Industria 4.0: sfida senza alternative

Quando nel 2015 il governo Renzi aprì la discussione su Industria 4.0 si guardò bene dal coinvolgere le organizzazioni sindacali o un qualsiasi rappresentante dei lavoratori. Non lo fece la ministra Guidi quando istituì al Mise la prima cabina di regia e non lo fece il presidente del Consiglio quando avocò a sé il progetto. Si era del resto nel pieno della stagione della “disentermediazione”, un’attività che dalle parti di Palazzo Chigi veniva praticava con ostentata militanza. È stato in tempi più recenti il ministro Calenda, con il Miur, il primo ad avanzare una proposta di governance  non preclusiva verso il sindacato. Da allora, sono trascorsi oltre sei mesi.

Nel frattempo, nella legge di bilancio 2017 sono stati confermati super e iper ammortamento insieme ad altri interventi di sostegno al “Progetto Industria 4.0”, mentre nel Paese sono state fatte centinaia di iniziative. Quando sono state promosse da Confindustria o dal governo (o da entrambi) si è registrata una scarsa attenzione al rapporto con i territori e con le organizzazioni sindacali. Non c’è dubbio che questo strabismo non ha suonato solo un po’ fazioso, ma soprattutto ha rischiato di ridurre il quadro di consapevolezza e di consenso necessari per dare una probabilità di successo al Piano Industria 4.0.

È chiaro infatti che l’accelerazione che l’Europa sta imprimendo a questa sfida rappresenta una delle poche chance per l’Italia perché non resti ancora una volta ai margini del nuovo salto competitivo. Anche per questo il documento unitario (leggi qui il testo integrale) inviato nei giorni scorsi da Cgil, Cisl e Uil al ministro Calenda assume un’importanza strategica…

 

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