrattual-collettiva, il contesto ed il grado di sviluppo dei rapporti sindacali, le possibili rivendicazioni, etc.
 
In ottica di futura prevedibilità di simili evenienze, sembra opportuno attrezzarsi sul piano tecnico sin dall’origine. Ad esempio prevedendo “clausole di uscita” o meccanismi di revisione delle originarie pattuizioni, non solo al mutamento del quadro normativo, ma anche al variare delle condizioni esogene o endogene rispetto al rapporto di lavoro.
 
Marco Menegotto

ADAPT Professional Fellow

@MarcoMenegotto

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