Banca Skill. Persone e tecnologie nella banca del futuro

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Bollettino ADAPT 22 febbraio 2021, n. 7

 

Negli ultimi anni il settore bancario ha conosciuto una serie di cambiamenti epocali, dovuti alla combinazione di dinamiche di natura macroeconomica, evoluzioni sociali, regolamentari e tecnologiche, che ne stanno determinando una radicale trasformazione. Non è la prima e non sarà storicamente nemmeno l’ultima, dato che la banca, come istituzione, contende all’università il primato della longevità sin dal Medioevo. Soprattutto negli ultimi anni, le banche hanno inaugurato nuovi processi, capaci di rivoluzionare radicalmente l’ecosistema bancario che conosciamo (A. Minelli (a cura di), Banca skill, 2021, ed. Guerini Next, Milano).

 

Gli scenari macroeconomici mondiali sono caratterizzati da ormai più di un decennio di politiche monetarie fortemente espansive garantite dalle principali banche centrali nazionali, con i tassi di interesse di riferimento pressoché pari allo 0%, che hanno determinato una costante diminuzione della capacità degli istituti di generare redditività, erodendone i margini di profitto.

 

In aggiunta, in termini competitivi, l’entrata nel mercato di nuovi operatori non bancari (Fintech e digital champion quali Google, Amazon, Facebook e Alibaba) rischia di sottrarre il ruolo di centralità che gli istituti di credito hanno sempre avuto. Tale tendenza è rafforzata da un importante cambiamento dello stile di vita dei consumatori, sempre meno propensi a frequentare le agenzie dislocate sul territorio ma sempre più interessati ai servizi internet e mobile banking: solo in Italia la platea di utenti via web è pari a circa 17 milioni (ABI, 2019), ben oltre la metà dei clienti totali.

 

Più operazioni on-line comportano una minore necessità di recarsi fisicamente nelle filiali: non a caso il numero di sportelli fisici sul territorio nazionale è sceso da oltre 34.000 a poco più di 25.000 (ABI, 2019) tra il 2009 e il 2018. Di conseguenza, le filiali necessitano di organici più contenuti: nel medesimo intervallo di tempo il numero di dipendenti si è contratto di oltre 50 mila unità, spesso accompagnato da vere e proprie staffette generazionali. Nel 2018, ad esempio, 13 mila lavoratori over 60 sono stati coinvolti da un accordo tra ABI e le principali sigle sindacali, in base al quale è stata concessa loro la possibilità di optare per un contratto part time senza penalizzazioni salariali o previdenziali, grazie ad integrazioni a carico del Fondo di solidarietà e del Fondo per l’occupazione (Foc; Staffetta generazionale in banca. Arriva il part time per gli over 60, in Il Sole 24 Ore, 2018). In contropartita, con l’obiettivo di svecchiare la forza lavoro e introdurre figure junior con maggiori competenze in ambito digitale, gli istituti di credito devono assumere nuovo personale stabile in misura corrispondente alle ore dei senior che hanno scelto la riduzione dell’orario di lavoro.

 

Infine, la grave emergenza sanitaria da Covid-19, come tutte le grandi crisi, potrà rappresentare una grande opportunità nel settore, ma solo per chi saprà effettivamente coglierla. Ad esempio, la pandemia sarà in grado di imprimere un’accelerazione ai processi di digitalizzazione dei rapporti e delle attività, anche mediante partnership e collaborazioni con le Fintech concorrenti.

 

All’interno del più ampio progetto SkillMatch-Insubria tra Italia e Svizzera (la ricerca è stata condotta in collaborazione con l’Osservatorio “Banca Impresa 2030”; si veda il Bollettino ADAPT n. 37 del 12 ottobre 2020 per maggiori dettagli al riguardo), il settore bancario è uno dei cinque selezionati per una più approfondita analisi per comprendere e affrontare i mismatch tra domanda e offerta di lavoro, vale a dire quella situazione per cui da un lato le imprese riscontrano difficoltà a trovare lavoratori con profili adeguati, mentre dall’altro i lavoratori non riescono a trovare un’occupazione adeguata in linea con i propri livelli di istruzione/qualifica/competenza/conoscenza.

 

La ricerca ha coinvolto i responsabili Risorse Umane di otto tra i principali istituti di credito italiani: Intesa Sanpaolo, UBI Banca (pre-acquisizione), FinecoBank, Banca Mediolanum, Banca Generali, Mediobanca, Banco BPM, Banca Sella. Le aziende intervistate riflettono le condizioni di almeno la metà del settore bancario, avendo un peso pari a circa il 50% rispetto a una serie di indicatori (con riferimento all’anno 2018; MBRES, 2019), tra cui la raccolta di risparmio sul territorio italiano (50%) e il numero dei dipendenti (55%). Di conseguenza, i risultati emersi rivestono un’importanza considerevole per il settore nel suo complesso.

 

In primo luogo, dalle interviste realizzate è emerso chiaramente come, sulla spinta della forte digitalizzazione che sta caratterizzando il settore, vi sia la necessità di figure nuove, prevalentemente riconducibili all’area dell’ICT, come specialisti di cybersecurity, data scientist, data analyst, esperti in digital marketing e growth hacking. In aggiunta, l’evoluzione dei modelli di servizio si accompagna alla razionalizzazione della presenza nei ruoli di rete commerciale: da un lato è evidente la riduzione del numero di sportelli fisici, sostituiti da quelli digitali per le operazioni più semplici e routinarie; dall’altro, invece, occorre riconfigurare certe mansioni, come nel caso dei gestori di patrimoni.

 

Anche nel settore bancario, le competenze STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) si riconfermano tra le più ricercate sul mercato del lavoro italiano. Tuttavia, ciò che è risultato evidente, è che anche gli istituti di credito non necessitino di lavoratori che siano solo tecnologicamente competenti, ma di persone dotate anche di profonde qualità umane e intellettive che trascendano i confini delle discipline e dei settori industriali: ciò che fa la differenza nel contesto “Bancatech” sono in particolare le soft skill.

 

Nessuna delle banche intervistate ha lamentato eccessive difficoltà di reclutamento di personale, ma tutte hanno dovuto affrontare un sostanziale ripensamento delle attività di selezione del personale, andando a modificare in primo luogo l’employer branding, per adeguarsi alle esigenze delle nuove generazioni, che prestano sempre più attenzione ai valori aziendali di riferimento e che sono alla ricerca di una carriera ugualmente soddisfacente ma in presenza di un maggiore bilanciamento tra esigenze di vita e di lavoro.

 

Le banche intervistate, tutte interessate da una notevole riduzione degli organici nazionali, hanno affrontato il problema dell’ageing e dell’obsolescenza delle competenze: vi sono stati, e vi sono tutt’ora, ingenti investimenti per realizzare appositi percorsi di upskilling e reskilling della propria forza lavoro con l’obiettivo di valorizzare e sviluppare quel mix di competenze che può far evolvere verso nuove mansioni di riferimento.

 

In linea con i cambiamenti che stanno interessando il settore, le Direzioni del Personale delle otto banche intervistate hanno già avviato da tempo un proprio percorso evolutivo, volto a ridisegnare il ruolo della funzione HR nel proprio settore. Da un lato, le Risorse Umane sono alla ricerca di maggiore flessibilità, tramite la sburocratizzazione dei processi interni e il crescente impiego delle tecnologie digitali e degli strumenti di data analytic. Dall’altro lato, è ormai chiaro che il ruolo che la Direzione del Personale è chiamata a svolgere sia di vero e proprio business partner, che sappia condurre l’intera organizzazione attraverso questo processo ineludibile di change management, lavorando a fianco del management di linea per favorire il costante allineamento tra HR practice e obiettivi strategici.

 

In conclusione, una serie di fattori esogeni e imprevedibili ha costretto gli istituti di credito di tutto il mondo, anche italiani, a ripensare le proprie strategie, accelerando i processi di cambiamento. A compiere questa trasformazione sono chiamate soprattutto le persone, risorse preziose che generano valore e che non a caso sono vengono chiamate “risorse umane”. Gli istituti di credito italiano, ormai da mesi, hanno approntato strumenti per affrontare le nuove sfide anche se, per garantire la massima efficacia delle azioni di contrasto al mismatch di competenze, sarà essenziale che queste iniziative si inseriscano all’interno di una cultura aziendale fatta di tensione verso il cambiamento, predisposizione all’apprendimento e all’Open Innovation.

 

Eleonora Paganini
Assegnista di ricerca
Università Carlo Cattaneo – LIUC

 

Niccolò Comerio
Assegnista di ricerca
Università Carlo Cattaneo – LIUC

 

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