I veri termini del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro e una possibile risposta nel modello duale

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Con un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 13.01.2018, intitolato “Dai tecnici specializzati agli addetti al turismo. Quando il lavoro c’è, mancano i profili giusti, Dario Di Vico affronta il tema dello skill mismatch: il problema del disallineamento tra competenze possedute dai lavoratori e competenze domandate dai datori di lavoro. Il problema può riassumersi così: in Italia, nonostante l’alto tasso di disoccupazione, le imprese trovano difficoltà a trovare lavoratori da adibire a determinate figure professionali.

 

Un chiaro esempio di questo disallineamento tra domanda ed offerta di lavoro è individuabile nella situazione delle imprese del distretto del mobile Ikea. Di Vico evidenzia che le imprese del distretto, non trovando le figure professionali di cui hanno bisogno nel Nordest, le cercano in Puglia e Campania, trovandosi a dover affrontare il problema dei costi degli alloggi, e che spesso questi lavoratori hanno comunque bisogno di un periodo formativo in azienda. Un altro esempio è individuabile nella situazione delle imprese della zona del Reggiano: la Camera di Commercio di Reggio Emilia ha infatti calcolato che ben il 29,8% delle assunzioni previste da queste imprese riguarda figure professionali difficili da reperire.

 

Le rilevazioni dell’ultimo Rapporto annuale Excelsior ci consentono inoltre di avere a disposizione i dati relativi all’intero territorio nazionale, dai quali risulta che la difficoltà segnalata dalle imprese di trovare il candidato più idoneo è passata dal 12% dei contratti totali del 2016 ad oltre il 21% nel 2017

 

Quali le cause del mancato incontro tra domanda ed offerta? Di Vico le riassume in questo modo: «pochi candidati con formazione adeguata, molti senza nemmeno le competenze di base necessarie e, ancora, tanti aspiranti con caratteristiche personali giudicate poco adatte alle mansioni richieste. Spesso poi le professionalità richieste ci sono ma in una regione distante». Da un lato, dunque, c’è un problema di disallineamento tra formazione e competenze richieste: dal Rapporto Excelsior sopra citato risulta infatti che le cause della difficoltà di reperimento di figure professionali sono la mancanza di adeguata preparazione dei candidati, oltre che alla loro carenza numerica. Si tratta di un problema destinato ad aumentare, anche in ragione dello svilupparsi di professionalità nuove nell’ambito di un mercato sempre più dinamico; si consideri per esempio lo svilupparsi dell’industria 4.0. Dall’altro lato, Di Vico avanza però il dubbio che il mismatch sia soprattutto un problema «territoriale e salariale»: in sostanza, che le figure professionali ricercate in realtà esistano, ma in luoghi diversi e con una domanda di retribuzione diversa. Secondo questa prospettiva, i datori di lavoro, domandando, tra le competenze trasversali – sempre più importati sulla base dei dati Excelsior -, flessibilità, capacità di lavorare in gruppo ed autonomia, mostrano di volere «un ragazzo già formato, che abiti vicino, che sia flessibile e costi poco».

 

In questa prospettiva di analisi può essere di un certo interesse ricordare quanto scriveva Paul Krugman, in un articolo pubblicato sul New York Times del 30.03.2014, intitolato “Jobs and Skills and Zombies”. Krugman sostiene infatti che non esista un’effettivo disallineamento tra competenze richieste dalle imprese e competenze possedute dai lavoratori. Secondo Krugman, se così fosse, sulla base della legge della domanda-offerta, i datori di lavoro dovrebbero offrire retribuzioni più alte alle figure professionali più difficili trovare, cosa che, secondo Krugman, in realtà non si verifica. L’idea di un disallineamento tra competenze possedute dai lavoratori e competenze richieste dalle imprese sarebbe secondo Krugman una sorta di zombie, che dovrebbe essere finalemente ucciso. Lo stesso Di Vico, palando di uno skill mismatch «territoriale e salariale», sembra in qualche modo andare incontro a quanto affermato da Krugman.

 

Si pone quindi un quesito: è vero che le competenze richieste dai datori di lavoro non si trovano, o invece queste competenze si troverebbero, a condizioni diverse?

 

Forse la soluzione del problema, nei termini in cui si pone in Italia almeno, non è soltanto la valorizzazione e l’implementazione degli Its, come prospettato nell’articolo di Di Vico. Per risolvere il problema, un metodo vincente potrebbe essere l’implementazione del modello duale che si sta lentamente introducendo in Italia (attraverso l’apprendistato scolastico e l’alternanza scuola lavoro). Attraverso la valorizzazione dello strumento dell’apprendistato scolastico e universitario si potrebbe insomma delineare un diverso è più ottimale incontro tra la domanda e l’offerta delle competenze realmente richieste dal mercato del lavoro (cfr., Tiraboschi: «Il disallineamento tra domanda e offerta? Crea una situazione in cui le aziende non hanno personale che le aiuti a generare nuovo lavoro», in bollettinoadapt.it, E. Massagli, Politiche formative e disallineamento formativo e professionale, in bollettino ADAPT, n. 19/2016). Non a caso nei paesi in cui il sistema duale è sviluppato, la disoccupazione giovanile è inferiore a quella presente in Italia, e il ricorso al sistema duale consente alle imprese di avere a disposizione forza lavoro ben formata e a un costo del lavoro ragionevolmente ridotto, la quale porta ulteriore sviluppo, e conseguentemente ulteriore lavoro.

 

Importante è potenziare i servizi di orientamento, e, soprattutto, occorre sensibilizzare le imprese affinché esse comprendano la portata dei vantaggi offerti dallo strumento dell’apprendistato. L’apprendistato infatti porta diversi vantaggi anche alle singole imprese che ricorrono a questo strumento, in termini anche di maggiore produttività e maggiori capacità di innovazione, come sottolineato dalla letteratura internazionale (R. Lerman, Do firms benefit from apprenticeship investments? Why spending on occupational skills can yield economic returns to employers) e da un recente studio della Organizzazione Internazionale del Lavoro. Ciò nonostante, negli ultimi anni, quanto l’apprendistato è stato scelto come tipologia contrattuale dalle imprese, la scelta è avvenuta principalmente in ragione degli incentivi previsti in relazione allo stesso, più che in un’ottica di investimento (si veda al riguardo il XVII Rapporto di monitoraggio Inps e Inapp sull’apprendistato in Italia).

 

Elena Fumagalli

ADAPT Junior Fellow

@ElenaFumagalli_

 

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