Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/7 – Il rapporto tra relazioni industriali e lo sviluppo organizzativo

La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del Rapporto
sulla contrattazione collettiva in Italia. Per informazioni sul rapporto - e anche per l'invio di casistiche e accordi da
commentare - potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

Bollettino ADAPT 15 febbraio 2021, n. 6

 

La storia del rapporto tra il sistema delle relazioni industriali è relativamente recente. Se si tenta di ricercare punti di dialogo tra la contrattazione collettiva e quelli che sono i paradigmi organizzativi, manageriali e del lavoro, ne esce un quadro che vede un lungo periodo di disinteresse sia da parte degli studiosi sia da parte della contrattazione, interrotto recentemente dalla centralità assunta dalla questione della produttività nella crisi e nei, ormai non così nuovi, paradigmi di lean organisation.

 

Al centro della tematica del cambiamento organizzativo vi sono due questioni del massimo interesse per le relazioni industriali: quella della produttività e quella della partecipazione. La necessità di essere competitivi sui mercati globali genera la spinta verso l’innovazione organizzativa. Dall’altro lato, sono proprio i nuovi paradigmi organizzativi a promuovere un ruolo più ampio e inedito degli operatori nel realizzare il successo del prodotto o del servizio. Questo nuovo assetto pone questioni nuove alle relazioni industriali.

 

Valido strumento nel tentativo di cogliere e delineare l’andamento nel tempo di questo rapporto, è l’analisi dei rapporti ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia, che dal 2015 fornisce un quadro chiaro ed empirico sull’imponente massa di materiale contrattuale in Italia. L’analisi come vedremo metterà in evidenza il tema emergente della partecipazione diretta dei lavoratori, introdotta su iniziativa del management e ancora poco integrata nel sistema di relazioni industriali.

Come già anticipato, il dialogo tra le due entità risulta recente. Fino al 2016 infatti all’interno della contrattazione collettiva non si assiste a particolari spinte innovative dal punto di vista dei cambiamenti organizzativi, se non accenni ad esempi di flessibilità applicati a istituti come l’orario di lavoro e le tipologie contrattuali (part-time).

 

Diversa, seppur ancora solo leggermente, la situazione nella contrattazione aziendale, essendo in quegli anni numerose le realtà che affrontano riorganizzazioni aziendali successive alla crisi. Sul tema della competitività particolare il caso Valentino di cui in un accordo le parti concordano sull’opportunità di realizzare un sistema di relazioni industriali che, “nell’ambito dell’autonomia delle scelte imprenditoriali, persegua la partecipazione dei lavoratori al conseguimento degli obiettivi aziendali”. In relazione a ciò, l’insieme dei rapporti tra le parti si svilupperà «attraverso la ricerca di convergenze nell’analisi dei problemi e nell’individuazione di possibili soluzioni, con la finalità di valorizzare il dialogo e ridurre le occasioni conflittuali, assicurando la necessaria tempestività nell’introduzione e nello sviluppo dei processi atti a garantire la competitività dell’azienda»

Per quanto riguarda i premi di risultato e la partecipazione, i primi, seppur sempre più negoziati all’interno della contrattazione aziendale, sono ancora legati a indicatori di redditività o fatturato e comunque rimangono ancora di importo fisso. La partecipazione organizzativa dei lavoratori alla vita aziendale e l’introduzione di organismi paritetici rimane legata a tematiche soprattutto di salute e sicurezza o comunque non ancora a tematiche di sviluppo organizzativo.

 

Nella contrattazione degli anni successivi, la situazione cambia, seppur le spinte innovative sono riscontrabili ancora per lo più nella contrattazione di secondo livello. Beneficiando, oltre che della tassazione agevolata, anche di una parziale decontribuzione, ai sensi dell’articolo 55 del decreto-legge n. 50/2017, i premi di risultato stabiliti tramite contratti collettivi aziendali con clausole di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro registrano una certa frequenza. Si riscontrano: sistemi volti ad incentivare la presentazione di proposte innovative da parte dei dipendenti, spesso gestiti nell’ambito di Commissioni paritetiche o comunque in maniera coordinata tra RSU/OO.SS. e responsabili aziendali o, come nel caso Bonfiglioli, gruppi di lavoro nei quali i dipendenti sono chiamati a collaborare direttamente con i responsabili aziendali, contribuendo in modo costruttivo e propositivo, con la loro professionalità e competenza, allo sviluppo sostenibile dell’azienda.

 

Particolari i casi aziendali nel settore automotive: qui si osservano, nel caso FCA, dei premi di risultato variabile basati sul World Class Manufacturing in parte variabile della retribuzione è collegata a obiettivi di efficienza e ad obiettivi connessi con il piano industriale 2015-2018, cui si aggiungono incentivi individuali legati alla presenza e al rendimento. Nell’accordo siglato da Ducati si intende valorizzare l’unicità e la specificità di alcune risorse chiave per l’organizzazione inserendo all’interno del sistema premiante individuale un elemento rappresentato dall’istituto della polivalenza e polifunzionalità, in cui è fortemente presente il tema della partecipazione del lavoratore. Ed infine Motori Minarelli, nel cui integrativo si viene a creare una commissione bilaterale (CTB) con funzione consultiva e di proposta finalizzata a rilevare eventuali criticità e cause e ad esaminare possibili azioni correttive, perseguendo l’obiettivo comune tra le parti del miglioramento continuo dei processi organizzativi e con essi il miglioramento dei risultati di redditività, produttività, qualità ed efficienza e conseguentemente il rafforzamento della posizione competitiva dell’azienda.

 

Interessante come nella contrattazione relativa agli ultimi anni (2018-2019) all’istituto della partecipazione attiva alla vita d’azienda, che negli anni precedenti poteva essere visto come particolarmente innovativo e comunque trattato nella minor parte degli accordi aziendali, si venga dato sempre più peso. Ed anzi si riscontra in quest’anno la volontà di adottare un approccio partecipativo alle relazioni industriali, considerato come maggiormente idoneo ad un adeguamento dinamico, flessibile e veloce del contesto organizzativo aziendale alle sfide che lo investono.

 

Con riferimento, invece, alla retribuzione variabile, accanto ad obiettivi tradizionali come la produttività, la redditività e l’efficienza, compaiono indicatori come la crescita delle competenze digitali, il raggiungimento di migliori standard di sicurezza, la riduzione dei tempi di reazione dell’organizzazione aziendale alle oscillazioni della domanda e il rispetto delle scadenze e degli obiettivi nell’ambito di progetti di innovazione organizzativa. Sono inoltre riscontrabili negli accordi, non solo obiettivi collettivi, misurati sui risultati economici aziendali, ma anche indicatori di performance individuali, più vicini al contributo concreto del singolo lavoratore.

 

Si osservano casi come Technogym e Brawo in cui Vengono istituiti Team di Miglioramento, successivamente introdotti anche da Luxottica, con lo scopo di consentire la partecipazione attiva dei collaboratori nei processi di innovazione e di miglioramento delle postazioni e prestazioni aziendali, o appositi sistemi in cui i dipendenti possono presentare proposte e/o suggerimenti volti a migliorare la competitività dell’azienda in termini di produttività, efficienza, innovazione e qualità del prodotto, compilando un’apposita scheda da inserire nella cd. “cassetta delle idee”.

 

Temi di coinvolgimento paritetico come: alla lotta agli sprechi, la lean production, la metodologia 5S, ecc. sono ormai sempre più citati negli accordi aziendali e delineano un chiaro sguardo di riconoscimento da parte del sistema delle relazioni industriali verso quelli che sono i nuovi paradigmi organizzativi.

 

Sviluppo Organizzativo che passa anche dalla riformulazione di ruoli e mansioni, come nel caso di Ferrero che promuove un riassetto nella “necessità di prevedere una figura di venditore che colga appieno tutte le sfide e le opportunità che si presentano sul mercato, rispondendo alla sempre maggiore esigenza di avere, nell’ambito del presidio periferico dei punti vendita, un approccio ancor più ampio e globale nel soddisfare le necessità della distribuzione”, venendo così a creare un’unica figura di venditore che assimila due rispettivi ruoli precedenti.

 

Non manca l’argomento formazione in cui un esempio è dato da Unilever che sigla un accordo definito “Agenda per lo sviluppo del capitale umano nell’Industria 4.0 “, ed è dedicato al tema cruciale della formazione dei lavoratori alla luce dell’impatto di Industria 4.0, con quattro principali direttrici di azione: coniugare flessibilità organizzativa e sicurezza sociale; predisporre programmi di apprendimento che coinvolgano la totalità dei lavoratori; modulare i progetti in base all’età delle persone coinvolte; costruire alleanze strategiche sul territorio con istituzioni e altre aziende.

 

Una storia di interesse maturata recentemente quella tra il sistema delle relazioni industriali e lo sviluppo organizzativo. Abbiamo visto come quello che prima era solo ambito di azione del management aziendale senza alcun dialogo, e forse anzi episodi di ostacolo, tra i sopracitati protagonisti, adesso si ritrova essere terreno fertile per l’azione della contrattazione collettiva.

 

Umberto Puzzo

Scuola di dottorato in apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@UPuzzo

 

Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/7 – Il rapporto tra relazioni industriali e lo sviluppo organizzativo