Il valore aggiunto delle organizzazioni sindacali nei luoghi di lavoro. Evidenze dal caso del Regno Unito

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The Added Value of Trade Unions è il titolo di un recente rapporto, di cui questo articolo rappresenta la sintesi, pubblicato dal Trade Union Congress, sull’impatto economico della rappresentanza sindacale nel Regno Unito. Gli autori, Alex Bryson e John Forth, passando in rassegna oltre quarant’anni di ricerche in materia, tracciano un quadro di come la sindacalizzazione di un luogo di lavoro incida su diverse variabili – dal salario dei dipendenti alla capacità di riorganizzazione del datore di lavoro. Sebbene i risultati della review, per stessa ammissione degli autori, non siano sempre univoci, alcune relazioni stabili sono individuate con i seguenti fattori.

 

Salario

 

Per quanto riguarda il più tradizionale dei benefici collegati alla sindacalizzazione, i dati suggeriscono che i lavoratori iscritti al sindacato guadagnino in media il 5% in più dei loro pari grado non iscritti. Il differenziale retributivo è gradualmente calato dal 10% di fine anni Novanta, con la sola eccezione del triennio 2009-2011. Evidentemente in quegli anni i sindacati sono riusciti a proteggere i propri iscritti dalla compressione salariale dovuta alla recessione. Inoltre, le componenti “non spiegabili” del salario risultano essere più alte e oscillanti nei luoghi di lavoro non sindacalizzati; il sindacato quindi, incoraggiando un agganciamento del salario a dei criteri oggettivi, garantisce una maggiore equità retributiva dei dipendenti.

 

Orario di lavoro

 

Gli studi concordano nell’individuare benefici per i dipendenti iscritti al sindacato, che tendono a lavorare meno ore di straordinario non pagato e hanno diritto a periodi più lunghi di ferie retribuite. Inoltre, almeno fino alla fine degli anni Novanta, i luoghi di lavoro sindacalizzati offrivano congedi parentali o familiari più lunghi o servizi di c.d. child-care. Ovviamente vi sarebbe necessità di aggiornare le ricerche su questo punto, anche alla luce dei cambiamenti nella legislazione in materia.

 

Livelli di occupazione

 

La tipica conseguenza negativa che si può immaginare collegata alla sindacalizzazione è una maggiore rigidità del datore di lavoro nell’aumentare la forza lavoro. Effettivamente, tutti gli studi condotti negli anni Ottanta e Novanta concordano sul minore tasso di crescita annuale dell’occupazione nei luoghi di lavoro sindacalizzati (tra il 2% e il 4% in meno rispetto a quelli non sindacalizzati). A conferma di questa correlazione, i dati mostrano che l’effetto negativo sulla crescita occupazionale è più evidente quando la contrattazione copre più dipendenti. Tuttavia, ricerche analoghe relative a periodi successivi (dalla fine degli anni Novanta agli anni Duemila) non riscontrano differenze nella crescita occupazionale tra luoghi di lavoro sindacalizzati e non. Si può quindi supporre che questo effetto negativo della sindacalizzazione sui livelli di impiego sia andato attenuandosi nel tempo.

 

Formazione professionale

 

Studi recenti mostrano come la probabilità di ricevere un addestramento professionale relativo alla propria mansione sia più alta se il lavoratore è iscritto al sindacato, coperto dalla contrattazione collettiva o se il sindacato è riconosciuto dall’azienda. La stessa ricerca mostra come la possibilità di ricevere un training off the job sia più alta in caso di presenza del sindacato anche se il lavoratore non è iscritto al sindacato stesso. Guardando al solo settore privato, se vi è un rappresentante aziendale l’aumento di questa possibilità è stimato in un valore del 5%. Si può quindi concludere che la sindacalizzazione abbia effetti positivi inequivocabili sulla formazione professionale dei lavoratori.

 

Turnover

 

Tutti gli studi riferiti agli anni dal 1990 al 2008 sono concordi nell’associare la presenza sindacale ad un minor tasso di dimissioni volontarie dal luogo di lavoro. Al contrario, la formazione di rappresentanze dei lavoratori non sindacali (“non union voice”) non porterebbe ad alcun miglioramento significativo nel tasso di abbandono volontario rispetto ad un’assenza di rappresentanza tout court. Tuttavia, è da notare come lo studio più recente – un’indagine comparativa tra Francia e Gran Bretagna, che utilizza dati del 2011 – rilevi come solo la presenza di un rappresentante sindacale aziendale possa essere associata ad un minore tasso di turnover volontario.

 

Innovazione e riorganizzazione

 

Sebbene le ricerche mostrino come sino agli anni Ottanta la sindacalizzazione costituisse un freno alla capacità dell’imprenditore di riorganizzare l’azienda, la situazione oggi è ben diversa. Studi recenti evidenziano come nei luoghi di lavoro sindacalizzati sia più probabile l’impiego di metodi di organizzazione del lavoro ad alta performance come il team working e i problem-solving groups. Considerando inoltre il livello a cui avviene la contrattazione, gli studi hanno mostrato come la contrattazione a livello aziendale sia associata positivamente con l’innovazione di prodotto. Ne consegue che l’immagine risalente di un sindacato deleterio per l’innovazione è oggi da ritenersi distorta e sconfessata dai fatti.

 

Rocco Casciani

ADAPT Junior Fellow

@RoccoCasciani

 

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