Identità professionale e associazionismo: la buona pratica di AIDP per i profili HR

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Il progetto presentato in questo Bollettino speciale, promosso dalla Associazione Italiana dei Direttori del Personale, è un esempio di come si possa interpretare in chiave moderna l’evoluzione del mestiere e del ruolo di chi in azienda accompagna i processi di inserimento, sviluppo, gestione e uscita del personale. Il tema della certificazione non è nuovo nel nostro Paese, se ne è parlato in particolare con la Legge Biagi, ma con riferimento alla certificazione dei contratti di lavoro, che aveva lo scopo di produrre certezze con riferimento sulla natura e sulle caratteristiche del modello contrattuale adottato in un’ottica di aumento della trasparenza per entrambe le parti coinvolte nel rapporto di lavoro.

 

La novità del progetto promosso da AIDP sta nel fatto che con esso i Direttori del Personale mirano a certificare non il contratto ma il mestiere, la professione e le competenze. Questo è un aspetto molto importante non solo perché si vuole qualificare il mestiere e indicare quali sono gli standard minimi di professionalità che si devono avere, ma soprattutto per la sua grandissima valenza di sistema.

 

L’obiettivo è, infatti, quello di costruire un sistema dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro per questa professione, che non può essere costruito sulla carta e quindi a livello meramente legislativo, ma va organizzato guardando ai processi produttivi, alla realtà delle aziende, e costruito all’interno dei sistemi associativi.

 

Questo è utile al fine di orientare le scelte universitarie dei nostri studenti, di chi vorrà intraprendere un percorso che conduce a questo tipo di professione, avvalendosi standard di riferimento riconosciuti. Ma la certificazione delle competenze aiuterà anche i docenti e i professori a organizzare l’offerta didattica, a comprendere quali sono le competenze da sviluppare per accedere alla professione di esperto di relazioni di lavoro o di relazioni industriali. Si tratta, quindi, di una scelta molto importante, non solo in termini di affermazione di una identità professionale per chi è già all’interno del settore, ma anche di costruzione della disciplina dei collocamenti, della mobilità e delle politiche attive in questo mercato professionale.

 

Un processo che sarebbe auspicabile riguardasse tutti i mestieri e in particolare quelli di cui in futuro ci sarà maggiormente bisogno: si pensi a un sistema di certificazione delle competenze per i processi di Industria 4.0 o per i nuovi profili creati dalla digitalizzazione del lavoro. Percorsi, cioè, che sfuggano al destino ormai sempre più spesso riservato a titoli di studio validi riconosciuti ma lontani dalla realtà dei processi produttivi e dalle nuove modalità di organizzazione aziendale.

Se vogliamo avvicinare il sistema scolastico e universitario all’impresa, è necessario che in tutti i settori e per tutte le professioni e i mestieri si avvii una riflessione e si sviluppino pratiche incentrate sul lessico delle competenze. Questo vale per il lavoro dipendente, ma anche per il lavoro autonomo. Anche la Legge 4/2013 in materia di professioni non organizzate interviene in questo ambito proprio al fine di aumentare la trasparenza nel mercato e promuovere il riconoscimento di nuove professioni emergenti. Non si tratta di un mero formalismo, ma di individuare le professionalità e i relativi percorsi formativi ed educativi al fine di raggiungere le abilità e le competenze tipiche di un mestiere. Un tema, dunque di sostanza, molto discusso anche negli Stati Uniti, dove strumenti come l’alternanza scuola-lavoro e l’apprendistato, vengono ormai insistentemente indicati come punti di raccordo tra il sistema universitario (o secondario superiore) e il mercato del lavoro, sempre nell’ottica di spostare il focus dai titoli formali alle competenze sostanziali, che chiaramente devono essere debitamente certificate.

 

L’obiettivo dello sviluppo della occupazione giovanile potrà essere raggiunto solo promuovendo una migliore comunicazione tra mondo educativo e mercato del lavoro. È difficile che questo processo possa essere avviato o governato esclusivamente attraverso le leggi dello Stato, perché oggi i mercati delle professioni sono mercati globali. Sarà il mercato stesso a fare la differenza, con lo spostamento delle dinamiche dell’incontro fra domanda e offerta di lavoro in un mercato globale che guarderà alla sostanza, premiando chi sa svolgere realmente un mestiere e non più titoli di studio ancora fortemente ancorati alle tradizioni istituzionali dei diversi Paesi.

 

Michele Tiraboschi

Coordinatore scientifico ADAPT

@Michele_ADAPT

 

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