Organizzazione uffici Ispettorato del lavoro. Due modelli a confronto

Con circolare n. 2/2017 del 25/01/2017 l’INL ha provveduto a fornire le prime indicazioni operative sotto il profilo logistico, di coordinamento e di programmazione dell’attività di vigilanza che potranno trovare applicazione a far data dal 1° febbraio 2017. Con la citata circolare viene di fatto avviato il processo di armonizzazione della organizzazione del lavoro ispettivo in quanto né il  D.Lgs. n. 149/2015, istitutivo dell’INL, né il DPCM 23 febbraio 2016, adottato in attuazione dell’art. 5, comma 1 del D.Lgs. n. 149/2015, né infine lo statuto dell’INL, adottato ai sensi dell’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 149/2015 con DPR n. 109/16, contengono la disciplina di dettaglio in materia.

 

La organizzazione del lavoro ispettivo precedente alla istituzione dell’INL

 

Le concezioni “preunitarie” in tema di organizzazione del lavoro ispettivi sono due: quella ministeriale da un lato e quella degli enti previdenziali dall’altro.

 

L’attuale disciplina ministeriale dell’organizzazione del lavoro ispettivo è  contenuta in primo luogo nel DDG n. 375 del 3.7.2015, emanato in attuazione dell’art. 17 del DPCM n. 121/2014, che ha disposto i criteri di organizzazione interna degli uffici territoriali. Con tale riorganizzazione si è passati da una organizzazione della vigilanza articolata in due tipologie di uffici di livello non dirigenziale ad una organizzazione articolata su un unico livello, la “area” ma con la presenza di un funzionario coordinatore della vigilanza.

Il modello ministeriale è esplicitato in dettaglio nella nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 12 giugno 2009, prot. n. 8716 avente ad oggetto le “linee guida in ordine alla procedimentalizzazione della attività ispettiva”. Secondo questa prima impostazione l’ispettore del lavoro è in buona sostanza incaricato di svolgere una mera istruttoria dell’accertamento per conto della direzione o di un suo delegato.

In primo luogo infatti, secondo la nota sopracitata, il dirigente o il suo delegato devono programmare in modo analitico con ordine di servizio settimanale l’attività dell’ispettore. In secondo luogo i funzionari coordinatori devono verificare la idoneità e sufficienza degli elementi probatori e assicurare la coerenza fra le fattispecie concrete accertate e le relative conseguenze sul piano provvedimentale in base alle previsioni normative in relazione ad ogni singolo accertamento di ogni ispettore coordinato.

Conseguentemente il verbale conclusivo dell’accertamento non può essere adottato senza che sia stato esaminato, approvato e controfirmato dal diretto coordinatore del funzionario estensore, con valutazione a fini disciplinari della condotta dell’ispettore in contrasto con il coordinatore.

 

Secondo il diverso modello proprio della vigilanza degli enti previdenziali l’ispettore è il responsabile del procedimento ispettivo relativo all’accertamento di cui è stato incaricato. Ne deriva che lo stesso è titolare diretto della responsabilità circa la gestione dell’accertamento nonché della correttezza tecnico-giuridica dei provvedimenti adottati sotto il profilo sostanziale e probatorio. Significativamente l’INPS ha proceduto con circolare n. 76 del 09/05/2016 alla ricognizione delle proprie istruzioni operative in materia, richiamando anche la circolare n. 85/2008 (si rinvia alla nota INAIL del 2/02/2017 per quanto concerne l’analoga organizzazione della vigilanza assicurativa).

L’assegnazione delle pratiche per il personale di vigilanza dell’INPS avviene attraverso un programma mensile, consistente essenzialmente in una lista di aziende che autorizza l’ispettore a tutti gli spostamenti e gli accessi presso le filiali delle aziende o presso consulenti, ovvero presso altre amministrazioni. Le circolari n. 85/2008 e 76/2016 chiariscono che in fase di esecuzione è rimessa alla valutazione dell’ispettore, nell’ambito del programma assegnatogli, la scelta dei luoghi e dei tempi nei quali effettuare o proseguire l’accertamento, senza necessità di “preventivamente comunicare in sede i luoghi, gli orari e le aziende da visitare”.

 

Questi diversi modelli organizzativo hanno evidentemente anche  delle ricadute sui sistemi di rilevazione delle presenze del personale ispettivo ministeriale e degli enti.

 

Il coordinamento organizzativo avviato dalla circolare

 

Il coordinamento si incentra a livello territoriale da un lato su una nuova articolazione organizzativa della vigilanza ordinaria, l’area della vigilanza previdenziale e assicurativa; dall’altro lato sul dirigente dell’ispettorato territoriale e soprattutto sulla figura del coordinatore della vigilanza, creata dal DDG n. 375 del 3.7.2015 (ancora nell’ambito della ultima riorganizzazione territoriale ministeriale precedente alla istituzione dell’INL) e, per quanto concerne gli Istituti, sulla nuova figura del referente.

 

L’area vigilanza previdenziale e assicurativa è destinata a ricomprendere, in fase di prima applicazione della circolare, circa 1/3 degli ispettori di provenienza ministeriale effettivamente adibiti all’attività di vigilanza, assegnati a tale area secondo criteri di rotazione e non individualmente ma sulla base delle preesistenti e persistenti aree di cui al DDG n. 375 del 3.7.2015. Il funzionario coordinatore della vigilanza da un lato e i referenti degli enti dall’altro hanno il compito di garantire le funzioni di programmazione e coordinamento a livello territoriale. Il sopramenzionato coordinatore della vigilanza diventa il punto di riferimento per la programmazione dell’attività ispettiva degli istituti interfacciandosi con i referenti degli stessi.

 

In sintesi il processo di programmazione coordinato è il seguente. Sulla base dell’attività di intelligence condotta dagli istituti in base alle proprie banche dati, le pratiche vengono assegnate agli ispettori secondo le procedure vigenti ma previa condivisione su base plurisettimanale o mensile con il dirigente territoriale o con il coordinatore della vigilanza, il quale procede a tracciare le pratiche in questione sull’applicativo SGIL dell’INL e a trasmettere agli istituti la lista condivisa delle pratiche, con indicazione dell’ispettore previdenziale o assicurativo assegnato e dell’eventuale ispettore ministeriale affiancato. Il processo di programmazione coordinato relativo agli istituti è identico con l’unica differenza del carattere regionale della vigilanza assicurativa dovuto alla esiguità del personale ispettivo INAIL.

Tale processo programmazione ha comunque carattere transitorio in quanto si svolge nelle more di una maggiore cooperazione tra sistemi informatici gestionali. Inoltre la  circolare “segnala che è prossima alla sottoscrizione una convenzione tra Ispettorato e Istituti previdenziali avente ad oggetto, tra l’altro, l’accesso e l’utilizzo delle banche dati dei predetti Enti”.

 

L’uniformità delle soluzioni giuridiche adottate sono assicurate, oltre che dai Dirigenti dell’Ispettorato, dal Coordinatore della vigilanza, dai Responsabili di Area e – con riferimento alla vigilanza previdenziale e assicurativa – dai referenti della vigilanza INPS e INAIL, che condivideranno in apposite riunioni periodiche eventuali criticità riscontrate nell’esercizio dell’attività. Eventuali problematiche interpretative sono sottoposte alla sede centrale dell’Ispettorato o alle competenti sedi interregionali della stessa Agenzia.

È in questo contesto che la circolare precisa che “al fine di una maggiore snellezza dell’azione ispettiva e delle relative procedure è pertanto da ritenersi superata, per tutto il personale ispettivo, la c.d. procedimentalizzazione già prevista dalla nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 12 giugno 2009, prot. n. 8716”.

 

Nulla cambia sostanzialmente in relazione alla sistemazione logistica della vigilanza e alle relative sedi di lavoro: la presenza degli ispettori previdenziali e di provenienza ministeriale presso le sedi rispettivamente dell’Ispettorato e degli istituti è considerata servizio esterno. L’utilizzazione di ferie, permessi, congedi, malattie ecc. da parte degli ispettori degli Istituti avviene secondo le vigenti procedure degli Istituti, salvo comunicazione alla competente sede dell’Ispettorato del lavoro secondo modalità da individuare.

 

Considerazioni conclusive

 

Gli assetti organizzativi dei servizi ispettivi coinvolti nel processo di implementazione dell’INL sono riconducibili a due distinte culture ispettive. Da un lato un modello ministeriale gerarchico e formalistico, dall’altro un modello di vigilanza previdenziale e assicurativa caratterizzata da un maggiore grado di autonomia dell’ispettore, con un maggiore accento posto sui risultati.

Si pone quindi una questione organizzativa nel nuovo ente che può sfociare in uno scenario di coesistenza, di incorporazione o di ibridazione di modelli organizzativi.

La circolare evidenzia allo stato una strategia di coesistenza di modelli organizzativi. Il processo di programmazione e l’organizzazione del lavoro ispettivo degli Istituti non subiscono allo stato modifiche, salvo il passaggio del flusso di programmazione presso il coordinatore della vigilanza e la sua tracciabilità nell’applicativo SGIL. Inoltre viene considerata non più applicabile la nota ministeriale sulla cosiddetta “procedimentalizzazione” e viene al contempo citata la circolare n. 76/2016 INPS.

 

Due paiono gli obiettivi minimi e irrinunciabili da conseguire da parte dell’INL in questa fase. Il primo è il trasferimento di capitale umano dal personale ispettivo degli istituti a quello di provenienza ministeriale tramite gli affiancamenti. Se ciò non avvenisse si assisterebbe, con l’esaurimento del ruolo degli ispettori degli istituti, alla totale dispersione di un prezioso patrimonio di competenze tecnico-operative. Il secondo obiettivo è riconducibile alla necessità da parte dell’INL non solo di accedere in modo diretto a tutte le funzionalità delle banche dati degli istituti ma anche di comprenderne le potenzialità operative. Solo l’acquisizione di capacità e competenza in materia di campionature di dati in possesso degli istituti consentirà all’INL la possibilità di esercitare in concreto il ruolo di coordinamento della vigilanza d’iniziativa attraverso la programmazione e la costruzione di liste di obiettivi-azienda.

 

Pare comunque opportuna qualche ulteriore considerazione circa la congruità relativa dei diversi modelli organizzativi in gioco con l’interesse pubblico del contrasto al lavoro sommerso e irregolare sotto il profilo della uniformità, della efficacia ed efficienza e della trasparenza dell’attività ispettiva.

L’uniformità della attività ispettiva rappresenta al tempo stesso un requisito di legittimità e di efficacia della stessa e rileva sotto il profilo procedurale e sostanziale. Nel modello ministeriale le direttive e il controllo in materia sono affidati sia alla gerarchia che alle circolari. Nell’ambito degli istituti l’uniformità della attività è un obiettivo che compete direttamente agli ispettori, i quali si uniformano alle direttive generali e astratte provenienti dalle circolari interpretative della normativa. Il modello ministeriale presenta due tipologie di criticità: in primo luogo la moltiplicazione dei punti di interpretazione della normativa moltiplica e conserva i conflitti di interpretazione; in secondo luogo la competenza a fornire direttive interpretative dei funzionari coordinatori pone la questione della qualità della preparazione giuridica degli stessi. Ad ogni modo, a prescindere dalla qualità della catena gerarchica, la sottoposizione diretta dell’ispettore all’obbligo di uniformarsi alle circolari pare meccanismo più idoneo a favorire l’uniformità, anche perché aumenta la pressione sui vertici ad un puntuale chiarimento generale e scritto delle incertezze interpretative, che è in sostanza il presupposto di qualsiasi processo di uniformazione.

Il secondo obiettivo organizzativo che attiene ai profili di efficacia ed efficienza della attività ispettiva può essere trattato congiuntamente al terzo obiettivo, relativo alla trasparenza. In merito occorre osservare che la vigilanza presenta strutturalmente un problema di forte asimmetria informativa tra il principal e l’agent. Nella teoria economica del personale, quando la prestazione lavorativa è nascosta ma il risultato non lo è, diviene efficiente incentrare le direttive e il controllo su quest’ultimo. Già nella circolare INPS n. 71/1994 si invitano le direzioni a passare da un controllo formale dei comportamenti operativi a un più efficace controllo dei risultati complessivi, osservando che l’autonomia nella gestione dell’accertamento è necessaria per una attività che è caratterizzata da iniziative non preventivabili. Diversamente nel modello ministeriale i responsabili di ciascuna struttura organizzativa sono tenuti ad avere piena cognizione dell’attività effettuata dagli ispettori, a monitorare costantemente i tempi dell’accertamento e a scongiurare fenomeni “distorsivi” in applicazione della normativa vigente.

L’asimmetria informativa nel modello ministeriale è ulteriormente aggravata dalla minore incidenza della vigilanza di iniziativa mediante data mining: le campionature dati e la selezione degli obiettivi azienda in base a mappature del rischio da parte della direzione consentono infatti non solo una più efficace ed efficiente programmazione ma altresì un più stringente controllo sui risultati ispettivi.

L’accento che il modello organizzativo ministeriale pone sulla gerarchia come strumento per raggiungere gli obiettivi della uniformità, della efficienza e della trasparenza sollecita una riflessione sulla idoneità dei meccanismi di selezione del personale di coordinamento di livello non dirigenziale. Come si è visto i funzionari coordinatori devono assicurare la correttezza tecnico-giuridica, la celerità e la trasparenza dell’attività degli accertamenti. E tuttavia da un lato non esistono procedure di valutazione comparativa di evidenza pubblica nella selezione dei funzionari coordinatori; dall’altro l’incarico di coordinamento, pur essendo una decisione  discrezionale della direzione, entra nel patrimonio professionale del funzionario e non viene revocato se non per giusta causa.

La istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro costituisce quindi una opportunità per un ripensamento dei modelli organizzativi vigenti nella direzione delineata dall’art. 5, comma 3, D.lgs. n. 149/2015, ossia prevedendo “misure volte a garantire che lo svolgimento dell’attività lavorativa del personale ispettivo abbia luogo con modalità flessibili e semplificate”.

 

Federico Gori

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro (*)

Università degli Studi di Bergamo

@FedericoGori10

 

(*) Si segnala che le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’amministrazione di appartenenza.

 

Scarica il PDF 

Organizzazione uffici Ispettorato del lavoro. Due modelli a confronto
Tagged on: