Politically (in)correct – I liberi professionisti: declinare crescendo

Bollettino ADAPT 22 marzo 2021, n. 11

 

L’Adepp – l’associazione della Casse di previdenza c.d. privatizzata, che erogano i trattamenti di previdenza obbligatoria ai liberi professionisti (iscritti a un Ordine o a un Collegio) – è un osservatorio interessante non solo per quanto riguarda le pensioni e le altre prestazioni, ma pure per seguire le dinamiche occupazionali e reddituali del settore, in rapporto alle altre ripartizioni del mondo del lavoro. È di recente pubblicazione il X Rapporto dell’Adepp (2020) che costituisce un valido riferimento per un’interpretazione corretta di questa realtà; partendo dal confronto del numero degli iscritti alle Casse nel contesto del mercato del lavoro in Italia. In particolare, considerando che il numero di lavoratori in Italia nel periodo 2007-2019 per posizione professionale, ha subito le seguenti variazioni.

 

Lavoratori per posizione professionale: valori assoluti in migliaia (Fonte ISTAT).

2007. Lavoratori indipendenti: 5.981; di cui liberi professionisti: 1.125; dipendenti: 16.913; totale: 22894

2019. Lavoratori indipendenti: 5.312; di cui liberi professionisti: 1.436; dipendenti: 18.048: totale: 23360

 

Dai dati ISTAT, vediamo che i lavoratori indipendenti sono andati diminuendo col trascorrere degli anni, mentre sono aumentati i liberi professionisti (di questi circa 1 milione è iscritto alle Casse, la restante parte versa contributi alla Gestione Separata dell’INPS). Questo trend è autorevolmente ribadito da Paolo Feltrin e Andrea Buratti nel capitolo dedicato al settore nel XX Rapporto del Cnel: “fino a metà degli anni novanta la crescita del lavoro autonomo professionale era trascinata da quello che oggi potremmo chiamare il «lavoro autonomo tradizionale», composto da figure come gli artigiani, i commercianti, i coltivatori diretti, e così via. Da un certo momento in poi, grossomodo a cavallo degli anni duemila, non è più stato così. Dopo un periodo di andamenti incerti, la svolta può essere fissata nella crisi economica del 2008-2011. Da quella data gli avvenimenti prendono una piega imprevista ma incontrovertibile; inoltre queste dinamiche non riguardano solo l’Italia ma si ritrovano, pur con diversa intensità, in tutti i paesi europei (Osservatorio delle libere professioni, 2020). Per la prima volta, se si prende a riferimento il periodo 2009-19 e la rilevazione continua dell’ISTAT sulle forze di lavoro, si assiste ad una costante e progressiva erosione dei lavoratori autonomi strettamente intesi (-13,8%) e degli altri lavoratori autonomi (-31,0%), solo in parte compensata da una crescita impetuosa delle libere professioni, ordinistiche e non (+25,0%), visto che alla fine il saldo complessivo dell’intero lavoro indipendente è di -436.072 unità (-7,6%), passando dalle circa 5.748.000 unità del 2009 alle circa 5.312.000 unità del 2019”.

 

La stessa linea di tendenza si riscontra – conferma l’Adepp – considerando l’incidenza percentuale sul totale delle tre tipologie di lavoratori analizzate. Risulta evidente come il peso percentuale dei liberi professionisti sia aumentato, passando, nell’ambito del lavoro indipendente, dai circa 5 punti percentuali del 2007 ai 6 punti percentuali del 2019. Sorte completamente opposta ha interessato i lavoratori indipendenti che hanno visto diminuire il loro peso nel periodo considerato.

 

Lavoratori per categoria professionale: % sul totale (Fonte ISTAT).

2007. Lavoratori indipendenti: 26,1%; di cui liberi professionisti: 4,9%; dipendenti: 73,9%

2019. Lavoratori indipendenti; 22,7%; di cui liberi professionisti: 6,1%; dipendenti: 77,3%

 

C’è da presumere che il dato relativo ai liberi professionisti sia l’espressione di un fenomeno “del nostro tempo” ovvero che l’incremento derivi dalla difficoltà di trovare occupazione stabile e che molti giovani laureati siano indotti ad intraprendere la libera professione, magari presso lo studio di altri liberi professionisti. Il fatto che il numero dei giovani iscritti non aumenta potrebbe dipendere da un effetto demografico ovvero dal restare in quella condizione, per un tempo più lungo e quindi con una età più elevata. Vi sono, infatti, alcuni indici che sembrerebbero confermare questa tesi.  Nel 2020 – è scritto nel Rapporto – la pandemia globale ha influenzato enormemente anche il mondo delle libere professioni causandone una crisi senza precedenti. Per far fronte alla diminuzione dei redditi, il governo ha previsto, per ogni mese di completo lockdown (marzo, aprile e maggio), un bonus, denominato reddito di ultima istanza (RUI), di 600 euro per marzo ed aprile e 1000 per maggio da erogarsi ai liberi professionisti che ne facessero richiesta e ne avessero diritto. Il numero di liberi professionisti che ha fatto richiesta del RUI per almeno uno dei tre mesi è stato di 513.882, di questi 242.569 sono donne. Confrontando questo dato con il numero di liberi professionisti si ottiene che il RUI è stato richiesto dal 47% dei liberi professionisti con percentuali leggermente diverse tra uomini e donne (49% delle donne e 46% degli uomini). La maggior parte delle richieste è pervenuta da liberi professionisti nella fascia 30-50 anni.  Nella fascia tra i 30 ed i 40 anni, sono pervenute domande dal 75% dei liberi professionisti uomini mentre tra le donne “solo” il 53% ha deciso di fare domanda. Per le restanti fasce d’età non si notano differenze tra uomini e donne e la percentuale scende linearmente con l’età.  L’altro elemento da considerare riguarda il trend del reddito medio dei liberi professionisti che è stato influenzato dalle più generali performance dell’economia (tanto più lo sarà stato nell’anno della pandemia). La decrescita, iniziata nel 2010, ha pesantemente inciso sul sistema professionale italiano. Basti pensare a come tale diminuzione abbia fatto decrescere il reddito medio, tra il 2010 e il 2016, di circa il 12%. Interessante notare che la variazione è tornata positiva nel 2017 e nel 2018 portando a crescere, per entrambi gli anni, il reddito del 3%. Ma il trend di incremento non ha trovato conferma negli anni successivi. Il fatto è che la decrescita del reddito medio più che essere ripartita sul complesso dei liberi professionisti si concentra piuttosto sulle fasce di età più giovani.

 

Fino a 30 anni (30-40] (40-50) (50-60) (60-70) oltre 70
Donne € 11.698 € 17.363 € 25.951 € 34.177 € 35.335 € 24.079 €
Uomini € 14.039 € 27.165 € 43.237 € 57.289 € 52.140 € 33.728 €
Totale € 12.846 € 22.040 € 35.494 € 49.823 € 48.677 € 32.769 €

(Fonte Adepp)

 

Come si nota nella tabella l’età è una discriminante più importante dello stesso gender gap, Nonostante che il reddito medio delle libere professioniste sia di circa 24.230 euro, il 50% di queste ha un reddito inferiore ai 12.500 euro. Fenomeno simile, ma con importi diversi, accade per gli uomini: il reddito medio è all’incirca 43.846 euro mentre il 50% degli uomini ha un reddito inferiore ai 22.000 euro. Il fenomeno è ascrivibile agli elevati redditi, dichiarati da una minoranza di professionisti, che fanno salire il valore medio. Basti pensare che, solo il 25% delle donne e il 29% degli uomini hanno un reddito superiore al reddito medio. Molto ampio il divario territoriale, per uomini e donne, a scapito dei professionisti residenti al Sud.

 

Giuliano Cazzola

Membro del Comitato scientifico ADAPT

 

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