Perchè il Nobel a Holmström e Hart è un premio alla buona impresa

Roma. Il Premio Nobel per l’economia del 2016 va a Oliver Hart e Bengt Holmström “per il loro contributo alla teoria dei contratti”. Ancora una volta, l’Accademia di Svezia riconosce l’importanza di un lavoro che guarda agli effetti delle regole sul comportamento degli agenti economici.

Holmström, finlandese di stanza al Massachusetts Institute of Technology, si è concentrato prevalentemente sui “problemi di agenzia”: i rapporti che legano un principale a un agente. Per esempio, l’azionista e il management di un’impresa. Il modo in cui è definito il compenso di quest’ultimo incide sulla sua performance e, quindi, sulla creazione di valore per l’azionista. Data questa relazione, Holmström ha investigato come strutturare i meccanismi di remunerazione per incoraggiare l’impegno ottimale dell’agente, come misurarne la performance e a quali condizioni gli interessi di agente e principale sono allineati o in conflitto. Le analisi di Holmström si sono estese a svariati campi tra cui il settore assicurativo e ai fenomeni di “azzardo morale”: quale sia la miglior ripartizione dei rischi tra principale e agente per evitare, per esempio, che il titolare di una polizza assicurativa, sentendosi le spalle coperte, finisca per rischiare più di quanto non farebbe altrimenti.

Hart, inglese con la cattedra a Harvard, è invece noto per la teoria dei contratti incompleti: nel momento in cui un contratto è negoziato, le parti non sono in grado di prevedere tutte le possibili situazioni che potrebbero verificarsi in futuro. Per la stessa ragione è difficile sapere in anticipo come tali contingenze future possano influenzare il potere negoziale delle parti. E, quindi, se una delle due parti possa avvantaggiarsi da un eventuale comportamento opportunistico post-contrattuale, il cosiddetto hold-up. Nel timore di ciò, le parti potrebbero essere scoraggiate dall’intraprendere investimenti specifici che però porterebbero a un mutuo beneficio.

L’indagine di Hart e Holmström non investe solo la struttura dei contratti ma ha anche implicazioni per le politiche pubbliche, sotto almeno due versanti. Il primo è legato alla regolazione (intesa in senso ampio come produzione di norme): da molti punti di vista essa si configura come un contratto incompleto, perché da un lato plasma vincoli e incentivi, dall’altro deve fare i conti (ancor più degli arrangiamenti privati, che hanno ovviamente più flessibilità) con un mondo che cambia continuamente…

 

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