Le parole della Sostenibilità/5: I lavori verdi

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Bollettino ADAPT 29 gennaio 2024, n. 3
 
È evidente come nell’attuale dibattito sulla transizione ecologica e giusta, si sia dedicata considerevole attenzione alle nuove opportunità lavorative, ovvero sulla trasformazione delle professioni e aggiornamento delle competenze nelle nuove economie green.
 
Particolare enfasi è stata posta, conseguentemente, sui cosiddetti “lavori verdi”, analizzando le caratteristiche, le peculiarità e criticità di tali nuove (o vecchie ma aggiornate) opportunità lavorative. Anche in Italia, si sono promosse numerose ricerche sulla diffusione dei green jobs, fra cui è opportuno richiamare l’analisi condotta da IRES-CGIL nel 2010 che ha identificato 54 nuove professioni distribuite su varie qualifiche, coinvolgendo sia figure specializzate che non; ovvero il rapporto Excelsior condotto da Unioncamere e Anpal nel 2018, incentrato sui fabbisogni occupazionali e professionali, il quale ha confermato che, oltre all’economia digitale, la domanda più significativa di impiego nei prossimi anni si concentrerà nel campo dell’ecosostenibilità.
 
Invero, a fronte di numerosi studi economici e quantitativi, sembra mancare una riflessione su “come fare” nell’individuare e sviluppare tali nuove competenze e professioni, ovvero, ancor prima, su cosa siano queste nuove professioni.

 
In questo quinto articolo che si propone di chiarire i termini della transizione (si vedano i precedenti articoli ai seguenti link: P. Manzella, S. Prosdocimi, Le parole della Sostenibilità: la Transizione Ecologica, in Boll. ADAPT, 25 settembre 2023; P. Manzella, S. Prosdocimi, Le parole della Sostenibilità 2: la Transizione Giusta, in Boll. ADAPT, 2 ottobre 2023; P. Manzella, S. Prosdocimi, Le parole della Sostenibilità/3: la Transizione Socio-ecologica, in Boll. ADAPT, 16 ottobre 2023; P. Manzella, S. ProsdocimiLe parole della Sostenibilità/4: la Transizione Energetica, in Boll. ADAPT, 16 ottobre 2023) si vuole quindi provare a definire il concetto di “green jobs”, a partire da una riflessione in merito alle policies internazionali e comunitarie in merito.

 
La definizione giuridica a livello internazionale
 
Nel contesto dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile e dell’esito del Summit Rio+20, si conferma la centralità della cosiddetta economia verde, quale uno degli strumenti più importanti disponibili per raggiungere lo sviluppo sostenibile, al fine di contribuire alla «crescita economica sostenuta, migliorando l’inclusione sociale, il benessere umano e creando opportunità di lavoro dignitoso per tutti, preservando nel contempo il sano funzionamento degli ecosistemi terrestri». Al centro, dunque, di una transizione verde e giusta, si evidenzia la necessità della promozione dei lavori dignitosi, mezzi per raggiungere l’obiettivo dello sviluppo sostenibile e la transizione giusta.
 
Similmente, anche gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) richiamano l’importanza di promuovere un’occupazione degna e giusta nei processi di transizione. In particolare, l’obiettivo 8 si preoccupa di «incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti», dunque esplicitando la necessità di garantire condizioni lavorative adeguate e giuste per tutti i lavoratori nei processi di transizione, senza discriminazioni e con particolare attenzione alla sostenibilità economica e ambientale.
 
Lo stesso Accordo di Parigi, pur non occupandosi direttamente del tema dell’occupazione, invero nei considerando iniziali afferma come gli obiettivi di seguito affermati siano stati identificati «tenendo conto degli imperativi di una giusta transizione per la forza lavoro e della creazione di posti di lavoro decorosi e di qualità, in linea con le priorità di sviluppo definite a livello nazionale».
 
Il tema del lavoro verde, a livello internazionale, emerge quindi in stretto collegamento con il concetto di lavoro giusto. Infatti, un posto di lavoro nelle nuove produzioni ed economie trasformate dalla transizione ecologica e digitale deve essere “degno”, tale dunque da garantire ai lavoratori un ambiente lavorativo sicuro, condizioni adeguate, retribuzioni eque e opportunità di sviluppo professionale.
 
In modo simile, anche l’Unione Europea, a partire dal Green Deal, inizia a occuparsi della questione. Affermando come la transizione ecologica e l’economia circolare possano essere chiave e opportunità per nuove attività produttive e posti di lavoro, il macro piano comunitario delinea, accanto agli obiettivi di lotta al cambiamento climatico e eliminazione delle emissioni, un meccanismo finalizzato a «tutelare i cittadini e i lavoratori più vulnerabili di fronte alla transizione, cui offrirà accesso a programmi di riqualificazione professionale, posti di lavoro in nuovi settori economici o alloggi efficienti sotto il profilo energetico». Si inizia, quindi, ad associare al concetto di green job quello delle competenze e della riqualificazione professionale. In tal senso, il Piano identifica nel Fondo sociale europeo Plus un valido strumento a sostegno dei lavoratori, al fine di acquisire le competenze di cui possano aver bisogno per la transizione dai settori in trasformazione e declino, a quelli in espansione e in adattamento ai nuovi obiettivi e processi. Il Green Deal richiama, inoltre, la necessità di aggiornare l’Agenda per le competenze europee per incrementare l’occupabilità nell’economia verde, nuovamente confermando il binomio green jobsgreen skills.
 
Secondo questa indicazione, nel luglio 2020, la Commissione Europea ha rilanciato il proprio impegno nel campo delle competenze e della formazione attraverso la nuova Skills Agenda, ovvero l’Agenda europea per le competenze, la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza. Il documento, che evidenzia la necessità per milioni di lavoratori di aggiornare le proprie competenze o di riqualificazione professionale, afferma il possibile impatto positivo della transizione, sia per l’ambiente che per i lavoratori, solo attraverso una popolazione e una forza lavoro informate e capaci di pensare e agire nella transizione stessa. Cinque sono le azioni da intraprendersi secondo il programma delineato dall’Agenda: la definizione di una tassonomia delle competenze verdi; la promozione e sottoscrizione di accordi con gli Stati membri su indicatori per il monitoraggio e l’analisi statistica delle competenze verdi; l’elaborazione di un Quadro europeo delle competenze verdi per l’educazione ai cambiamenti climatici, alle questioni ambientali, alla transizione verso l’energia pulita e allo sviluppo sostenibile; lo sviluppo delle competenze verdi di base per il mercato del lavoro; l’integrazione delle considerazioni ambientali e climatiche a tutti i livelli dell’istruzione, promuovendo in particolare percorsi STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) per le giovani donne.
 
Nella nuova Agenda emerge un elemento nuovo relativo ai green jobs, ovvero la necessità che tale nuovo programma sia trasversale a tutti i settori e aperto a tutti i portatori di interessi, invero individuando alcuni settori prioritari già individuati nel Green Deal europeo, in cui l’intervento risulta essere prioritario, e dove, quindi, strategie per lo sviluppo delle competenze e riqualificazione saranno essenziali.
 
A partire dalle azioni indicate nella Skills Agenda si è quindi creata la tassonomia che ha aggiornato dal 2022 il portale ESCO – multilingual classification of European Skills, Competences, Qualifications and Occupations con preciso riferimento alla transizione verde o, per meglio dire alla sfera della sostenibilità. Difatti, riconoscendo come la transizione stia apportando trasformazioni fondamentali nel modello economico europeo, creando nuovi posti di lavoro e sostituendo o ridefinendo alcuni lavori, la Direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e l’inclusione ha definito una tassonomia delle competenze per la transizione verde.

 
Il contesto nazionale italiano
 
Nel contesto normativo italiano si registra una simile attenzione al tema dei lavori verdi e delle nuove competenze.
 
Come, peraltro, emerge dall’analisi delle politiche europee, un ruolo centrale è rivestito dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Già nelle premesse si evidenzia, se non ancora la centralità della promozione dei lavori verdi, la necessità dell’adeguamento delle competenze in virtù delle necessitate transizioni ecologica e digitale. Il Piano identifica, infatti, quattro assi principali sulle quali interviene la realizzazione del programma di riforme e investimenti: l’accesso, per snellire e rendere più efficaci e mirate le procedure di selezione e favorire il ricambio generazionale; la buona amministrazione, per semplificare norme e procedure; le competenze, per allineare conoscenze e capacità organizzative alle nuove esigenze del mondo del lavoro e di una amministrazione moderna; la digitalizzazione, quale strumento trasversale per meglio realizzare queste riforme.
 
Secondo, dunque, tali indicazioni, è possibile riflettere sulla Missione 2 del Piano dedicata alla rivoluzione verde e transizione ecologica. In particolare, si delineano fra gli altri obiettivi lo «stimolo agli investimenti locali, creazione di posti di lavoro, promozione della resilienza sociale ed integrazione delle energie rinnovabili». Si sottolinea, in aggiunta, come «la creazione di posti di lavoro nei settori di sviluppo della missione potrà, in presenza delle competenze necessarie, accrescere l’occupazione giovanile».
 
Il riferimento nella sezione precedente alla classificazione ESCO è peraltro utile non solamente per la ricostruzione del quadro europeo, ma anche nella ricostruzione del quadro nazionale. Infatti, nell’ambito della regolamentazione del Fondo Nuove Competenze le abilità/competenze classificate quali “green” dalla Commissione Europea nel gennaio 2022, sono state riclassificate dall’ANPAL, per le finalità della specifica misura. Ovvero, al fine della presentazione dell’istanza di accesso al Fondo, i datori di lavoro devono identificare in sede di intesa la necessità di un aggiornamento delle professionalità dei lavoratori a seguito della transizione digitale ed ecologica in funzione di uno dei processi successivamente elencati fra cui, per l’appunto, quelli aggiornati sulla base delle indicazioni dell’ESCO.
 
Riflessioni linguistiche e concettuali
 
Numerose sono le definizioni di green job nella letteratura internazionale: ad esempio, lILO li descrive come «posti di lavoro dignitosi che contribuiscono a preservare o ripristinare l’ambiente, sia in settori tradizionali come la manifattura e l’edilizia, sia in nuovi settori verdi emergenti come le energie rinnovabili e l’efficienza energetica» e che «contribuiscono a migliorare l’efficienza nell’uso dell’energia e delle materie prime, limitare le emissioni di gas serra, ridurre al minimo i rifiuti e l’inquinamento, proteggere e ripristinare gli ecosistemi e sostenere l’adattamento agli effetti del cambiamento climatico». Ancora, la Commissione Europea afferma come i «green jobs sono “tutti i posti di lavoro che dipendono dall’ambiente o che vengono creati, sostituiti o ridefiniti (in termini di competenze, metodi di lavoro, profili generati, ecc.) nel processo di transizione verso un’economia più verde”».
 
Ancora oggi non disponiamo di una definizione univoca di green jobs: tuttavia, già da questi primi richiami si evidenzia l’espansione del concetto da una dimensione ristretta ai soli settori direttamente coinvolti in materia ambientale, a una dimensione olistica considerando, quindi le influenze della transizione verde nella maggior parte delle professioni e profili occupazionali ([1]). Infatti, in tal senso, alcune ricerche evidenziano piuttosto come i green jobs varino nella percentuale di greening (l’uso e l’importanza delle attività a impatto ambientale), con pochissimi impieghi composti esclusivamente da attività a impatto ambientale, suggerendo che il termine green dovrebbe essere considerato come un continuum piuttosto che come una caratteristica binaria.
 
Diverse sono invece le concezioni a livello nazionale: nei Paesi anglosassoni, l’espressione green jobs sia diventata piuttosto consolidata, a tal punto da essere stata inserita come voce a sé stante in diversi dizionari. Un esempio è il Cambridge Dictionary, che definisce il green job come “a job that is related to the protection of the natural environment”. Sebbene si possa discutere sull’efficacia di questa definizione, è altresì interessante notare come lo stesso dizionario ponga come alternativa all’espressione green jobs, traducibile in italiano con ‘lavori verdi’, quella di green-collar jobs, che riprende chiaramente i costrutti in lingua inglese utilizzati per identificare la forza lavoro impiegatizia (white-collar workers) e gli operai (blue-collar workers). L’espressione green-collar job, resa spesso in italiano con ‘lavoro dei colletti verdi’, identifica soprattutto i lavoratori “attivi nei settori dell’agricoltura e della tutela dell’ambiente, con particolare riguardo alle energie rinnovabili”.
 
Esaminando le due definizioni, tuttavia, si notano delle incongruenze che illustrano chiaramente le difficolta nel delineare i contorni delle mansioni relative ai lavori e lavoratori verdi. Come suggerito nella parte definitoria fornita nei paragrafi precedenti, sarebbe limitativo nonché fuorviante caratterizzare il lavoro verde semplicemente come un’attività riguardante l’agricoltura, a maggior ragione considerando lo stretto rapporto che, come detto, sussiste tra i concetti di ‘lavoro verde’ e ‘lavoro giusto’, che non necessariamente sono circoscritti alle attività agricole.
 
La questione diventa ancora più complessa laddove si considerino altre espressioni frequentemente impiegate, anche in ambito scientifico, per identificare i lavori verdi. Nella letteratura internazionale di lingua inglese si parla infatti spesso, inglobando significati comuni, di sustainability jobs, eco-jobs, environmental jobs e, come detto, green-collar jobs. Ciascuna di queste ‘etichette’ intende enfatizzare un aspetto relativo alla dimensione ambientale generalmente intesa, anche se non di rado risulta poi difficile definire in maniera netta le differenze tra l’una o l’altra espressione, quantomeno a livello concettuale.
 

Pietro Manzella

ADAPT Senior Research Fellow

@Pietro_Manzella
 
Sara Prosdocimi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ProsdocimiSara
 
[1] Per ulteriori approfondimenti, si veda Fondazione ADAPT, Green Skills in VET – Final report, in Green Skills in Vet Project, Grant Agreement No. VS/2021/0017.

Le parole della Sostenibilità/5: I lavori verdi