L’impatto della digitalizzazione sul mercato e sull’organizzazione dei liberi professionisti: alcuni spunti da un recente studio Eurofound e da un parere CESE*

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Bollettino ADAPT 4 aprile 2022, n. 13

 

In un recente studio Eurofound sull’impatto della digitalizzazione sul dialogo sociale e sulla contrattazione collettiva l’Istituzione europea si è occupata di quali possano essere le conseguenze della transizione digitale sul mondo del lavoro. Diversi sono infatti i possibili effetti dell’adozione di tecnologie quali la blockchain, i big data, l’internet of things e l’intelligenza artificiale sul piano occupazionale. Anche un recente rapporto ILO (Organizzazione internazionale del lavoro) ha sottolineato come la diffusione del digitale possa avere conseguenze particolarmente negative sul settore manifatturiero ove sono diffuse mansioni di carattere rutinario-ripetitivo maggiormente sostituibili da parte delle nuove tecnologie.

 

Tuttavia, anche il mondo dei professionisti, il cui lavoro è incentrato su mansioni di carattere cognitivo-intellettuale, non è esente da rischio occupazionali derivanti da questi processi. Il progresso tecnologico più recente è talmente avanzato che si è aperta la possibilità di automatizzare anche quelle mansioni caratterizzate da un maggior contenuto intellettuale, creativo, di problem solving o da destrezza, capacità manuale, fiducia, quali ad esempio le professioni in ambito sanitario, legale e nel lavoro di cura.

 

La convinzione secondo cui il settore delle attività professionali – grazie alla sua componente fortemente intellettuale e cognitiva sembrava essere meno interessato dalla dirompente trasformazione in atto – appare ora vacillare. Di fronte a questo scenario profondamente mutato le parti sociali hanno reagito in diverso modo e, a livello europeo, il CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo) in un parere approvato lo scorso anno sulle Libere Professioni 4.0 ha fatto una serie di raccomandazioni. Secondo il CESE i liberi professionisti utilizzano già con successo e in misura consistente applicazioni digitali e nuove tecnologie basate sull’intelligenza artificiale e non dovrebbero considerarle invece come concorrenti o possibili sostituti dei servizi erogati nell’ambito dell’attività professionale. Si tratta piuttosto di strumenti che già oggi migliorano e ampliano la fornitura di servizi professionali

 

Secondo il Comitato Economico e Sociale Europeo anche nel caso delle libere professioni la pandemia e le restrizioni hanno imposto una necessaria forte espansione dei servizi digitali e l’epidemia ha funto quindi da acceleratore di tendenze già in atto. I maggiori impatti si registrerebbero nell’ambito della consulenza legale con le tecnologie della blockchain, del legal tech (software giuridici), nell’ambito della diagnostica medica, della telemedicina, della costruzione e modellizzazione delle informazioni degli edifici tramite il BIM (Building Information Modelling), tutte tecnologie che stanno cambiando profondamente le modalità di rapporto con i tribunali e le autorità.      

 

La digitalizzazione agisce diversamente a seconda della professione esercitata ma il minimo comune denominatore può essere individuato nell’impatto su una delle principali caratteristiche di tutte le professioni: il rapporto fiduciario che viene appunto messo alla prova poiché il contatto tra cliente e professionista non è più diretto ma è sempre più mediato da strumenti tecnici. Anche il diritto professionale e la sua autoregolamentazione sono inevitabilmente sottoposti alla spinta della digitalizzazione ed è perciò necessario rivedere le norme che risultano superflue. Questo adeguamento, sempre secondo il CESE, deve essere fatto tramite il coinvolgimento delle associazioni professionali dei liberi professionisti che possono offrire assistenza ai loro membri nel quadro dello sviluppo di nuovi settori di attività digitali e tramite adeguamento delle norme deontologiche onde evitare effetti negativi su consumatori ed utenti finali.

 

L’impatto delle tecnologie sul lavoro libero-professionale è quindi certamente dirompente anche se, rispetto ad altri settori produttivi, la digitalizzazione è penetrata più lentamente. In conclusione, appare quindi centrale il ruolo del professionista 4.0 che non guardi con preoccupazione al nuovo ma metta al centro le proprie competenze e saperi per stare al passo con i tempi guidando e orientando il cambiamento nella moderna economia della conoscenza tramite formazione, aggiornamento e perfezionamento professionale.

 

Andrea Zoppo

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@AndreaZoppo

 

*Pubblicato anche su il Libero Professionista n. 2/2022

L’impatto della digitalizzazione sul mercato e sull’organizzazione dei liberi professionisti: alcuni spunti da un recente studio Eurofound e da un parere CESE*
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