Quelle politiche attive che riguardano tutti, ma non interessano a nessuno

Ad oltre un anno dal varo normativo, l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) è pronta a svolgere il gravoso compito di regista della neonata Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, nonché di gestore dell’assegno di ricollocazione, la misura sperimentale di riattivazione e accompagnamento al lavoro dei disoccupati che ha l’ambizione di essere la prima politica attiva a favore degli esclusi dal mercato del lavoro coordinata a livello nazionale.

Il diffuso scetticismo che accompagna la nuova Agenzia non è ingiustificato: quello che doveva essere uno dei capitoli centrali del Jobs Act è stato soffocato per quindici mesi in grane burocratiche e rimpalli amministrativi. Ancora non esiste un sito internet ufficiale; pochi sono i dipendenti ministeriali che hanno volontariamente sposato la causa trasferendosi alle dipendenze del nuovo ente; piuttosto difficile è il rapporto tra ANPAL, le Regioni e le parti sociali.

Ciò nonostante bisogna sperare che la struttura guidata dal prof. Maurizio Del Conte consegua gli obiettivi che si è preposta: sono sempre più numerosi i dati del mercato del lavoro che dimostrano l’urgenza di politiche attive efficienti. Come recentemente certificato dall’INPS, il numero dei nuovi contratti a tempo indeterminato (gennaio-agosto 2016) è inferiore a quello censito nel 2014, quando ancora non era stata approvata la riforma del lavoro, a conferma dello scoppio della “bolla” occupazionale generata dagli incentivi economici concessi nel 2015. È tornata a crescere la disoccupazione, specie quella giovanile. È sensibilmente aumentato il numero dei licenziamenti per motivi economici e disciplinari, conseguentemente all’entrata in vigore del contratto a tutele crescenti.

Se al Jobs Act va certamente ascritto il merito di avere superato alcuni dei vecchi dogmatismi del diritto del lavoro italiano, provando a leggere la grande trasformazione del lavoro in atto, d’altra parte l’urgenza della realtà sollecita il Governo a chiudere il cerchio e, quindi, a mettere al centro dell’intervento sul lavoro le politiche attive e la formazione continua come uniche leve per aiutare le persone a mantenere la propria occupazione e, ancor più, quando persa, a ricollocarsi investendo sulle proprie competenze.

Si tratta di materie che meriterebbero ben più risorse di quelle previste nella prossima legge di bilancio. Peccato il Governo abbia scelto di destinarle a più opportunistici scambi in materia di previdenza e politiche passive.

 

Emmanuele Massagli

Presidente Adapt

@EMassagli

 

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Quelle politiche attive che riguardano tutti, ma non interessano a nessuno
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