Verso un “sistema” della formazione nel settore metalmeccanico?

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Bollettino speciale ADAPT 25 febbraio 2021, n. 1

 

L’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL Metalmeccanici sottoscritta il 5 febbraio è intervenuta anche sul tema della formazione. Con alcune modifiche all’articolo 6 «Formazione professionale» della Sezione prima e all’articolo 7 «Formazione continua» del Titolo VII, oltre che con una Dichiarazione «Collaborazione Scuola Impresa nei percorsi di Istruzione – Alternanza scuola lavoro, Istruzione Tecnica Superiore, Apprendistato», le parti sociali hanno ridefinito contenuti, soggetti, metodi e governance della formazione del settore.

 

Il rinnovo si pone in continuità con le novità apportate nel rinnovo del 26 novembre 2016 (per una ricostruzione si veda V. Bavaro, Il contratto nazionale dei metalmeccanici 2016. Una prospettiva sulle relazioni industriali, Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, n. 156, 2017, 4) un accordo dalla forte valenza simbolica che ha introdotto il diritto soggettivo alla formazione: un diritto che talune delle parti sociali rivendicarono come “rivoluzionario” (di «rivoluzione culturale» parlò ad esempio l’allora Segretario della Fim-Cisl Marco Bentivogli, Meccanici, diritto alla formazione, in Il Sole 24 Ore, 9 novembre 2016) e che alcuni commentatori salutarono come «Il nuovo articolo 18» (P. Ichino, Il nuovo “articolo 18”: la formazione continua come diritto soggettivo, www.pietroichino.it, 10 dicembre 2019).

 

Non è un mistero che il diritto soggettivo alla formazione non sia ancora riuscito a ottenere un’effettività proporzionata alla (condivisibile) soddisfazione che ne accompagnò la creazione. Nelle piattaforme sindacali si trovava infatti la richiesta di avviare strumenti volti a «garantire l’effettività del diritto soggettivo alla formazione ampiamente inutilizzato dalle imprese». Esiste il rischio che Gino Giugni (Intervista a Gino Giugni, a cura di Pietro Ichino, Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, 1992, I, p. 456).) rilevava con riferimento all’introduzione delle «150 ore», avvenuta qualche decennio fa. Una misura con logiche ed esigenze ben diverse dal diritto soggettivo ma assimilabile per «il clamore e l’entusiasmo che furono alimentati» che intorno a quella conquista politica fu «enorme» – le 150 ore «dovevano essere una grande occasione di acculturazione e elaborazione autonoma», scriveva l’Autore. In quella occasione il sindacato non seppe gestire il risultato che andava implementato «nei luoghi di lavoro».

 

Le novità previste dalla recente ipotesi di rinnovo possono leggersi come il tentativo delle parti sociali di fare in modo che il diritto soggettivo alla formazione e, più in generale, l’intero ambito della formazione e dell’accrescimento della professionalità del lavoratore, acquisti concretezza. Seppur con modifiche non macroscopiche e rimanendo comunque in attesa di Protocolli attuativi di “dichiarazioni comuni”, dall’ipotesi di accordo emerge il tentativo di abbozzare un sistema della formazione dei lavoratori del settore metalmeccanico, rinnovato negli attori che lo compongono e negli strumenti di cui si dota.

 

Nell’ottica di saldare un processo «ciclico», nel quale assumono rilevanza sia la «pianificazione della formazione» sia il «monitoraggio dello stato di attuazione dell’azione intrapresa», è innanzitutto esteso l’elenco dei soggetti autorizzati a rilevare il fabbisogno professionale in modo da «identificare le competenze da sviluppare per aumentare la competitività aziendale e la professionalità delle persone». Questa attività, rispetto alla quale si gioca l’efficienza dell’intero modello, può adesso essere svolta da più soggetti: oltre le aziende sono chiamate in causa le academy aziendali, le Università, i Competence Centre, gli ITS e i centri di formazione del territorio. Sempre in una logica territoriale, la dichiarazione «Collaborazione Scuola Impresa nei percorsi di Istruzione – Alternanza scuola lavoro, Istruzione Tecnica Superiore, Apprendistato» impegna le imprese a «promuovere il senso di responsabilità sociale delle imprese» contribuendo ad integrare i curricula scolastici dei giovani locali, anche attraverso la progettazione di percorsi di apprendistato duale («ancora poco sviluppato») e la collaborazione con gli ITS (M. Colombo, L’alleanza con il sistema ITS nel rinnovo dei metalmeccanici. Opportunità per l’occupazione giovanile e l’innovazione delle imprese, in Bollettino speciale ADAPT n. 1/2021).

 

La logica multilivello con cui è organizzato il sistema di governance (organizzato in commissioni nazionali, territoriali e aziendali) favorisce, secondo un principio di sussidiarietà, una maggior personalizzazione delle attività di formazione. Al livello più alto restano principalmente dei compiti di indirizzo volti a garantire il rispetto di standard minimi di trattamento, mentre al livello più basso è affidato il monitoraggio dell’andamento del mercato del lavoro, l’individuazione delle best practices e, soprattutto, l’individuazione del fabbisogno professionale del settore, con particolare riferimento all’evoluzione delle tecnologie impiegate, per un maggior allineamento delle competenze dei lavoratori con quelle richieste dal mercato. Al fine di irrobustire tale articolazione, l’ipotesi di rinnovo, tra l’altro, abbassa notevolmente il numero minimo di lavoratori raggiunto il quale la Commissione aziendale deve essere attivata: da mille lavoratori a cinquecento.

 

Al di là della governance, l’ipotesi di accordo prevede delle novità anche sugli strumenti e i contenuti della formazione. Con un impegno pressoché inedito nella storia della contrattazione collettiva in Italia, le parti convengono di redigere un «Protocollo sui Servizi per la Formazione». L’impegno è quello di agevolare l’erogazione delle prestazioni a favore dei lavoratori, organizzate attraverso una “Piattaforma nazionale per l’industria metalmeccanica e dell’installazione di impianti”, attraverso una serie di strumenti di supporto. Pianificazione e registrazione della formazione attraverso il protocollo blockchain; condivisione di “pillole formative”; piani di rafforzamento delle competenze digitali; formazione su competenze trasversali ad hoc per gli apprendisti; supporto alla realizzazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro; definizione di nuovi criteri e modalità di condivisione dei piani formativi settoriali multi-regionali da presentare a Fondimpresa. Un complesso set di servizi, in linea con gli attuali trend in materia di formazione professionale prospettati a livello comunitario (si veda, ad esempio, l’Agenda per le competenze per l’Europa per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza in riferimento alle c.d. microcredenziali), finanziato con un contributo aziendale una tantum pari a 1,50 euro per dipendente (da versare entro luglio 2021) che sarà gestito dalla Commissione nazionale per la formazione e l’apprendistato.

 

Detto del (marcato) rischio che le novità rimangano sulla carta, senza una reale implementazione nei luoghi di lavoro e nei territori, inizia ad accennarsi un’infrastruttura architettata e gestita dalle parti sociali (a livello nazionale, territoriale e aziendale). Si auspica un’ulteriore evoluzione nella direzione di facilitare i raccordi con le strutture e gli strumenti del sistema nazionale dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, ancora in costruzione, nella crescente consapevolezza che la prima politica del lavoro da sviluppare sia l’accrescimento del patrimonio professionale dei lavoratori, come hanno dimostrato anche i non pochi accordi sottoscritti nel settore metalmeccanico per l’accesso al Fondo Nuove Competenze (Osservatorio ADAPT – Farecontrattazione). Emerge lo sforzo di allargare gli orizzonti della contrattazione collettiva, integrando le trattative salariali con nuovi oggetti di negoziazione, in una prospettiva non conflittuale (E. Massagli, Metalmeccanici: un rinnovo che supera l’inconcludenza della politica, Bollettino ADAPT 8 febbraio 2021, n. 5) ma di collaborazione. Se è vero, come ritiene autorevole dottrina, che il sistema sindacale (almeno quanto quello legale) è «in cerca, pur senza ancora trovarlo, di un paradigma positivo» sul quale fondare un nuovo diritto del lavoro e un nuovo modo di fare contrattazione collettiva adeguato alle sfide delle quarta rivoluzione industriale (R. Del Punta, Un diritto per il lavoro 4.0, in A. Cipriani, A. Gramolati, G. Mari (a cura di), Il lavoro 4.0: la Quarta rivoluzione industriale e le trasformazioni delle attività lavorative, Firenze University Press, 2018, p. 229), il recente rinnovo conferma che le relazioni industriali del settore metalmeccanico sono in prima linea in questa sfida.

 

Giorgio Impellizzieri

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

Università degli Studi di Siena

@giorgioimpe

 

Gaetano Machì

Scuola di dottorato in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@Gae95

 

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