Viva Germana, la segretaria di Caprotti: l’anti-nepotismo al potere

Bernardo Caprotti è morto il 30 settembre scorso, a una settimana dal suo novantunesimo compleanno, lasciando l’azienda e i fiori bianchi dipinti da Fatin Latour a sua moglie; settantacinque milioni di euro ai nipoti; due dipinti di Mario Nuzzi e settantacinque milioni di euro a Germana Chiodi, la sua segretaria.

L’Italia ha subito azionato la calcolatrice che ormai adotta come misura di tutte le cose, visibili e invisibili, per sottolineare la predilezione di Caprotti per la signora Germana (evidentemente l’erede cui è spettata la quota più ingente del suo patrimonio, senza contare che non molti anni fa il signor Bernardo le aveva versato un cordiale di dieci milioni), il “finale che ha il sapore della rivalsa” (Marie Claire), il voltafaccia ai parenti, la estrema e più solenne segnalazione della assoluta priorità accordata al lavoro nella vita di un uomo i cui unici rimpianti dichiarati sono stati non vedere Gerusalemme e non godersi il palco al Teatro della Scala – comunque prenotato ogni anno – e non certo l’essersi sottratto alla vita normale e familiare per cinquant’anni, cioè il tempo servitogli per fondare, dirigere e rendere marchio pop e chic (quasi uno status symbol per i milanesi) la catena di supermercati Esselunga.

Presa com’è dal computare, contare, sommare, dedurre spese, l’Italia non si è accorta di essere, del testamento più discusso degli ultimi anni, la principale beneficiaria. Ieri, a Vibo Valentia, qualcuno assai fortunato ha vinto 163 milioni al Superenalotto. Oggi, ai giornalisti accorsi sul posto, tutti i cittadini intervistati raccontano di aspettarsi che il vincitore sia munifico e investa in opere per la comunità, creando lavoro. “Ce n’è per tutti”, ha dichiarato la moglie del proprietario della ricevitoria dove la fortunata combinazione è stata vidimata. I vibonesi si aspettano questo regalo in virtù di un fatto semplice: sono concittadini del vincitore. Ogni città è una comunità, ogni comunità è una famiglia e in ogni famiglia nulla si conquista: il merito si emana, il ruolo si eredita, la fortuna si spartisce.

A questo paese, in eterna attesa di benefattori, parenti o paesani che siano, Bernardo Caprotti, uomo del nord colto, capace di riempire una metropolitana di quadri del ’400 (lo ha fatto, con l’ausilio di Philippe Daverio, per la campagna di Esselunga per l’Expo: Rizzoli ne ha fatto anche un libro), ha dimostrato non solo che il cognome non è un curriculum, ma pure che un lavoratore non è un curriculum…

 

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