Lavoro di cura: un contratto collettivo (tedesco) che fa discutere

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Bollettino ADAPT 8 marzo 2021, n. 9

 

Data la progressiva tendenza relativa all’invecchiamento della popolazione nei paesi occidentali, il numero di addetti al lavoro di cura in è destinato, nel prossimo futuro, a crescere esponenzialmente in tutta Europa: di conseguenza, si moltiplicano i tentativi di regolazione del settore ad opera del legislatore e delle parti sociali (in tema vedi F. Capponi, L’emersione del mercato del lavoro domestico e della assistenza domiciliare: profili giuridici e contrattuali, e I. Tagliabue, Lavoro di cura e mercato del lavoro: il tassello mancante della professionalità, entrambi in Professionalità Studi, n. 6/2019).

Per il contesto italiano, non si può non citare il caso del CCNL sulla disciplina del lavoro domestico, il cui più recente rinnovo è stato firmato l’8 settembre del 2020 dopo una vacanza contrattuale di quattro anni, ma, come riporta l’emittente televisiva Norddeutscher Rundfunk (NDR), il tema ha di recente interessato anche alcune parti sociali tedesche.

 

All’inizio di febbraio, il sindacato tedesco Ver.di aveva concluso un accordo collettivo, di rilevanza nazionale, con la Federazione dei datori di lavoro di cura degli anziani BVAP (la terza datoriale del settore per grandezza in Germania).

L’iniziativa aveva catturato l’attenzione del Ministro del Lavoro Hubertus Heil (SPD) il quale aveva manifestato l’intenzione di rendere tale contratto efficace erga omnes: tale procedura, che necessita del consenso di un comitato composto da sei rappresentanti delle organizzazioni centrali dei datori di lavoro e dei lavoratori (Tarifausschuss) è ammessa dalla legge tedesca quando l’estensione erga omnes del contratto collettivo risponde a un interesse pubblico (§ 5, Tarifvertragsgesetz).

Tuttavia, la Commissione di diritto del lavoro della Caritas (Arbeitsrechtliche Kommission, ARK) ha rifiutato la sua approvazione per l’ambizioso progetto.

Altre associazioni datoriali (bpa, AGVP) avevano già l’idea di affossare il contratto collettivo, facendone dichiarare l’invalidità: decisiva per la mancata estensione erga omnes del contratto collettivo è tuttavia risultata proprio l’azione dell’ente di beneficienza cattolico, la quale impiega un vastissimo numero di lavoratori del settore di cura.

 

Numerosi esponenti del sindacato Ver.di si sono mostrati molto contrariati da tale decisione: tra essi David Matrai, il quale ritiene che l’estensione erga omnes dell’efficacia di un contratto collettivo avrebbe ridotto la concorrenza tra i lavoratori e il conseguente dumping salariale. Egli, inoltre, ai microfoni della NDR, ha affermato che la Caritas, pronunciandosi a sfavore del contratto collettivo nonostante la circostanza per cui molti dei suoi lavoratori non sarebbero stati interessati dall’innalzamento dei salari, si sia sottratta alla propria “generale responsabilità sociale”.

Le associazioni datoriali contrarie dal principio al contratto collettivo hanno affermato, al contrario, che la Commissione di diritto del lavoro della Caritas, con il suo voto a sfavore dell’estensione erga omnes, abbia semplicemente riaffermato l’importanza dell’autonomia della contrattazione collettiva nella determinazione dei salari.

 

All’interno del mondo cristiano, tuttavia, non si registra una completa unanimità di opinioni.

Il Pastore Rüdiger Becker, Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’associazione evangelica dei datori di lavoro Diakonie, sostiene che non sia stata colta la dimensione sociopolitica dell’opposizione all’erga omnes, affermando che “I lavoratori del settore di cura che non sono adeguatamente pagati finiscono da pensionati nelle nostre mense dei poveri”.

Peraltro, secondo Becker, le ragioni dell’opposizione dei datori di lavoro cattolici non ricadrebbero nell’aumento del costo del lavoro che l’estensione erga omnes del contratto causerebbe, dato che gli attuali salari corrisposti dalla Caritas si avvicinano molto a quelli previsti dal contratto collettivo, bensì nella circostanza per cui essi non vogliono perdere i privilegi speciali in materia di lavoro che la legge tedesca attribuisce alle associazioni religiose: nella loro ottica, se un contratto collettivo stabilisse standard uniformi per il settore del lavoro di cura, esso potrebbe un giorno cancellare anche questi diritti speciali.

 

Di fronte a queste circostanze, la contromossa del Ministro del Lavoro Heil sembra essere, secondo i giornalisti della NDR, quella di istituire un’apposita Commissione per il salario minimo nel settore di cura, la quale potrebbe prendere decisioni relativamente a salari minimi più alti e migliori condizioni di lavoro per i lavoratori in esso coinvolti.

 

Diletta Porcheddu

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@DPorcheddu

 

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