Non solo Fondo Nuove Competenze: la formazione dei lavoratori nella contrattazione a partire dal caso SKF

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Bollettino ADAPT 23 novembre 2020, n. 43

 

La firma del decreto interministeriale per l’attuazione del Fondo Nuove Competenze, avvenuta lo scorso 9 ottobre, ha rilanciato in Italia il tema della contrattazione collettiva per la formazione dei lavoratori. Condizionando il suo accesso alla sottoscrizione di accordi collettivi di secondo livello, il governo ha infatti promosso l’azione congiunta delle parti sociali per lo sviluppo del capitale umano nei luoghi di lavoro. Poco dopo l’entrata in vigore del decreto e la pubblicazione dell’avviso dell’Anpal sulle modalità operative per l’accesso alla misura, alcuni gruppi leader nel settore delle telecomunicazioni si sono affrettati a firmare con le rappresentanze sindacali contratti collettivi aventi ad oggetto la rimodulazione dell’orario di lavoro e l’avvio di percorsi formativi, richiedendo l’attivazione del Fondo Nuove Competenze. Del resto, il termine entro cui sottoscrivere questi accordi e dare avvio ai progetti formativi, fissato al 31 dicembre di quest’anno, e il criterio cronologico stabilito per la valutazione delle domande, sembra favorire soprattutto quelle aziende che per struttura, competenze e storia delle relazioni industriali, riusciranno a muoversi per prime.

 

In questo contesto di corsa al tavolo contrattuale per usufruire dei contributi del Fondo, trova però spazio anche un accordo collettivo che, pur perseguendo analoghe finalità di sviluppo delle competenze per l’innovazione aziendale e l’occupabilità delle persone, non è firmato con la richiesta di attivazione dello strumento, bensì con l’intento di sfruttare le ore di cassa integrazione ordinaria per erogare la formazione ai lavoratori sospesi dall’attività lavorativa e beneficiari della misura di sostegno al reddito1.

 

L’intesa, sottoscritta lo scorso 28 ottobre dalla direzione dello stabilimento SKF di Airasca (Torino) e la rappresentanza sindacale unitaria (composta da FIM-CISL, FIOM-CGIL, UILM-UIL e dal sindacato autonomo FALI-FISMIC, che detiene la maggioranza dei componenti), si inserisce in uno scenario di particolari difficoltà economiche dovute alla pandemia da Covid-19, ma scommette sulla formazione professionale per il rilancio aziendale e il potenziamento delle competenze dei lavoratori. In questa prospettiva, e richiamando l’opportunità offerta dall’art. 4 comma 40 della legge 92/2012, di organizzare attività di formazione per i lavoratori soggetti a interruzione dell’attività lavorativa e beneficiari di strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro, è sviluppato un piano formativo dal titolo “Competenze per ripartire”. Il piano si rivolge in prevalenza al personale in cassa integrazione, anche se non si esclude la possibilità di estendere il percorso anche ad altri lavoratori. In totale, è previsto il coinvolgimento di 500 unità, impegnate a partire da novembre 2020 in 9390 ore di formazione, aventi ad oggetto sia l’aggiornamento sulla sicurezza (obbligatorio per legge) che l’adeguamento delle competenze ai cambiamenti organizzativi e tecnologici, attraverso, ad esempio, un corso dedicato a “Industria 4.0 & Digital Mindset” e un altro denominato “Team Leader in Change”. La formazione, erogata sia da personale interno che da una società esterna, avviene nei locali dello stabilimento ed è finanziata con le risorse accantonate nel conto aziendale presso il fondo paritetico interprofessionale Fondimpresa. Stando ai contenuti dell’accordo, il percorso formativo è condiviso con la rappresentanza sindacale e monitorato periodicamente da un apposito comitato di pilotaggio, costituito da un responsabile aziendale e da un rappresentante per ogni organizzazione sindacale firmataria dell’accordo. Il comitato è incaricato anche di risolvere eventuali difficoltà e mancanza di interesse da parte dei lavoratori a prendere parte al percorso. L’azienda, inoltre, riconosce ai lavoratori in cassa integrazione e coinvolti nel progetto il servizio mensa o analogo servizio sostitutivo, nonché un rimborso kilometrico per il tragitto casa-lavoro, qualora non riuscissero ad usufruire delle linee di trasporto aziendali. Infine, nel caso di completamento di più del 50% delle ore di formazione previste, ai lavoratori sarà erogato un “buono welfare” di 50 euro.

 

L’accordo SKF non è il primo nel panorama italiano a porre attenzione ai temi dell’adeguamento delle competenze alle trasformazioni tecnologiche e organizzative. In una fase antecedente alla crisi pandemica, azioni formative su questi temi hanno interessato, ad esempio, diverse aziende metalmeccaniche dell’Emilia-Romagna, come Ima, Bonfiglioli, GD e SCM, alle prese con la conversione digitale delle loro unità produttive. Se l’occupabilità potrebbe forse sembrare una preoccupazione meno sentita a livello aziendale, l’Agenda per lo sviluppo del capitale umano, negoziata in Unilever, e il percorso Employability, firmato in Sara Assicurazioni, hanno rappresentato nel 2019 validi tentativi per impostare la formazione professionale sui bisogni delle persone, dentro e fuori i confini aziendali. Come detto, la particolarità dell’accordo SKF riguarda soprattutto il finanziamento delle ore di formazione, che avviene sfruttando con sensibilità e intelligenza un periodo di minor carico di lavoro e il ricorso alla cassa integrazione ordinaria. Nella maggior parte delle intese aziendali, invece, il tempo dedicato alla formazione si inserisce all’interno del normale orario di lavoro ed è quindi pagato conformemente dall’azienda. Fa eccezione l’integrativo Campari del 2018 che prevede un’equa distribuzione tra azienda e lavoratori dell’onere temporale per la formazione non obbligatoria per legge, svolta infatti sia nelle ore di lavoro che in quelle maturate come ferie e/o permessi. Interessanti, da questo punto di vista, sono anche alcuni contratti territoriali firmati nell’ambito delle PMI metalmeccaniche, che hanno proposto l’attivazione di piani di riqualificazione, aventi ad oggetto lo sviluppo delle competenze richieste sul territorio, come parte integrante dell’incentivo all’esodo offerto dalle aziende ai lavoratori in esubero. L’accordo SKF non menziona il tema della valutazione delle competenze, che dovrebbe invece costituire un passaggio centrale dei progetti formativi finanziabili attraverso il Fondo Nuove Competenze. Ma anche su questo aspetto la contrattazione collettiva ha già dato vita ad alcune buone pratiche: tra tutte, il sistema di valutazione attivo in Manfrotto da diversi anni, che è alla base di percorsi formativi personalizzati e concorre altresì alla determinazione dell’ammontare individuale del premio di risultato. Infine, proprio come nell’intesa SKF, sono diversi gli accordi aziendali che prevedono un ruolo importante delle rappresentanze sindacali (e soprattutto dei loro componenti con delega specifica alla formazione) nello sviluppo delle competenze dei lavoratori, anche attraverso la costituzione di comitati paritetici, coinvolti nella rilevazione dei fabbisogni formativi, nella pianificazione delle attività, nella ricerca di finanziamenti e nel monitoraggio dei risultati raggiunti.

 

Nonostante i buoni esempi appena citati, la formazione professionale riguarda poco meno di un terzo dei contratti aziendali sottoscritti tra il 2017 e il 2019 e raccolti nella banca dati di ADAPT, con una incidenza peraltro crescente rispetto al triennio precedente, probabilmente dovuta all’impulso dato dalla trasformazione digitale e all’introduzione del credito d’imposta sulla formazione per Industry 4.0, che fino al 2020 includeva l’accordo sindacale tra i requisiti di accesso. Tra le tante possibili ragioni (economiche, organizzative, culturali, ecc.) che frenano la diffusione di questa materia nella contrattazione, il Fondo Nuove Competenze sembra intervenire essenzialmente sull’aspetto economico, azzerando l’onere retributivo delle ore di formazione (che come abbiamo visto è generalmente in capo al datore di lavoro), in un periodo di difficile sostenibilità dei costi delle imprese. L’auspicio però è che, nella gara di velocità per accedere al contributo economico, non si perdano di vista gli altri elementi necessari a un valido percorso di formazione: la rilevazione attenta dei fabbisogni, la validazione delle competenze iniziali e di quelle acquisite, il rapporto con i lavoratori e il dialogo proficuo con i loro rappresentanti prima e dopo la fase negoziale. Aspetti relazionali e processi la cui funzionalità richiede un impegno nel tempo e una costanza che sembrano distanti dalle tempistiche individuate dal legislatore, ma che la contrattazione collettiva, in diversi contesti, ha già dato prova di saper attivare e pazientemente coltivare.

 

Ilaria Armaroli

ADAPT Research Fellow

@ilaria_armaroli

 

Lorenzo Roesel

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@LorenzoRoesel

 

1 Peraltro, non risulta ancora chiaro se a beneficiare delle ore di formazione finanziabili attraverso il Fondo Nuove Competenze possano essere anche i lavoratori in cassa integrazione ordinaria.

 

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