Verità e frottole sul mercato del lavoro in Italia

Un corsivo di Rita Querzé sul Corriere è un’ottima occasione per fare il punto sulla condizione complessiva del mercato italiano del lavoro, al termine di una legislatura che ha visto molte innovazioni, altrettanti errori e la permanente esiguità di risorse investibili, che fa di ogni riforma un libro dei sogni, e che al culmine della disillusione innesca il movimento pendolare della restaurazione, che è la risposta sbagliata a problemi reali.

Querzé scrive di politiche attive del lavoro, l’oggetto misterioso di cui si parla da molti anni. In pratica, la ricollocazione di lavoratori che hanno perso l’occupazione, mediante formazione ed aiuto ad incrociare domanda ed offerta. Le politiche attive del lavoro sono l’ologramma italiano della leggendaria flexicurity, di scandinava applicazione, di cui da noi si favoleggia da lustri. L’idea è quella di proteggere il lavoratore e non il posto di lavoro, contribuendo ad ostacolare la necessaria fisiologia d’impresa (che ha un ciclo vitale), e che invece da noi tende a produrre aziende zombie, con elevato danno a produttività e contribuenti…

 

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