Jobs act, è stallo nella maggioranza

Sul Jobs act al Senato è stallo all’interno della maggioranza, divisa tra l’ala centrista (Ncd, Sc, Ppi, Svp) che preme per concedere una «delega ampia» al Governo per riscrivere lo Statuto dei lavoratori e il Pd, favorevole invece ad un intervento circoscritto solo ad alcuni articoli della legge 300 del 1970, che riguardano il capitolo “mansioni” e quello dei “controlli a distanza”.
 
In questo clima ieri mattina la Commissione Lavoro ha ripreso l’esame di 5 dei 6 articoli del Ddl, limitandosi ad approvare alcuni emendamenti accantonati prima dell’estate, e, in attesa del parere della commissione Bilancio, tornerà a riunirsi giovedì prossimo. L’articolo 4 con il riordino delle forme contrattuali e il contratto a tutele crescenti resta ancora nell’angolo, in attesa che la maggioranza trovi una posizione comune, dal momento che tocca il tema “caldo” dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
 
Per il Presidente della cCommissione e relatore del Ddl, Maurizio Sacconi (Ncd) «l’esame della delega può essere rapido, il testo si può consegnare all’Aula intorno al 18 settembre, ma va sciolto il nodo politico della riforma dello Statuto dei lavoratori: ha 44 anni, è giunta l’ora di cambiarlo». Per Sacconi la «soluzione non può essere più arretrata rispetto alla posizione espressa dal premier e segretario del Pd Renzi nell’intervista al Sole 24 ore» di mercoledì «sulla riforma dello Statuto dei lavoratori, articolo 18 compreso».
 
In sostanza, per Sacconi serve una delega ampia «che comprenda tutto lo Statuto lavoratori e quindi anche la disciplina sul recesso, le mansioni, il controllo a distanza». Ipotesi però respinta dal Pd, che nella riunione di martedì ha stabilito una linea comune da tenere alla Camera e al Senato. «Si può intervenire su alcune materie dello Statuto dei lavoratori ma non su tutto l’impianto afferma il capogruppo Pd in Commissione Lavoro, Annamaria Parente. Serve un accordo politico nella maggioranza per approvare il Ddl in tempi brevi e lanciare un segnale all’Europa».
 
Il Pd apre sulla revisione dell’articolo 4 dello Statuto che vieta «l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori», vincolando l’installazione se richiesta da esigenze organizzative all’accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, o con la commissione interna. In assenza di un’intesa, all’ispettorato del lavoro spetta la decisione finale. Altro tema su cui il Pd ha aperto è la revisione dell’articolo 13 dello Statuto, secondo cui il lavoratore «deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto», in sostanza la prestazione lavorativa deve essere stabilita dalle parti al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro (non in un momento successivo). Lo stesso articolo vieta «il trasferimento da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive».
 
Dalla Camera, il presidente della Commissione Lavoro, Cesare Damiano (Pd), fissa un altro paletto: «Va modificato l’articolo19 dello Statuto (sulla costituzione delle Rsa), allineandolo all’intesa tra le parti sociali sulla rappresentanza nei luoghi di lavoro sostiene – Sono contrario alla cancellazione dell’articolo 18. La libertà di licenziamento nel momento di massima crisi sarebbe un harakiri per il Governo». Tra le novità contenute negli emendamenti della Commissione lavoro del Senato, c’è la possibilità di cedere la quota aggiuntiva di ferie che è nella disponibilità del lavoratore (che vanno oltre il minimo inalienabile fissato dalla legge), a colleghi con particolari situazioni (carichi familiari) che ne hanno bisogno.
 
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