La Scuola Politecnica del made in Italy, tra cultura e manifattura 4.0

Sta nella cultura, la capacità delle migliori imprese italiane di reggere la competizione internazionale. Nell’intelligenza creativa e realizzativa delle persone che ci lavorano. Nello sguardo lungo e innovativo degli imprenditori e dei lavoratori. Un grande capitale umano e sociale, da valorizzare e fare crescere. La riprova? Nella nascita di una scuola del made in Italy. Dove formare persone utili, anzi meglio indispensabili per rafforzare “il lusso hi tech”, quell’impasto originale tra creatività sofisticata e nuove tecnologie digitali che sta alla base della nostra competitività manifatturiera.

Si chiama, appunto, “Scuola Politecnica del Saper Fare italiano“, è il frutto recente dell’intesa tra Altagamma (l’associazione delle 115 imprese del lusso, presieduta da Andrea Illy), l’Assolombarda, il ministero dell’Istruzione, la Regione Lombardia e il Politecnico di Milano e sarà costruita nell’ex area Expo, proprio accanto ai laboratori di ricerca e alle imprese di Human Technopole e al nuovo campus scientifico dell’Università Statale (alla fine della scorsa settimana il governo e il Parlamento hanno finalmente sbloccato i fondi per le due iniziative, con gli stanziamenti nella legge di bilancio).

Che scuola è? Un istituto tecnico superiore post diploma, tre anni di studi specializzati, 900 diplomati nel primo triennio, a partire dal 2018: una formazione “trasversale ai settori produttivi ad alto tasso di creatività, come moda, alimentare, arredo e gioielleria e a più alto livello d’innovazione tecnologica, come automazione, biotecnologie, farmaceutica”, spiega Andrea Illy, presidente di Altagamma. E aggiunge: “È il primo passo per costruire una rete di scuole.

Questo istituto diventerà il fulcro di un polo tecnico funzionale che coinvolgerà istituti tecnici, scuole professionali, scuole di formazione aziendali, università. Tre le finalità: selezionare i migliori studenti, ammodernare i programmi di studio, inventare nuovi mestieri”. Artigiani hi tech ed esperti di Industry4.0, insomma. Con una visione ambiziosa. “Luxury 4.0, l’evoluzione del settore al 2025”, si chiama infatti il progetto di Altagamma. Basato su una considerazione di fondo: il mercato globale del lusso vale più di mille miliardi di euro, l’Italia ne ha una quota del 10% (equivalente al 5% del Pil nazionale).

E questa competitività va difesa. Proprio puntando sulla creatività. E sul capitale umano. Innovazione, ricerca e sviluppo, imprese in grado di insistere su prodotti e produzioni ad alto valore aggiunto, cultura aperta. “Nel settore del lusso inteso in modo allargato, dalla moda alla nautica, dai gioielli al design ci sono 110mila posti vacanti”, sostiene Illy. Un ecosistema produttivo. Con parecchia ricchezza da creare: imprese, lavoro, futuro. Dando ragione, nel mondo digitale, alla lezione di Carlo Maria Cipolla, grande storico dell’economia, sugli “italiani abituati, fin dal Medioevo, a produrre, all’ombra dei campanili, cose belle che piacciono al mondo”. Tradizione e innovazione, appunto.

E nuova spinta alla competitività di settori cardine della manifattura e, di conseguenza, dell’intero Paese. La scuola del made in Italy è l’ultimo degli esempi della crescente consapevolezza che lo sviluppo italiano sia strettamente legato al connubio tra “cultura & manifattura”. “Investire di più sulla conoscenza per costruire il lavoro”, ripete spesso il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, guardando all’evoluzione dell'”Italia digitale”…

 

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