Vertenza Whirlpool: sindacato diviso a ruoli invertiti

Quando alla fine dello scorso anno la multinazionale statunitense Whirlpool rilevò Indesit, la nota azienda di elettrodomestici della famiglia Merloni, l’operazione venne definita dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi come «fantastica». Ma la vicenda sembra aver preso ora una piega ben diversa da quelle che erano state le premesse.

 

Sopraggiunto con notevole ritardo rispetto alle tempistiche ordinarie, il piano industriale della multinazionale statunitense prevede una pesante razionalizzazione della capacità produttiva dei siti italiani, disattendendo, di fatto, i propositi manifestati all’indomani dell’acquisizione di Indesit, che prospettavano investimenti per 83 milioni di Euro e nessun licenziamento sino alla fine del 2018. Tra i punti più critici, la chiusura dello stabilimento di Caserta e del centro di ricerca e sviluppo di None, in provincia di Torino. Il tutto per un conto totale di oltre 2.000 esuberi, solo in piccola parte compensati dal rafforzamento dei poli di Varese e Ancona.

 

Nel tentativo di non far decadere gli investimenti prospettati dal colosso americano, la Fiom si ritrova ora a ricoprire un insolito ruolo di interlocutore, se non di mediatore. Mentre le altre organizzazioni sindacali, Fim e Uilm, sembrano meno propense ad accettare compromessi. Da una parte, infatti, la Fiom ha dichiarato di voler entrare pienamente nel merito della vicenda, non chiudendo ad ulteriori confronti, anche bilaterali. I metalmeccanici della Cgil vogliono continuare a trattare con l’azienda in qualsiasi sede, con l’obiettivo di difendere gli investimenti e, al contempo, ottenere il ricorso ad ammortizzatori sociali e incentivi agli esodi. Dall’altra parte, invece, Fim e Uilm hanno escluso qualsiasi confronto bilaterale con la controparte aziendale, privilegiando un percorso di incontri istituzionali e garanzie governative. I metalmeccanici della Cisl e della Uil paventano l’insufficienza di ammortizzatori sociali e incentivi: data la mole di esuberi, un mero ricorso agli incentivi all’esodo volontario non scongiurerebbe i licenziamenti e accontenterebbe soltanto una minima parte delle maestranze.

 

Già dal mese di aprile, i confronti istituzionali sulla vertenza si erano susseguiti fitti. Ma l’intesa, come hanno dichiarano le stesse parti coinvolte, è rimasta sempre lontana. Altri incontri in sede istituzionale sono in programma per inizio giugno. Nonostante le diverse vedute sulla conduzione della vertenza, i segretari generali delle sigle metalmeccaniche hanno indetto uno sciopero generale riguardante tutti i lavoratori del gruppo per il 12 giugno, oltre ad una manifestazione nazionale a Varese, su cui già si sono accesi i riflettori dei mezzi d’informazione.

 

La vertenza Whirlpool esula dai meri confini aziendali ed arriva a coinvolgere una porzione intera del sistema produttivo italiano. In discussione, infatti, c’è la sopravvivenza dell’indotto e di una tra le principali realtà imprenditoriali del Mezzogiorno. Il sito di Caserta, il più colpito dai tagli occupazionali, è tra i fiori all’occhiello del sistema produttivo Meridionale: una sua chiusura avrebbe ricadute pesanti per la regione, sia sotto il profilo sociale, sia sotto il profilo economico.

 

Proprio nei giorni scorsi Ignazio Visco ha ricordato come un pericoloso freno alla ripresa economica del nostro paese potrebbe essere rappresentato proprio dallo stato alluvionale del sistema produttivo e occupazionale delle regioni del Sud. Da questo punto di vista, la vicenda Whirlpool rischia di rendere concreti i pericoli prospettati dal Governatore della Banca d’Italia. Allo stesso modo, non sembra aiutare la conduzione della vertenza con tavoli separati, dalla quale l’azione rivendicativa e di rappresentanza dell’interesse collettivo rischia di uscirne menomata. È dunque auspicabile che i sindacati facciano fronte compatto. La vicenda è delicata ed il trade-off sul tavolo richiede la massima unità d’intenti: gli investimenti sono cospicui, ma le ricadute occupazionali prospettate troppo pesanti. Per giungere ad un punto di caduta favorevole al sistema Italia, si rende però anche necessaria una convinta sponda istituzionale da parte del Governo, il quale non si deve limitare ad ammonimenti indirizzati alla parte aziendale, ma è invece pienamente chiamato a fare la sua parte. Cominciando da un taglio convinto della tassazione sul lavoro.

 

Davide Mosca

Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

@Dav_Mosca

 

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