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Bollettino ADAPT 7 dicembre 2020, n. 45
Lโurgenza oggi รจ quella di riformare rapidamente un modello che non funziona salvando il reddito minimo introdotto e che si รจ rivelato molto utile anche durante la pandemia, e scorporando tutta la parte di politiche attive. Nel far questo il primo passaggio dovrebbe essere il prendere atto del fallimento del ruolo dellโAnpalย e quindi procedere alla sua abolizione, seguita da una riqualificazione dei navigator e del loro inserimento nella struttura dei Centri per lโimpiego.
Ma soprattutto bisogna avviare un enorme sforzo per costruire ecosistemi territoriali entro i quali sviluppare delle politiche attive che non abbiano nellโattore pubblico lโunico perno.
Fin dai giorni in cui si discuteva dellโintroduzione del reddito di cittadinanza in Italia, della sua struttura e delle sue finalitร , emergevano importanti criticitร ignorate dagli estensori del provvedimento, per il carattere politico del provvedimento e per la fretta nella sua introduzione. Oggi, quasi due anni dopo quella fase, Luigi Di Maio, ai tempi ministro del Lavoro e principale sostenitore dello strumento, sembra riproporre esattamente queste critiche. Lโaccettazione tardiva di quelle che erano fin dallโinizio evidenze innegabili haย generato non pochi problemi per le politiche del lavoro nel nostro paese.
Il problema principale รจ stato racchiudere in un unico strumento, il reddito di cittadinanza, diverse funzioni e in particolare sia la lotta alla povertร (nel frattempo per niente abolita) sia le politiche attive del lavoro. Nella mente degli ideatori quindi, la novitร sarebbe stata proprio in uno strumento che da un lato supportava le persone in difficoltร economica potenziando le risorse giร messe a disposizione dal Reddito di inclusione, creato tardi e con pochi finanziamenti, e, dallโaltro, aiutava le persone che percepivano lโaiuto economico a trovare lavoro.
La retorica costruita per presentare lo strumento, e probabilmente per renderlo piรน digeribile dagli elettori dellโaltro azionista di maggioranza, la Lega di Matteo Salvini, ruotava tutta intorno alla rassicurazione che nessuno sarebbe stato โsul divanoโ. Una retorica influenzata da unโantropologia negativa della povertร ย che implicava un enorme sforzo, presentato come lโobiettivo principe dello strumento, per formare le persone, rimetterle in gioco, trovare loro un lavoro. Obiettivo che fin da subito รจ parso a moltiย irrealizzabile, almeno fino a quando non siย fosse messaย mano alle fondamenta del poco performante (eufemismo) sistema dei servizi per il lavoro in Italia.
Per la fretta di introdurre subito il Reddito di cittadinanza senza alcuna sperimentazione, si รจ dato il via alla costruzione di un palazzo senza aver sistemato le fondamenta. Il paradosso รจ stato quello di procedere alla costruzione parallela di palazzo e fondamenta ossia allโavvio dellโerogazione del reddito nello stesso arco di tempo in cui si iniziava a capire come selezionare i navigator e a come potenziare i Centri per lโimpiego.
La prima ammissione di colpa indiretta รจ stata lโintroduzione, non certo prevista dalla norma, di una Fase 1 di erogazione del reddito e poi, successivamente, di una Fase 2 che doveva coincidere con lโavvio di tutto il sistema delle politiche attive. Una distinzione che รจ stata fatta passare per normale e allโinterno di un tradizionale processo di implementazione ma che in realtร tradiva il fallimento, giร scritto sulla carta, di un provvedimento nato male. E il fallimento della Fase 2, che risuona nellโammissione di Di Maio dei giorni scorsi, รจ la conferma di questo.
Abbiamo quindi tenuto in vita, con importante dispendio di risorse e di energie, un malato che sapevamo destinato alla morte, e lo abbiamo fatto consapevolmente. Quando la situazione politica รจ parsa invece favorevole, complice anche la pandemia, ad un allentamento delle posizioni ideologiche originarie, si รจ iniziato a staccare la spina, che resta perรฒ ad oggi ancora saldamente al suo posto.
Ma non dobbiamo solo misurare lโestensione delle macerie, prime tra tutte le politiche attive del lavoro che, mai implementate veramente, sono state bloccate definitivamente dal reddito di cittadinanza, salvo che in poche regioni virtuose. Lโurgenza oggi รจ quella di riformare rapidamente un modello che non funziona salvando il reddito minimo introdotto e che si รจ rivelato molto utile anche durante la pandemia, e scorporando tutta la parte di politiche attive. Nel far questo il primo passaggio dovrebbe essere il prendere atto del fallimento del ruolo dellโAnpal (lโAgenzia nazionale per le politiche attive) e quindi procedere alla sua abolizione, seguita da una riqualificazione dei navigator e del loro inserimento nella struttura dei Centri per lโimpiego.
Ma soprattutto bisogna avviare un enorme sforzo per costruire ecosistemi territoriali entro i quali sviluppare delle politiche attive che non abbiano nellโattore pubblico lโunico perno. Questo vuol dire coinvolgere imprese, sindacati, scuole, universitร , agenzie private. Una impresa tuttโaltro che facile ma che significherebbe un cambio di rotta vero e significativo, perchรฉ purtroppo buona parte del palazzo va demolita, e non certo ricostruita con lo stesso progetto.
Presidente Fondazione ADAPT
Scuola di alta formazione su transizioni occupazionali e relazioni di lavoro
*pubblicato anche su Domani col titolo “Come salvare il reddito di cittadinanza dal peccato originale di Luigi Di Maio” il 3 dicembre 2020