Verso la costruzione di nuovi ecosistemi territoriali: il caso della provincia di Belluno

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Bollettino ADAPT 9 dicembre 2019, n. 44

 

Lavoro, competenze, riqualificazione professionale, rapporto scuola-impresa. Sono temi ricorrenti nel dibattito pubblico che si trova a districarsi all’interno di una trasformazione del lavoro tanto evidente quanto difficile da comprendere. Spesso risulta complesso affrontare queste sfide con un approccio ampio a livello nazionale e la dimensione territoriale sembra essere più adatta per la possibilità di far incontrare attori diversi costruendo ecosistemi geograficamente limitati ma che possono dialogare a livello internazionale come parti di catene del valore globali. Un esempio è quello dell’Osservatorio sulle competenze nella provincia di Belluno che prenderà il via nelle prossime settimane e che è stato anticipato da una prima ricerca (qui potete trovate la versione integrale) condotta nella provincia seguito di alcune esigenze intercettate da attori attivi sul territorio, come la Provincia e Confindustria Belluno Dolomiti, e da alcune aziende bellunesi. Nella provincia di Belluno, come sta peraltro già accadendo in altre aree del nostro paese, si riscontra una difficoltà crescente di attrarre e, allo stesso tempo, mantenere sul territorio provinciale i lavoratori le cui competenze e professionalità sono ritenute strategiche. La crescita esponenziale di questa problematica, reiterata nel tempo, potrebbe portare il tessuto imprenditoriale a non poter intraprendere processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale a causa della mancanza del capitale umano, principale motore di innovazione. Problema che, in aggiunta al calo demografico e all’innalzamento dell’età media dei lavoratori, accresce la necessità di un continuo aggiornamento delle competenze dei lavoratori e trasforma i giovani e i talenti migliori in una risorsa sempre più preziosa.

 

Lo scopo della ricerca è stato quello di fotografare l’attuale mercato del lavoro della provincia con una particolare attenzione e sensibilità al futuro per riuscire a progettare insieme delle strategie per affrontare con maggiore consapevolezza e preparazione le sfide che stanno emergendo dalla grande trasformazione del lavoro.

 

Per far questo è stata condotta un’analisi situata nel contesto territoriale attraverso la somministrazione di un questionario alle imprese manifatturiere operanti nel tessuto produttivo bellunese.

 

L’analisi

 

Nel dettaglio è stata indagata la percezione delle aziende bellunesi sulle dinamiche e i cambiamenti futuri che interesseranno il mercato del lavoro locale, la domanda di figure professionali nel settore manifatturiero, i processi di selezione e reclutamento adoperati dalle aziende nonché l’esistenza e l’organizzazione di corsi di formazione interni alle aziende e, infine, i rapporti che le aziende intrattengono con gli altri attori presenti sul territorio provinciale.

 

Dall’analisi della percezione e della consapevolezza delle imprese riguardo al futuro e alle sfide che si prospetteranno è emerso che le aziende bellunesi sono consapevoli della metamorfosi a cui il mondo del lavoro ha già iniziato ad andare incontro e individuano la principale causa di cambiamento nella massiccia diffusione di innovazioni tecnologiche. Questa interpretazione rischia di diffondere un approccio deterministico alla trasformazione in corso, rischiando così di non considerare i molteplici fenomeni sociali, culturali e demografici che impatteranno sui futuri modelli organizzativi e produttivi. Nonostante il rischio di determinismo tecnologico tutte le aziende intervistate non detengono una interpretazione distruptive del cambiamento ma al contrario sostengono fermamente che le persone svolgeranno ruoli chiave e strategici anche in futuro.

 

A proposito del ruolo centrale che verrà assunto dalle persone anche nel futuro del mercato del lavoro, il campione di imprese coinvolto nell’indagine è consapevole che nei prossimi anni nasceranno nuovi mestieri, altri lavori scompariranno e per la forza lavoro già impiegata saranno sempre più necessarie attività di riqualificazione e aggiornamento costante delle competenze. Inoltre, al fine di mappare il fabbisogno di professionalità del settore manifatturiero, è stato chiesto alle aziende quali fossero le figure professionali chiave per la propria attività produttiva e nell’indagine si è fatto riferimento a figure che, secondo la classificazione ISCO, rientrano nel gruppo dei dirigenti, degli artigiani e operai specializzati, nella classe delle professioni tecniche intermedie e degli impiegati d’ufficio. Si nota dunque anche un accrescimento degli standard formativi di riferimento per poter svolgere queste professioni, confermando la tendenza diffusa verso un capitalismo della conoscenza. Il 73,4% del campione ha però dichiarato di aver riscontrato, entro i confini provinciali, delle difficoltà di reperimento di alcune figure professionali.

 

Al fine di istituzionalizzare e costituire un osservatorio provinciale delle competenze, nel questionario è stato indagato anche il fabbisogno di competenze professionali ed è emerso che le aziende ricercano persone che abbiano competenze tecniche ma soprattutto competenze trasversali, psico-attitudinali e organizzative. In questa ricerca le aziende dichiarano di riscontrare un disallineamento tra le loro aspettative e le competenze effettivamente detenute dai neo-assunti, soprattutto dai più giovani. Si è rilevato infatti un sostanziale divario di competenze che deve essere colmato e che, secondo le aziende, potrebbe essere risolto soltanto attraverso un confronto e un maggior dialogo tra il mondo del lavoro e il mondo della scuola. Tale soluzione è stata prospettata dalle aziende che esprimono una considerevole insoddisfazione nei confronti della formazione acquisita dai giovani al termine del percorso scolastico. Questa pratica, se implementata, incrementerebbe la qualità e la quantità dei rapporti intessuti tra le due realtà che, sul territorio bellunese, paiono essersi incrociate soltanto in occasione di esperienze di alternanza scuola-lavoro o di tirocini curriculari. Attualmente, per sopperire al divario di competenze esistente il 67% delle imprese intervistate ha dichiarato di organizzare corsi di formazione aziendale non afferenti alla sfera della formazione obbligatoria. I corsi di formazione segnalati dalle aziende sono molto eterogenei ma, nella maggior parte dei casi sono realizzati per formare delle figure professionali specifiche o per fornire ai propri dipendenti conoscenze linguistiche e/o informatiche.  Tutte le aziende hanno inoltre dichiarato la necessità di strutturare dei corsi per aggiornare le competenze dei lavoratori più anziani e ancora lontani dalla pensione che sono attualmente presenti nella popolazione aziendale.

 

Dalle risposte raccolte nel questionario viene tratteggiato un tessuto produttivo molto interconnesso, caratterizzato da rapporti formali e informali tra le aziende. Infatti, le imprese manifatturiere bellunesi intrattengono relazioni inter e intra settoriali all’interno della provincia ma anche al di fuori di essa. L’interazione è prevalentemente orientata a instaurare delle filiere di produzione e a realizzare sinergicamente alcune commesse. Si è rilevata anche una diffusa partecipazione delle aziende al distretto industriale.

 

Le proposte

 

A partire da quanto emerso dai dati raccolti nei questionari sono state avanzate alcune proposte generali con l’obiettivo di indirizzare le azioni di tutti gli attori presenti nel territorio al fine di affrontare le trasformazioni, i cambiamenti e le problematicità esistenti nel mercato del lavoro locale.

 

  • Mappare le competenze richieste a livello locale, a partire dall’analisi svolta in questo documento, per poi confrontarle con i percorsi di istruzione e formazione presenti, per individuare eventuali disallineamenti, o mancanze di percorsi formativi per quelle specifiche esigenze, considerando anche i percorsi non professionalizzanti. Nel dettaglio: progettare nuovi profili di competenze integrando standard formativi e professionali; declinare concretamente questi profili all’interno di percorsi strutturati di integrazione tra scuola e lavoro; diversificare l’offerta formativa professionale e strutturare un canale parallelo a quello dell’istruzione “classica”.
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  • Avviare percorsi di apprendistato duale, cioè di primo e terzo livello, al fine di creare profili di competenze che superano la dicotomia tra formazione e lavoro e portano innovazione all’interno delle realtà aziendali.
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  • Potenziare i Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PTCO, ex. alternanza scuola-lavoro) per favorire gli incontri tra istituzioni formative secondarie superiori e aziende e far conoscere ai giovani le realtà aziendali. Questa pratica, istituendo un incontro tra il mondo della scuola e quello del lavoro, favorisce una cultura del dialogo e della contaminazione reciproca.
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  • Accompagnare le aziende a concepirsi come learning organization, cioè pensare all’impresa oltre che come un luogo produttivo e di profitto anche come un luogo di apprendimento finalizzato all’identificazione dei fabbisogni di competenze professionali, all’innovazione e alla produzione.
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  • Condurre analisi strategica nelle imprese per definire le competenze e le figure professionali di cui dispongono e di cui vorrebbero disporre al fine di costruire profili di competenza per ogni specifica mansione e/o profilo occupazionale. Ma anche indagare altri aspetti come l’interazione delle persone con i nuovi macchinari e strumenti di lavoro, il cambiamento dei tempi e dei ritmi di lavoro generati dalla nascita di nuove modalità di lavoro, ma anche indagare le modifiche e le trasformazioni che subiranno i ruoli, le professioni, i mestieri e l’organizzazione stessa dell’azienda.
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  • Investire in attività di formazione, di riqualificazione e continuo aggiornamento del capitale umano all’interno delle singole aziende con l’obiettivo di competere al livello più alto delle catene globali del valore.
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  • Maggiore integrazione tra welfare pubblico e privato per condividere il valore economico e sociale prodotto sul territorio tra gli stakeholders locali. E a questo si affianca la necessità di costruire e individuare nuove figure professionali per il welfare di territorio con capacità di creare valore condiviso per la comunità.
  • La composizione geografica del territorio bellunese non favorendo gli spostamenti e la diffusione dei trasporti rappresenta un ostacolo per l’attrazione delle figure professionali di cui necessitano le aziende. Per questo sarebbe necessario sviluppare nuovi modelli di lavoro come lo smart working, investendo sulle infrastrutture materiali e immateriali opportune.

 

Stefania Negri

ADAPT Junior Fellow

@StefaniaNegri6 

 

Francesco Seghezzi

Presidente Fondazione ADAPT

@francescoseghezz

 

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